Conversione decreto legge su emersione capitali detenuti all’estero e lavoro irregolare
(1180) Conversione in legge del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, con il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 12 del 2002 vengono prorogati i termini in materia di emersione dei capitali detenuti all’estero e di emersione del lavoro irregolare. Si tratta, com’è noto, di due qualificanti provvedimenti di politica economica, adottati dal Governo nei primi cento giorni di attività della legislatura.
Con il nuovo provvedimento si è inteso agevolare il rientro dei capitali detenuti all’estero dai cittadini italiani. I soggetti che intendono usufruire dell’agevolazione hanno due diversi e rilevanti vantaggi: uno relativo alle penalità previste per le attività finanziarie illegittimamente detenute all’estero; l’altro, molto più consistente, riferito al condono fiscale per gli anni di imposta pregressi. Con questo provvedimento vengono prorogati i termini per l’effettuazione delle operazioni di emersione delle attività detenute all’estero dal 28 febbraio 2002 al 15 maggio 2002.
Le ragioni addotte dal Governo per giustificare tale proroga sono in relazione a difficoltà ed ostacoli derivanti dai tempi tecnici necessari alle operazioni di regolarizzazione. Tali difficoltà sono state manifestate soprattutto da intermediari finanziari, banche e società finanziarie. Noi riteniamo che, a parte le giustificazioni addotte dal Governo, non siano estranee a tali difficoltà le attività svolte dalle banche estere, soprattutto svizzere, che certo non vedono di buon grado le operazioni di rientro dei capitali esteri. L’indicazione fornita dall’Ufficio italiano dei cambi, pur evidenziando un incremento dell’utilizzo della normativa dello scudo fiscale, non consente di formulare valutazioni positive su tale rientro. Infatti, dai dati riferiti a tutto il mese di gennaio, risulta che sono rientrati 2.380 milioni di euro, pari a poco più di 4.000 miliardi di lire. Più favorevoli indicazioni sono previste per il gettito di febbraio, che (secondo i dati di previsione di entrata risultante dal gettito derivante dall’imposta sostitutiva del 2,5 per cento) è pari a 2.000 miliardi di lire, di cui 100 miliardi per il 2001 e 1.900 miliardi per il 2002.
A fronte di tale previsione di entrata, dovevano quindi rientrare capitali per almeno 80.000 miliardi di lire. Anche se siamo lontani dal raggiungimento di tale obiettivo, secondo i dati forniti dall’Ufficio italiano dei cambi sarebbero rientrati a tutto gennaio 2.380 milioni di euro, corrispondenti a meno di 5.000 miliardi di lire, cifra ancora lontana dagli 80.000 miliardi inizialmente previsti; di qui la necessità della proroga dei termini al 25 maggio 2002. Sempre in base ai dati dell’Ufficio italiano dei cambi, per quanto riguarda gli smobilizzi dei capitali rimpatriati, circa il 60 per cento proviene dalla vicina Svizzera. Non si hanno invece indicazioni sul rientro dei capitali da Paesi costituenti l’arcipelago dei cosiddetti paradisi fiscali, dove è custodita la gran parte dei capitali accumulati per attività illegali che com’è noto non possono usufruire delle agevolazioni in questione. Dagli stessi dati forniti dall’Ufficio italiano dei cambi, la Lombardia è la regione dove risultano segnalati i maggiori volumi di rientro dei capitali; molto distanziate sono le altre Regioni, che vanno da un massimo del 9 per cento del Piemonte al 4 per cento del Lazio. Pur tenendo conto che la legge Tremonti destinava le maggiori entrate derivanti dall’attuazione della disciplina dello scudo fiscale ad un fondo speciale destinato al finanziamento della previdenza sociale, non possiamo non esprimere qualche preoccupazione sull’andamento del gettito derivante da questa manovra. Non siamo però ancora in grado di formulare indicazioni sulla portata del provvedimento, che potrà essere pienamente valutata soltanto dopo che i sostituti d’imposta (banche ed intermediari finanziari) avranno presentato le dichiarazioni di cui al modello 760. Ulteriori e maggiori preoccupazioni dobbiamo esprimere per l’andamento dell’altra manovra relativa all’emersione del lavoro irregolare, anche se in questo caso il termine inizialmente previsto del 30 giugno 2002 è ora prorogato al 30 novembre 2002, ancora lontano come scadenza. Sebbene questa non sia la sede per affrontare i problemi che oggi non consentono di esprimere positive valutazioni sull’andamento della manovra fiscale relativa all’emersione del lavoro irregolare, dobbiamo andare alla radice delle cause che danno luogo all’economia sommersa. Fra queste sono da individuarsi soprattutto il peso delle imposte e dei contributi sociali, le norme relative al mercato del lavoro e soprattutto l’offerta sempre più vantaggiosa da parte di soggetti appartenenti a Paesi extracomunitari irregolarmente dimoranti nel nostro Paese. Su tali problemi avremo al più presto occasione di svolgere un’analisi approfondita quando dal Senato sarà esaminata la legge delega in materia di lavoro. Ho preannunciato alcuni emendamenti finalizzati ad estendere la disciplina relativa al sommerso anche nei confronti dei lavoratori dello spettacolo, data la particolare natura dei contratti di lavoro sottoscritti in tale comparto.
Ritengo altresì opportuno sottolineare al rappresentante del Governo alcune questioni meritevoli di ulteriore approfondimento, in riferimento alla disciplina del rientro dei capitali all’estero. In particolare, appare necessario specificare la nozione di attività finanziaria detenuta all’estero, chiarendo che con il termine “detenute” si intendono anche le attività finanziarie detenute da un soggetto interposto. Ulteriori modifiche concernono l’articolo 14 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, e in particolare la precisazione della portata dello scudo fiscale laddove esso è limitato agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio. Appare opportuno specificare, anche in tal caso, che per attività costituite all’estero debbano intendersi attività detenute in via indiretta. Sono questi gli argomenti che abbiamo ritenuto di sottoporre all’attenzione del sottosegretario Vegas in Commissione finanze e che abbiamo riproposto in Assemblea.
Con queste motivazioni esprimo, a nome del mio Gruppo, la valutazione positiva sul provvedimento nel suo complesso, anche se riteniamo che sulle questioni specifiche evidenziate debba essere data una risposta compiuta.
(Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE).