Intervento su Commissione d’inchiesta Mitrokhin

Intervento su Commissione d’inchiesta Mitrokhin

EUFEMI (CCD-CDU:BF). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, prendiamo atto con soddisfazione della sollecitudine con la quale i disegni di legge relativi all’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’attività del KGB in Italia pervengono all’esame dell’Aula dopo una approfondita discussione presso la 1a Commissione affari costituzionali. In linea generale devo rilevare che le Commissioni di inchiesta sono normalmente di iniziativa delle opposizioni in quanto la maggioranza ed il Governo, che ne è l’espressione, dispongono di altri strumenti di indagine e di verifica. 

Devo anche ricordare che la proposta oggi al nostro esame è stata già avanzata nella passata legislatura dalla opposizione dell’epoca. La proposta non ebbe seguito per gli ostacoli frapposti dalla sinistra che non volle fare chiarezza in una così delicata questione che ha interessato i rapporti politici di un lungo periodo della nostra storia. Anche se oggi le ideologie cui si ispirava la classe politica della sinistra sono state totalmente revisionate, si rende pur necessario fare chiarezza, non per spirito di riaffermazione dei valori che sono fondanti della nostra democrazia, ma esclusivamente per fornire un contributo alla verità storica. Non si tratta di una anomalia istituzionale, come è stato rilevato anche ieri in occasione del dibattito sull’istituzione della Commissione d’inchiesta sull’affare Telekom-Serbia, che contraddistingue questa legislatura e il sistema di democrazia parlamentare. La maggioranza attuale realizza o cerca di realizzare ciò che l’attuale opposizione, quando era maggioranza, ha impedito, bloccandone l’iter parlamentare con ogni mezzo regolamentare. 

Oggi vi sono le condizioni per procedere. La Commissione, in coerenza con il dettato costituzionale, viene istituita ai sensi dell’articolo 82, già 78 nel progetto della Assemblea costituente. A tal proposito ricordo che il presidente della “Commissione dei 75” Ruini, nel riferire all’Assemblea costituente su tale articolo, ebbe cura di riaffermare che la norma voleva porre il Parlamento nelle condizioni di poter accertare verità e fare chiarezza su episodi e circostanze di rilevanza fondamentale per la vita della Repubblica. 

Non è vero, affermava il presidente Ruini, che nelle Commissioni di inchiesta manchino le garanzie tipiche delle indagini giudiziarie dalle quali differiscono proprio perché queste non si concludono con un provvedimento, ma traggono soltanto conclusioni politiche dopo una accurata raccolta di elementi e di fatti a cui contribuiscono tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Il presidente Ruini rilevava infine che non vi è niente di straordinario che si includa questa norma nella Costituzione, in modo da poter superare difficoltà e che, quando si tratti di poteri giudiziari, si debba ricorrere ad una legge per attribuire ad altri organi dello Stato – nel caso il Parlamento – ampi poteri di indagine. 

Apprezziamo il fatto che il progetto di legge all’attenzione dell’Assemblea recepisca molte delle indicazioni del disegno di legge n. 54 di iniziativa del CCD-CDU, di cui sono primo firmatario, in particolare relativamente ad alcuni aspetti che riteniamo fondamentali, quali i finanziamenti diretti e indiretti ad organi di informazione che hanno portato avanti una campagna di controinformazione negli anni scorsi; il legame tra operazioni commerciali e finanziarie con l’Est europeo come strumento di finanziamento illecito al di fuori di ogni controllo; i risultati della ricerca di materiale bellico e apparati di ricetrasmissione connessi all’attività del KGB, che presupponevano l’esistenza di una rete militare sovversiva. Ciò consentirà di portare un tassello di verità sulla storia del Paese di questi ultimi cinquant’anni, anche rispetto a Tangentopoli, quel vasto fenomeno sinteticamente identificato rispetto al quale il Paese attende una ricostruzione completa ed esaustiva. 

Le finalità della Commissione d’inchiesta sono elencate all’articolo 1 del testo unificato proposto dalla Commissione affari costituzionali. Si vuole qui ribadire che va preliminarmente accertata la veridicità, l’affidabilità delle notizie contenute nel dossier Mitrokhin. Altro punto essenziale che si ritiene di sottolineare è la necessità di conoscere quando e con quali modalità il Governo fu informato del dossier. E’ un fatto di rilevanza politica anche per dissipare dubbi che hanno formato oggetto di satira politica nei confronti dell’allora Presidente del Consiglio, il quale reagì certamente in maniera scomposta. Con l’articolo 3 vengono conferiti alla Commissione i poteri dell’autorità giudiziaria, con il qualificante elemento aggiuntivo che alla Commissione non possono essere opposti il segreto di Stato e il segreto d’ufficio. Si prende atto che l’opposizione, in sede di Commissione, ha di fatto consentito l’iniziativa, anche se non possono condividersi gli emendamenti proposti che sono finalizzati ad estendere l’oggetto dell’indagine su altri fatti, come per esempio sull’organizzazione denominata Gladio. Il tentativo di inserire tale questione, così come emerge negli emendamenti presentati, appare strumentale all’allargamento delle indagini rispetto ad una finalità precisa, ad un fatto specifico documentato da un dossier che tutte le Cancellerie europee, venutene in possesso, hanno fatto oggetto di indagine e di iniziativa in altri Paesi al fine di fare chiarezza. Dopo aver ascoltato le considerazioni del senatore Brutti, penso che egli abbia manifestato troppe certezze. 

Noi esprimiamo qualche dubbio in più e qualche certezza in meno. Il senatore Brutti ha affermato, per esempio, che i finanziamenti al PCI erano stati rilevati anche dall’onorevole Berlinguer. Vorremmo sommessamente ricordare che la lotta all’autonomia socialista, lo dice una persona che non è mai stata socialista e non appartiene a quell’area, derivava anche dall’affrancamento socialista e craxiano dai finanziamenti dell’Est. Tra la questione morale sollevata dall’onorevole Berlinguer negli anni ’70 e l’amnistia intervenuta nel 1989 vi è un buco nero. Noi riteniamo che si debba sviluppare, come ha ricordato il relatore Stiffoni, la foto di un’epoca, affinché non rimanga un rullino fotografico di archivio. Non bisogna avere paura della verità e il nostro non è un atteggiamento avventato, non è un’azione propagandistica di cui oggi non abbiamo certamente bisogno. 

Non bisogna aver paura di sviluppare fotografie se queste sono utili alla ricerca della verità che il Paese chiede, vuole, esige. (Applausi dai Gruppi FI e AN)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial