Intervento sull’economia

Intervento sull’economia

E’ iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (CCD-CDU: BF). 

Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi (Brusìo in Aula) 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di ascoltare il senatore Eufemi. Un po’ di attenzione e di rispetto, per favore. 

EUFEMI (CCD-CDU: BF). Esaminiamo oggi il primo importante provvedimento del Governo Berlusconi, quello che nell’ambito del programma dei primi cento giorni caratterizza l’azione politica dell’Esecutivo rispetto ai programmi su cui il corpo elettorale ha manifestato pieno consenso. Il ministro dell’economia Tremonti ha avuto il coraggio di imprimere una svolta nell’azione di Governo: è innanzitutto una sfida, una sfida culturale, economica, sociale, per rimuovere le condizioni che impediscono al sistema economico di essere al passo con i tempi e di crescere in misura più significativa.

La lunga stagione elettorale ha impedito di realizzare quelle politiche di governo dell’economia di cui il Paese aveva bisogno. Occorre introdurre la flessibilità necessaria per realizzare un progetto di modernizzazione del Paese, eliminando rigidità e regole ormai obsolete. Il Paese ha bisogno di un fisco più leggero, di un sistema chiaro, semplice, trasparente. La lotta al sommerso è un passaggio essenziale per recuperare flessibilità e per ridurre la pressione fiscale delle imprese. L’azione sul fisco diviene essenziale per muovere lo sviluppo e la crescita dell’intero sistema economico e produttivo del Paese. Condividiamo la strada intrapresa, condividiamo l’impostazione di questi provvedimenti, che sono in piena coerenza con i nostri obiettivi. In particolare, la Tremonti-bis, rivisitata e allargata ai capitali umani e alla formazione, consente di dare un forte impulso agli investimenti e alla modernizzazione delle imprese, guardando soprattutto al tessuto della piccola e media impresa, asse portante della nostra economia. È questo un segno di distinzione con la sinistra, che ha privilegiato la grande impresa. Ma la marea, quella marea della fine degli anni ’90, non ha fatto alzare tutte le barche. Il lavoro in Commissione ha portato a parziali, limitate ma significative modifiche al testo originario. Apprezziamo in modo particolare la qualificante modifica introdotta di estendere al lavoro autonomo il processo di emersione. Ciò, non soltanto per motivi di equità fiscale fra le diverse attività imprenditoriali e autonome, ma anche perché consente una maggiore estensione del provvedimento ad eventuali loro dipendenti. Ci si riferisce in particolare alla possibilità di estendere il regime previsto per il reddito d’impresa non solo ai lavoratori autonomi che lavorano in nero, ma anche nei confronti di quei lavoratori autonomi e di quei liberi professionisti che utilizzino lavoratori dipendenti non denunciati ai fini fiscali e previdenziali. Correlato a tale fenomeno è anche il problema delle collaboratrici familiari, quasi tutte extracomunitarie, che non vengono dichiarate ai fini previdenziali.

Una prolungamento dei termini, rispetto a quelli previsti del 30 novembre, così come stabilito all’articolo 1, comma 1, del provvedimento, potrebbe essere utile e funzionale. Abbiamo sottolineato con forza in Commissione – e lo ribadiamo in Aula – la questione dell’emersione in agricoltura, non essendo state recepite le nostre sollecitazioni per favorire il processo di emersione in un comparto che altrimenti non sarebbe indotto a beneficiare del nuovo strumento normativo. Infatti, come è noto, l’imprenditore agricolo viene tassato in misure forfettaria ai fini dell’imposizione sul reddito (le cosiddette rendite catastali) e con un diverso regime impositivo ai fini previdenziali del lavoro dipendente (i cosiddetti contributi unificati). Riteniamo che gli imprenditori agricoli debbano poter usufruire delle stesse agevolazioni degli altri imprenditori. Positiva, parallelamente, è l’introduzione dei contratti a termine come strumento per favorire l’occupazione attraverso misure di flessibilità capaci di adeguare la legislazione ai modelli europei. Si tratta di adeguare lo strumento ai tempi e ai nuovi modelli della società, che non sono più quelli della fabbrica del primo Novecento, ma quelli dei servizi e del terziario. Bene, dunque, ha fatto il Governo ad affrontare con decisione la questione del sommerso. Dalle ultime indagini ISTAT risulta una stima per l’anno 2000 di oltre 4 milioni di lavoratori non regolari.

L’Italia in questo contesto ha un invidiabile primato nell’ambito dell’Unione europea per l’incidenza dell’economia sommersa sul PIL. È da condividere, quindi, il progetto governativo, che oltre a prevedere un incremento delle entrate tributarie consente l’emersione di molteplici forme di irregolarità che assumono sovente carattere di illegalità penale. Ma per consentire appieno la realizzazione dei fini che sono la base del provvedimento occorre coordinare tutte le disposizioni che permettono e spesso inducono l’imprenditore e il lavoratore ad utilizzare forme fuori da ogni sistema legale. Occorre dunque, a nostro avviso, esaminare le diverse situazioni; ciò per evitare che continuino a perpetuarsi i denunciati fenomeni illegali, agevolati anche dalla coincidenza degli interessi dell’imprenditore, che così può sottrarre al fisco notevoli imponibili, e degli interessi dei lavoratori in nero che, avendo assicurata una sistemazione previdenziale e assistenziale, non hanno interesse a far emergere il reddito guadagnato. Ridurre la dimensione dell’economia sommersa e portarla a livelli europei è questione di legalità, equità e civiltà. Il provvedimento rompe questa coincidenza di interessi, perché ora l’imprenditore usufruisce anche del condono tributario e previdenziale, per cui lo stesso imprenditore che vuole rientrare nella legalità per l’avvenire dovrà utilizzare soltanto, o almeno in parte, lavoratori in regola con i sistemi previdenziale e fiscale. Dal quadro normativo sottoposto all’esame del Parlamento, è ben evidente l’interesse dell’imprenditore a legalizzare le situazioni anomale usufruendo quindi del condono. Ma tale interesse è del tutto inesistente per l’imprenditore agricolo, in quanto – come è noto – egli è tassato in maniera forfetaria. La sua situazione fiscale ai fini delle imposte sul reddito è quasi sempre regolare, mentre qualche interesse lo stesso imprenditore lo trova ai fini dell’IVA, ma solo nei casi in cui le sue dichiarazioni non si chiudono a rimborso.

Un esame particolare della legge Tremonti porta a riconsiderare innanzitutto i risultati della legge Tremonti-uno, che sono stati certificati da studi scientifici. Voglio ricordare quello promosso dallo stesso Senato e svolto sapientemente dalla SIM: ha portato ad un valore di investimenti riscontrati pari a 70.000 miliardi rispetto ai 10.000 previsti.

La cosiddetta legge Tremonti, che oggi viene sottoposta nuovamente al nostro esame dopo l’esperienza acquisita con la legge del 1994 (che rimase in vigore per tutto il 1995 e poi venne abrogata dal Governo di centro-sinistra), ha creato nel Paese giuste aspettative sulla possibilità di rivitalizzare le imprese italiane con un ammodernamento delle strutture e di macchinari spesso obsoleti. Si ricordano a tale proposito quali furono gli effetti della prima legge Tremonti, che portarono ad un incremento degli investimenti in macchinari e attrezzature del 9 per cento nel 1994 e del 14 per cento nel 1995. Oltre 200.000 imprese beneficiarono delle agevolazioni, con investimenti di oltre 70.000 miliardi. L’attuale provvedimento si caratterizza con la riproposizione del regime del 1994, con l’introduzione di un ampliamento dei soggetti beneficiari dell’agevolazione ai lavoratori autonomi, alle banche e alle assicurazioni, con l’estensione del campo oggettivo di applicazione anche agli investimenti in capitale umano attraverso la detassazione degli investimenti in formazione e aggiornamento del personale. A quest’ultima importante novità non si può che plaudire, considerato che gli investimenti delle imprese non sono rappresentati soltanto dalle attrezzature e dai macchinari, ma anche dal capitale umano che, se professionalmente più aggiornato, è capace di stimolare la crescita aziendale. Per tale sistema di incentivazione si richiamano le considerazioni sopra evidenziate a proposito delle imprese agricole, perché – come è noto – l’imprenditore agricolo non ha interesse a nuovi investimenti, in quanto il suo reddito è tassato forfetariamente, per cui non è invogliato fiscalmente ad investire denaro che non può, se non in minima parte, recuperare con la detassazione. A parte ogni diversa considerazione che riguarda altri incentivi agli investimenti erogati a livello nazionale e regionale, il provvedimento al nostro esame non produce effetti nei confronti delle imprese agricole. La polemica recentemente sorta a proposito degli effetti della DIT dell’ex ministro Visco e degli attuali incentivi non possono che confermarci nell’idea che il sistema previsto dai precedenti Governi non ha sortito gli effetti sperati e ciò soprattutto per i defatiganti percorsi e vincoli a cui è stato sottoposto l’imprenditore, che è stato sempre guardato da quella maggioranza come colui che ha un solo interesse: approfittare delle normative agevolative a fini evasivi. Comunque, all’imprenditore viene lasciata la facoltà di continuare ad utilizzare il regime di DIT, ma non è prevista la cumulabilità – per il futuro – del precedente regime con l’attuale detassazione. Tale cumulabilità è prevista per gli investimenti in capitale umano. Quanto infine alle altre polemiche avanzate da autorevoli esponenti dell’opposizione e riferite alla possibilità che l’attuale provvedimento incentivi soprattutto le esportazioni verso l’Italia da Paesi tecnologicamente più avanzati, come il Giappone e la Germania, è appena il caso di ricordare che la nostra struttura produttiva è in condizioni di assicurare macchinari altamente specializzati e che in ogni caso le nostre produzioni sono ad alto valore aggiunto e quindi gli eventuali ammodernamenti e sostituzioni delle strutture non possono che agevolare ulteriormente le nostre complessive esportazioni manifatturiere. In linea generale non possiamo che condividere le misure adottate in materia di semplificazione di adempimenti per le scritture contabili, che rendono meno onerosi per gli imprenditori i costi amministrativi di gestione. Per quanto riguarda la riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria, dobbiamo segnalare per il settore delle entrate derivanti da giochi, scommesse e concorsi a premi, oggetto delle modifiche sottoposte al nostro esame, un crollo delle entrate provenienti dalle lotterie nazionali, anche ad estrazione istantanea, e un notevole decremento delle entrate del lotto. La conseguenza è che le entrate previste per il 2001, soprattutto per il Bingo, per oltre 400 miliardi non potranno essere realizzate. Per quanto riguarda, infine, la parte delle successioni e delle donazioni condividiamo la proposta governativa ma abbiamo ritenuto opportuno proporre una modifica – che qui confermiamo – dell’articolo 17, che detta norme sull’applicazione delle nuove disposizioni e che, secondo il testo governativo, si applica alle successioni aperte e alle donazioni fatte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento in esame. Si propone, per un principio di equità, che il nuovo regime, almeno per quanto si riferisca alle successioni, si applichi anche a quelle aperte in precedenza e ancora non definite con il pagamento delle relative imposte o per le quali è in corso un contenzioso. Si aggiunge, proprio per evitare un notevole aggravio per le finanze pubbliche, che non si faccia luogo alle imposte eventualmente già pagate. Tale modifica consentirebbe di svincolare subito una parte consistente del personale attualmente addetto al settore delle successioni e delle donazioni da impiegare in altre attività dell’amministrazione finanziaria, così come previsto dal comma 3 dell’articolo 14. Onorevole Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Paese ha perso competitività soprattutto sulla qualità dei prodotti, in particolare su quelli a più alto contenuto tecnologico di cui cresce la domanda mondiale mentre le nostre esportazioni restano invariate. La crescita degli investimenti qualifica lo sviluppo del Paese, rallentando i paventati rischi di incidere sulle sue stesse prospettive. Gli effetti positivi della nuova economia tendono a manifestarsi dopo una prolungata fase di accumulazione ed è per questo che non si debbono avere incertezze nel governo dell’economia e nelle scelte di politica economica. Il Governo ha predisposto efficaci interventi di politica economica di natura strutturale che consentono di ammodernare l’apparato produttivo e, soprattutto, di rivitalizzare le aspettative di crescita. Con queste indicazioni, con questi spunti di riflessione il Gruppo CCD-CDU: BF ha portato il suo contributo al dibattito e intende determinare le condizioni per una rapida approvazione del provvedimento, così come è nelle attese degli imprenditori e degli operatori economici ai fini di un forte rilancio degli investimenti e delle iniziative economiche. (Applausi dai Gruppi CCD-CDU:BF e FI. Congratulazioni).

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