Intervento Al Cnel su Valorizzazione del Sistema -Italia nel processo di integrazione europea 10 febbraio 2003

Intervento Al Cnel su Valorizzazione del Sistema -Italia nel processo di integrazione europea 10 febbraio 2003

10 febbraio 2003

Intervento Sen. Maurizio Eufemi

La valorizzazione del Sistema – Italia nel processo integrazione europea

La domanda che ci viene posta è quella di evidenziare lo specifico contributo che l’Italia può fornire nel processo di costruzione della nuova Costituzione europea.

A ben vedere, non si tratta di ricercare aspetti in ogni caso originali, quanto, anzi, di difendere un nucleo di valori sui quali conseguire un ampia condivisione, con particolare riferimento – come giustamente auspicato dal Presidente Ciampi – ai paesi fondatori delle istituzioni comunitarie.

Il nuovo ordinamento europeo dovrà dare spazio agli aspetti innovativi della società europea e dovrà promuovere una politica che sappia trovare la sua finalizzazione al bene comune. 

Tuttavia, per essere davvero adeguato alla promozione dell’autentico bene comune, il nuovo ordinamento dovrà riconoscere e tutelare quei valori che costituiscono da secoli il suo patrimonio più prezioso e che affondano profondamente le loro radici nel cristianesimo.

Riprendendo la Dottrina Sociale Cattolica, espressa da Giovanni Paolo II nellaCentesimus annus, si può affermare che “se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo, come dimostra la storia”.

Occorrerà quindi ribadire, in primo luogo, il valore della persona umana e la sua centralità in ogni progetto politico; il carattere sacro della vita umana; il ruolo centrale della famiglia fondata sul matrimonio.

Altro principio essenziale è quello della salvaguardia e della promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, universali, inalienabili ed inviolabili.

In particolare, si sottolinea l’importanza del riconoscimento dei diritti fondamentali in un futuro trattato costituzionale, che includa la libertà di religione nella sua dimensione individuale, collettiva ed istituzionale. Tale dimensione dovrebbe essere riconosciuta non solo in quanto parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, ma anche a livello della stessa Unione europea.

La reale democrazia delle istituzioni dovrebbe, poi, assicurare a tutti il diritto alla partecipazione al governo dell’Unione, “così che le persone ed i popoli possano sentire veramente proprio il cammino dell’Europa, percepita non come fredda struttura burocratica o semplicemente amministrativa, ma come vera “casa comune” di tutti”1.

In particolare, per quanto riguarda i futuri assetti istituzionali, va ricordato che i grandi risultati dell’integrazione europea si devono proprio all’originalità delle sue basi istituzionali, in particolare il metodo comunitario e il delicato equilibrio di poteri che essa assicura fra le Istituzioni e gli Stati membri. In tale contesto, occorre ribadire l’importanza di mantenere un ruolo centrale della Commissione europea e l’obiettivo di conferire al Parlamento europeo da un lato la piena legittimazione democratica, dall’altro competenze in settori quali la giustizia e gli affari interni, la politica agricola comune ed il Fondo europeo di sviluppo.

In effetti, come sottolineato da parte del Ministro per le politiche comunitarie, on. Buttiglione, occorre procedere ad un “rafforzamento dell’equilibrio istituzionale tra i cinque pilastri dell’Unione, vale a dire Consiglio europeo, Commissione, Consiglio dei Ministri, Europarlamento e Parlamenti nazionali”. Ogni proposta volta a “rafforzare unilateralmente un solo pilastro, ad es. Commissione o Parlamenti nazionali”, infatti, sarebbe destinata a fallire.

Altro principio fondamentale a cui far riferimento è quello della sussidiarietà, che conduce ad una comprensione molto più sofisticata della ripartizione e dell’esercizio dei poteri. Il rispetto di tale principio, infatti, ha sempre evitato che il sistema di governo europeo assumesse la forma di una sovrapposizione verticale di diversi livelli di potere 

Sempre nell’Enciclica Centesimus annus Giovanni Paolo II ha formulato così tale principio: “Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista de bene comune” (N. 48).

Al principio della sussidiarietà deve evidentemente affiancarsi quello della solidarietà, “perché i più deboli – bambini, anziani, poveri, malati – possano sentirsi garantiti nei loro bisogni e diritti più elementari e non si creino quelle disparità e disuguaglianze, che inevitabilmente provocano disagio sociale e sfociano, non poche volte, in conflitti tra persone, gruppi sociali, etnie e popoli interi”2.

Su tali aspetti un importante contributo al dibattito relativo alla dimensione economico/sociale della Costituzione europea che si va costruendo è stato offerto recentemente dal CNEL3.

Secondo il documento del CNEL “essere europei significa privilegiare, cercando sempre di concordarli al meglio, valori come libertà, uguaglianza e solidarietà. Significa, cioè, sviluppare un modello di società nel quale tutti i nostri popoli possano riconoscersi, perché – mantenendo e potenziando la ricchezza delle loro diversità – in esso confluiscono una serie di princìpi diffusi e considerati comuni all’intera Europa”.

In particolare, appare quanto mai condivisibile il riferimento, contenuto nello stesso documento del CNEL, alla indispensabilità della definizione di politiche europee, poste in essere a livello di sussidiarietà, che “puntino con decisione ad accrescere l’occupazione, secondo l’obiettivo, ambizioso ma assolutamente realizzabile, definito al Vertice di Lisbona”. Risulta quindi di assoluto rilievo il suggerimento affinché pieno impiego (e, quindi, politiche adeguate a promuoverlo) e maggiore coesione sociale vengano a rappresentare “priorità ed obiettivi cui conferire carattere di finalità costituzionali, da perseguire sinergicamente secondo le competenze proprie del livello europeo e dei livelli nazionali”.

In tale contesto, appare ormai indispensabile affrontare con decisione la questione della governance economica europea, raccogliendo l’esigenza posta da più parti per un passaggio ad una vera e propria politica economica comune. In sede di Convenzione europea, dunque, sarà necessario procedere alla redazione di una “Costituzione economica” che incida in modo efficace sul coordinamento tra le politiche degli Stati membri.

Si potrebbe, come suggerito dallo stesso Ministro per le politiche comunitarie, definire un DPEF europeo, elaborato “dai ministri europei competenti a metà dell’anno sulla base degli obiettivi di finanza pubblica giudicati indispensabili per la stabilità e la crescita dell’Europa nell’anno seguente”. Tali obiettivi verrebbero poi “divisi tra i diversi Paesi, secondo una valutazione prudenziale”.

L’Italia, anche per le responsabilità che sarà chiamata a rivestire nel semestre di Presidenza, può e deve svolgere un ruolo essenziale perché questi valori vengano non solo teoricamente riaffermati nella futura Costituzione dell’Europa unita, ma validamente promossi e difesi.

1 Cfr. la Prolusione di S.E. Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura al Convegno europeo di studio “Verso una costituzione europea?” Roma – Campidoglio, 20 giugno 2002.

2 Cfr. ancora la Prolusione di S.E. Cardinale Paul Poupard.

3 CNEL, Riflessioni e valutazioni sugli aspetti economici e sociali della Convenzione europea – Contributo del Cnel alla riunione annuale dei presidenti e dei segretari generali dei Consigli economici e sociali degli stati membri e del Comitato economico e sociale europeo che si terrà a Dublino il 29 novembre 2002, Commissioni IV e VII sede deliberante, Roma, 20-11-2002.

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