ENEA PICCINELLI: un toscano del popolo “basso e lavoratore”
Era poco più che maggiorenne quando Enea Piccinelli, presidente del centro giovanile di azione cattolica della Diocesi di Pitigliano (Grosseto), inforcò la sua fiammante Lambretta per avventurarsi nelle strade che dal Monte Amiata portavano alla Maremma. Strade bianche, polverose d’estate, fangose d’inverno, i cui tornanti erano stati disegnati nei secoli dai pastori transumanti provenienti dal Casentino e dalla Val Tiberina.
Fu per lui una esperienza che non avrebbe mai scordato. La povertà , che pure abbondava nella montagna amiatina e non mancava nei paesi collinari della Valle dell’Albegna, mano a mano che si scendeva verso la pianura, diventava nerissima miseria.
Il giovane Enea, rientrato a Piancastagnaio (Siena) dove era nato il 9 ottobre 1927 e risiedeva narr� la grande desolazione e solitudine umana che lo aveva colpito piuttosto che le immagini pittoresche di butteri, cavalli selvaggi e mandrie dalle lunghe corna che la parola Maremma evocava. Né poteva nemmeno lontanamente immaginare che, negli anni successivi, il suo impegno politico nella Democrazia cristiana gli avrebbe fatto giocare un ruolo tale da collocarlo tra i protagonisti del “riscatto” di quel territorio e della sua gente.
Amintore Fanfani girava in lungo e in largo la propria circoscrizione (Siena-Arezzo-Grosseto) non solo per mantenere vivo il rapporto con gli elettori, ma anche per verificare con l’ascolto e “de visu” gli effetti sul territorio dei provvedimenti governativi. Né mancava, allo stesso tempo, di svolgere una qualche attività di “scouting “per individuare giovani promesse da formare politicamente.
Il giacimento più fecondo era, allora, quello dell’azione cattolica, specie in quei luoghi dove la fede, l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa cattolica e la cura del rispetto e dignità della persona umana erano affidati a sacerdoti di grande carisma come era il caso di don Girolamo Vagaggini per la Diocesi di Pitigliano (Grosseto).E proprio a Pitigliano avvenne l’incontro di Enea con il Ministro Fanfani che rimase favorevolmente impressionato da quello “spilungone” che gli rendeva non meno di trenta centimetri in altezza.
Così , quando venne a sapere che quello “spilungone” era in procinto di trasferirsi a Roma per esercitare la professione di avvocato, lo invitó a frequentare “Nuove Cronache”, il periodico da lui fondato dopo che Giuseppe Dossetti aveva chiuso “Cronache sociali “ritirandosi dalla politica per approfondire il dono della fede nella meditazione monastica.
Nacque così e trovó nuovi stimoli formativi una impegnativa collaborazione nella quale il giovane avvocato palesó le sue non comuni qualità, tanto che Fanfani, diventato dopo il congresso di Napoli (1954) segretario politico nazionale, lo designó come commissario del comitato provinciale di Grosseto precipitato in crisi. Fu un atto di grande fiducia così ben riposta che, quando Fanfani venne rieletto segretario politico nazionale (1973-1975) lo volle come capo della segreteria politica.
Il neocommissario proveniente da Roma quando scese dal treno alla stazione di Grosseto non trovó ad accoglierlo cori festanti. Sapeva che il compito affidatogli non era facile. Con decisione e autorevolezza, rimboccandosi le maniche, prese in mano la situazione. Registró presso il Tribunale di Grosseto un periodico “Cronache Maremmane “che avrebbe dovuto essere il diario della rinnovata presenza della Democrazia cristiana nella Maremma e nell’Amiata.
Eravamo nel pieno dell’attuazione della riforma agraria. Gli interventi governativi avevano trasformato la provincia in un cantiere a cielo aperto. Era il colpo di maglio assestato ad una economia depressa, condannata dai grandi latifondi a un immobilismo secolare e senza speranze.
Ripercorrendo quegli anni attraverso la lettura di “Cronache Maremmane” è palpabile la forza propulsiva impressa al partito inteso come rete d’ascolto solidale e strumento partecipativo per promuovere insieme idee e progetti che rendessero la vita migliore. L’arretrato sociale era enorme. Non si chiedeva il superfluo, ma si lottava per ottenere l’essenziale: la luce elettrica, l’acqua potabile, la strada, la scuola, l’ambulatorio medico, la cabina telefonica. Piccoli passi concreti, considerati vittorie da chi, da sempre dimenticato, cominciava a sentirsi soggetto attivo e partecipe alle scelte per la comunità.
Questo grande impegno collettivo fu premiato alle elezioni politiche del 1958 e Piccinelli alle elezioni del 1963 (quarta legislatura) fu eletto deputato al Parlamento. Una elezione che si ripeté con crescente fiducia nelle legislature successive fino all’ottava (1983), quando con atto di coerenza e generosità rinunció a candidarsi per favorire (“rara avis”) il ricambio generazionale.
Avrebbe potuto dare ancora molto. Venti anni di presenza in Parlamento, per i suoi elettori un punto di riferimento di grande spessore morale e garanzia di ascolto. Una storia esemplare di iniziative, di presenza, di servizio anche nei luoghi più sperduti e lontani della vastissima circoscrizione. Era stato definito il parlamentare della Maremma e dell’Amiata, ma la sua disponibilità non gli aveva mai fatto dimenticare gli elettori e amministratori locali senesi e aretini. Chiamato a responsabilità di Governo (Sottosegretario al lavoro nel quarto e quinto Governo Andreotti) aveva esercitato le alte e delicate funzioni con riconosciuta capacità e rispetto istituzionale senza che mai, neppure un’ombra sfiorasse il suo operato.
Proprio in questi giorni, cinquanta anni fa, si concludeva l’iter parlamentare della legge Piccinelli n.780/1985 che recava nuove norme per rendere l’accertamento e l’indennizzo della silicosi il più rapido possibile. Le precedenti norme si erano dimostrate più un ostacolo che un aiuto all’accertamento di una malattia professionale devastante, tipica dei minatori, ma non solo. Migliaia di famiglie in Italia (3000 nella sola provincia di Grosseto) attendevano da anni questo atto riparatore di giustizia sociale. Allora si commentó che era un giorno felice per il Parlamento perché quelle semplici norme rappresentavano l’espressione più pura e più vera di umanità e civiltà .
Da molti anni ormai le miniere sono chiuse in tutto il Paese, ma si continua a morire di silicosi e malattie professionali vecchie e nuove continuano a mietere vittime
Sarebbe di grande significato se nel cinquantesimo dell’entrata in vigore della legge Piccinelli n.780/1975 un Convegno ne ripercorresse la storia rinnovando la sensibilità per un problema, quello delle malattie professionali, purtroppo ancora di grande attualità .
Hubert Corsi