Intervento sulla finanziaria

Intervento sulla finanziaria

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor Ministro dell’economia, onorevole relatore Grillotti, colleghi, ad avviso dell’UDC va giudicata corretta l’interpretazione della proposta del Governo in tema di finanza pubblica per il 2003, il valore complessivo di aggiustamento, i saldi previsti e gli obiettivi differenziali.

Si deve partire dalla consapevolezza della complessità ed estensione della crisi economica internazionale, caratterizzata soprattutto dall’incertezza sulla possibilità di un’inversione di tendenza. Un’interpretazione corretta, sia dal punto di vista politico che da quello prettamente tecnico della manovra finanziaria proposta dall’Esecutivo non può che partire dall’analisi del particolare e difficile e particolare momento storico che l’intera comunità internazionale ha vissuto, e di cui sono ancora vive e pesanti le ripercussioni. La manovra proposta interpreta la necessità, le incertezze, le esigenze di questo momento, ma al tempo stesso non viene meno agli obiettivi prioritari di sostenere l’economia attraverso la riduzione delle imposte, aumentando il reddito disponibile per i cittadini e prevedendo risorse per gli investimenti.

 L’attuale contesto internazionale è fortemente caratterizzato da notevole incertezza. Alla instabilità economica conseguente all’11 settembre si aggiungono le preoccupazioni legate alla vicenda mediorientale, le paure legate a possibili attacchi terroristici, le voci che si susseguono creano paure, comprimono i consumi e contribuiscono a creare delle aspettative meno rosee. La finanziaria presentata dal Governo è frutto dell’attuale momento politico di crisi che coinvolge l’intera economia internazionale e proprio in virtù di tali considerazioni il Governo ha dovuto rivedere uno scenario congiunturale negativamente mutato. Il superamento del durissimo colpo inferto all’economia mondiale dall’emergenza terrorismo richiede tempi certamente non brevi. In Europa la domanda interna, sia per consumi sia per investimenti, è sensibilmente diminuita nel corso degli ultimi mesi. 

L’inflazione, che pure dovrebbe scendere in un contesto caratterizzato da un basso livello della domanda aggregata, non accenna a diminuire. Le pressioni sui prezzi, soprattutto quelli al dettaglio, a causa dell’effetto del change over causano un loro rialzo. In tale contesto, i bilanci pubblici risultano inevitabilmente indeboliti da una crescita meno sostenuta che fa registrare un calo delle entrate tributarie e della spesa corrente che non accennano a diminuire. In tale contesto la manovra correttiva prevista dall’Esecutivo di 20 miliardi di euro guarda all’obiettivo di diminuire il rapporto fra deficit e PIL passando dal 2,1 per cento del 2002 all’1,5 per cento per il 2003. La manovra si basa sulla riforma fiscale, con l’introduzione del primo modulo di riforma che determina minori imposte su persone fisiche e imprese per circa 7,5 miliardi di euro  va sottolineata la straordinaria importanza di questa misura  sulla razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche, sul concordato fiscale, sulle cartolarizzazioni e sugli investimenti in opere infrastrutturali, che saranno salvaguardati dalla creazione delle due società per azioni create dal Ministero dell’economia, Patrimonio e Infrastrutture. La manovra, pertanto, si caratterizza come una finanziaria di protezione sociale, che guarda soprattutto ai ceti meno abbienti e all’utilizzo oculato delle risorse pubbliche, al fine di garantire le condizioni per consentire di avviare la ripresa sin dal prossimo anno. Infatti, si razionalizza la spesa della pubblica amministrazione senza tagliare la spesa per gli investimenti. All’interno di tale logica di rigore e di sviluppo, la disciplina del patto di stabilità interno costituisce un passaggio obbligato, chiamando anche gli enti decentrati a collaborare sulla strada del contenimento della spesa corrente. Un punto fondamentale della finanziaria che interessa da vicino la finanza degli enti decentrati è rappresentato dal patto di stabilità interno. Il rispetto del programma di stabilità rappresenta l’impegno che il nostro Paese ha nei confronti dell’Unione europea; di riflesso, il patto di stabilità interno, ai cui vincoli sono sottoposti Regioni ed enti locali, rappresenta l’estrinsecazione, la concretizzazione di tale impegno al fine del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti a livello europeo. Tutti vengono chiamati alle proprie responsabilità, nessuno può tirarsi fuori. Il mancato raggiungimento degli obiettivi vieta agli enti locali la possibilità di assumere personale e di ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. In questa decisione però vengono purtroppo coinvolti anche enti comunali che hanno un bilancio sano e che svolgono servizi alla persona; invitiamo il relatore a meditare su questo aspetto. Un altro limite imposto alla finanza locale è il blocco della spesa per l’acquisto di beni e servizi; la significativa riduzione in riferimento a questa specifica voce è dovuto al fatto che ad essa è imputabile la quota maggiore dell’incremento della spesa a livello locale. Per quanto riguarda le disposizioni relative all’articolo 3, esprimo una valutazione complessivamente positiva, ritenendo infatti che l’attuazione del Titolo V della Costituzione abbia in qualche modo la precedenza sul processo di devoluzione che, pur nelle perplessità che abbiamo già manifestato, condivido. Non vi è dubbio che anche il taglio del 10 per cento sulle dotazioni iniziali possa incidere su alcuni enti locali, ma sono convinto della necessità di operare un riequilibrio della spesa. A tale fine esprimo apprezzamento per la previsione di meccanismi di monitoraggio, che avevamo sollecitato lo scorso anno, in grado di verificare in tempo reale l’andamento della spesa. 

Più in generale, sulle tematiche afferenti al federalismo fiscale esprimo la convinzione che occorra evitare la divaricazione tra Governo centrale e gli enti decentrati. Contestualmente alla riduzione dei carichi fiscali per i ceti meno abbienti il Governo si è fatto carico, con un’azione coraggiosa, di sospendere gli aumenti delle addizionali IRPEF. Ciò, diversamente da quanto avvenuto in passato. La definizione delle liti fiscali pendenti, nonché quelle che potrebbero insorgere in relazione ai decorsi periodi di imposta, nonché agli atti registrati sempre entro la data del 20 settembre 2002 si rende essenziale soprattutto in vista di un totale riassetto del sistema fiscale italiano, che è in avanzato stato di approvazione parlamentare. È auspicabile che il Governo recepisca le proposte avanzate durante l’iter parlamentare di ampliare quanto più possibile la portata del provvedimento che consenta a tutti i contribuenti di chiudere le proprie posizioni, comprese quelle relative ai tributi locali amministrati dai comuni. Tra le questioni meritevoli di approfondimento, anche attraverso la proposizione di emendamenti, ricordo la necessità di incrementare le risorse per la ricerca e per l’università, di sostenere le piccole e medie imprese, l’Artigiancassa e il mondo agricolo, che rimane altrimenti marginalizzato. Sono invece contrario alla previsione di consentire gli accertamenti ICI oltre il termine dei cinque anni. Dobbiamo spingere i comuni all’efficienza e prevedere accertamenti oltre i cinque anni appare francamente eccessivo. Esprimo apprezzamenti, inoltre, per la estensione a tutto il 2003 delle agevolazioni fiscali, da noi fortemente volute, per le ristrutturazioni edilizie, combinata con «l’allungamento» al 30 settembre per l’IVA ridotta relativa ai settori ad alta intensità di lavoro. Ciò è stato possibile attraverso il recupero di gettito determinato dall’introduzione della regolamentazione più severa delle macchine da intrattenimento. E ancora, apprezzo l’affermazione del principio della parità scolastica che, seppure attraverso limitate risorse, consolida le prospettive di un autentico pluralismo educativo. Sono state operate scelte forti in favore delle aree deboli del Paese, venendo incontro alle nostre sollecitazioni, delle politiche familiari con la previsione di agevolazioni per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie, ma sottolineo l’opportunità di utilizzare le risorse messe in campo per il progetto di risparmio casa, offrendo una pluralità di opzioni attraverso strumenti collaudati, in grado di affermare la cultura del risparmio. È indubbio che questa finanziaria sconta i problemi della mancata riforma della contabilità di Stato e della contestuale revisione del procedimento di riforma della sessione di bilancio. È auspicabile che il progetto del presidente Azzollini sia prontamente ripreso, al fine di realizzare una riforma che serva alle mutate esigenze della finanza pubblica dei vincoli europei e soprattutto del Paese. Apprezziamo lo sforzo che il Governo ha già fatto con l’articolo 18, che rappresenta il risultato  ricordato  di una piena conoscenza dei flussi di finanza pubblica, sia a livello centrale che periferico. Questa azione va accompagnata con la riforma di contabilità, soprattutto in un momento di trasformazione degli assetti istituzionali e nel nuovo rapporto ordinamentale tra Stato ed enti locali territoriali. 

L’esame in Commissione bilancio non ha potuto affrontare tutti i problemi sul tappeto. Alcuni nodi politici sono stati rinviati all’Aula. Tra quelli citati per noi diviene irrinunciabile affrontare il problema della ricerca scientifica e dell’università, su cui sappiamo che il Ministro dell’economia non sarà insensibile. Al riguardo, in questi giorni, si sono levate voci autorevoli, compresa quella del Presidente del Senato: dobbiamo porre attenzione al problema della globalizzazione, che non deve accentuare le disuguaglianze, ma diminuire le tensioni fra gli Stati, fra i popoli, fra le culture; essa deve volgersi a vantaggio di tutti e dunque deve essere governata dall’uomo. È un errore, oggi, sostenere l’unicità o l’eccezionalità dell’attuale esperienza di globalizzazione. La nostra globalizzazione ha raggiunto solo all’inizio degli anni Novanta i livelli degli anni precedenti la prima guerra mondiale. Il problema di quella «nostra», ma più opportunamente di quella definibile «americana», in quanto centro propulsore sia di tipo finanziario che tecnologico, è evitare gli errori disastrosi di quella precedente. Oggi viviamo questa terza fase di globalizzazione, ma rischiamo di rimanerne fuori, rischiamo l’esclusione da questo processo, perché ha i caratteri di essere americana e di essere tecnologica e può aprire un solco profondo ed incolmabile per il nostro Paese. Occorre, allora, destinare maggiori risorse alle attività di ricerca e sviluppo per contribuire alle innnovazioni che svolgono un processo di stimolo, non solo nei processi integrativi, ma anche in quelli produttivi, rappresentando una determinante della crescita del Paese. Per l’Italia, la capacità innovativa, misurata in termini di brevetti, è rimasta sostanzialmente immutata negli anni Ottanta e, nonostante l’integrazione dei mercati, non si è riusciti a ridurre il differenziale di investimento in tale settore. 

È, dunque, necessario mobilitare le risorse nazionali verso le attività di ricerca e di sviluppo e stimolare soprattutto il fattore umano che rischia di non essere più competitivo rispetto a quello registrato negli anni scorsi. Soprattutto è necessario affrontare in termini nuovi, così come abbiamo fatto nella grande riforma fiscale, le questioni inerenti al settore con incentivi di tipo fiscale, come la deducibilità degli utili reinvestiti ? appunto ? in ricerca e sviluppo, come è stato opportunamente previsto nella delega fiscale. Ciò consentirebbe alle imprese di autofinanziarsi e imporrebbe scelte responsabili e non miopi di investimento; non costituirebbe alcun onere per il bilancio dello Stato, perché a fronte di una minore entrata si verificherebbe una minore uscita. Mi avvio, caro Presidente, alla conclusione, svolgendo alcune considerazioni finali. Auspichiamo che nelle modifiche parlamentari trovino maggiore spazio alcuni settori, come le piccole e medie imprese e l’Artigiancassa. Dobbiamo evitare di lasciare in questa finanziaria qualche «buco nero». 

Complessivamente, ribadisco le osservazioni positive, non senza sottolineare come l’insieme della manovra si caratterizzi con misure di protezione sociale e di coesione europea. Vanno, quindi, respinte le critiche espresse da più parti sulle misure contenute nel patto di stabilità interno  frutto peraltro di una logica da ascrivere al centro-sinistra  che l’attuale Esecutivo si fa carico di realizzare comunque per tener fede agli impegni europei. Esprimiamo un giudizio complessivamente positivo sulla manovra di finanza pubblica, che tiene conto delle difficoltà congiunturali interne ed internazionali. Il nostro auspicio, l’auspicio del Gruppo dell’UDC, è che l’esame nell’Assemblea del Senato possa consentire quei miglioramenti, quelle correzioni indispensabili, a determinare una decisione di bilancio funzionale agli interessi del Paese e su questo esprimeremo un voto favorevole.

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