INTERVENTO DELEGA FISCALE
Onorevole Presidente, Onorevole rappresentante del Governo, riprendiamo oggi l’esame di un importante e qualificante provvedimento dell’azione di Governo, un esame spezzato dalla Legge Finanziaria 2003. La riforma del sistema fiscale statale proposta dal Governo comporta una radicale trasformazione degli attuali assetti impositivi che per diversi aspetti sono superati. E’ necessario rispondere alle esigenze di una moderna società e delle sue strutture produttive e commerciali che richiedono di poter adempiere ai propri obblighi fiscali con semplicità, trasparenza e razionalità senza inutili intralci ed adempimenti che hanno costi amministrativi notevoli che incidono negativamente nella gestione dell’impresa. Le finalità essenziali possono ricondursi a tre principali obiettivi: razionalizzazione del sistema, riduzione delle aliquote, ampliamento delle basi imponibili.
Non vogliamo enfatizzare la riforma che viene proposta: qualcuno ha parlato di rivoluzione copernicana (l’uomo-contribuente posto al centro del sistema) più semplicemente noi di cultura e formazione cristiano sociale facciamo riferimento al grande Ezio Vanoni che per primo aveva sostenuto la necessità di un fisco equo che abbia imposte ridotte che attenuino lo stimolo all’evasione fiscale. Nel nostro paese l’evasione è divenuta nel tempo quasi una forma di legittima difesa contro una ingiusta imposizione tributaria lesiva dei più elementari interessi individuali. Il contrasto all’evasione è stato attuato con rimedi assolutamente inefficaci.
Ad un armamentario fiscale formato da adempimenti fiscali, pesanti sanzioni e minacce alle libertà individuali i contribuenti rispondevano con una pletora di consulenti, fiscalisti, commercialisti che hanno fatto di tutto per proteggere gli interessi dei propri assistiti. A tutto ciò faceva riscontro una Amministrazione Finanziaria inadeguata, demotivata e mal retribuita, che non ha retto al diluvio normativo cui faceva seguito l’ondata di circolari ministeriali che dovevano chiarire la portata delle norme prendevano le stesse più complicate ed oscure. Con la proposta di riforma, quando questa sarà a regime, il rapporto fisco -contribuente sarà chiaro e semplice, tenuto conto dei principi enunciati nell’articolo 2 del provvedimento: il sistema fiscale è informato a principi di chiarezza, semplicità conoscibilità effettiva, irretroattività. Ritengo eticamente qualificata la prevista garanzia della tutela dell’affidamento e della buona fede nei rapporti tra contribuente e fisco. Si tratta di dichiarazioni di principio importanti sulle quali si ritiene indispensabile una concomitante formazione culturale e professionale degli addetti dell’amministrazione finanziaria, di coloro cioè che dovranno gestire il riformato assetto fiscale.
L’articolo 2 presenta un indubbio aspetto positivo ponendosi in linea con le legislazioni della maggior parte dei paesi occidentali. In Germania e Austria esiste un sistema con testi unici per diverse imposte e una premessa nella quale sono fissati i principi generali.
Non mi soffermo ulteriormente su gli indiscutibili meriti della riforma che trova la nostra più convinta approvazione. Il testo licenziato dalla Commissione è migliorato su alcune parti essenziali su cui mi soffermerò. Forse sarebbe stato opportuno prevedere nella delega qualche norma relativa all’assetto e all’organizzazione dell’amministrazione fiscale. Abbiamo espresso le nostre perplessità in passato sugli organismi creati dal passato Governo; sorge infatti l’interrogativo se con la attuale organizzazione in agenzie fiscali si risponda all’esigenza di una così decisiva riforma; continuiamo a ritenere che in una materia così delicata come quella fiscale la gestione dei tributi e quindi dei rapporti fra Stato e contribuenti debba essere affidata ad organismi statali e non ad Agenzie indipendenti.
Manteniamo la nostra preferenza per quanto inizialmente previsto dal disegno di legge con la istituzione della Commissione parlamentare dei trenta per la doppia valenza relativa alla funzionalità e al raggiungimento degli obiettivi previsti dalla riforma oltre per conservare una antica tradizione parlamentare in cui Parlamento ed Esecutivo possano utilmente dialogare sia dal punto di vista tecnico che politico.
Qualche perplessità suscitano le modifiche intese ad affidare alle commissioni permanenti di tutti gli altri schemi di decreti legislativi così come insufficienti i tempi previsti per la espressione dei previsti pareri. Questa riforma rappresenta una svolta muovendosi verso un nuovo modello un nuovo sistema rispetto alle linee di Visco. Il nuovo sistema prevede la unificazione delle disposizioni fiscale in un unico codice, prevedendo l’imposta sul reddito, l’imposta sulle società, l’iva, l’imposta sui servizi l’accisa. Non vi è dubbio che l’imposta sul reddito è quella di più forte impatto; rappresenta l’atto fondamentale dell’adempimento del contratto con gli italiani nell’orizzonte della legislatura, che vede però l’anticipo nella legge finanziaria 2003 del primo modulo e la parte di riforma relativa ai redditi più bassi. Resta l’obiettivo di introdurre due sole aliquote del 23 per cento per lo scaglione di reddito fino a 100.000 euro con un modello flat rate tax e del 33 per cento per il reddito eccedente tale soglia.
La sinistra ha demonizzato una imposta con una curva a due aliquote da parte di chi nella passata legislatura prevedeva una flat tax ad aliquota unica.
Per realizzare la progressività della imposizione le deduzioni sono concentrate sui redditi medi e bassi. Non vi è dubbio che c’è un problema di costo della riforma, che occorra procedere con gradualità tenendo conto delle risorse disponibili ad una quadro complessivamente mutato, che sconta una crescita inferiore alle attese. Ciò porta a guardare innanzitutto ai ceti più deboli, realizzando una autentica solidarietà sociale.
La questione di fondo per noi che avevamo un certa simpatia per lo splitting cioè la divisione del reddito per il numero dei componenti che realizzava più compiutamente il concetto di famiglia, di famiglia come soggetto unico di imposta, la famiglia come soggetto fiscale. Questa scelta può essere più vantaggiosa certo in base alle aliquote considerate. Lo splitting viene reso di fatto inefficace. Le correzioni hanno il pregio di avere superato un sistema tributario di stampo “individualistico”. E’ stata affermata la centralità della famiglia privilegiando le famiglie monoreddito e le famiglie numerose che non producono reddito o svolgono lavoro casalingo, le famiglie in condizioni di disagio con anziani e portatori di handicap, famiglie che dovrebbero essere tutelata ai sensi dell’articolo 31 della Costituzione.
Resta il rammarico nel non vedere rimossa la questione della equità orizzontale nei riguardi dei nuclei familiari con diversa composizione.
Siamo convinti che la riforma fiscale debba porsi l’obiettivo di ristabilire l’equilibrio orizzontale tra i contribuenti che si traduce nel misurare adeguatamente la capacità contributiva delle famiglie e che debba basarsi su misure di carattere universalistico che tengano conto della differenza di capacità contributiva determinata dalla presenza di figli a carico per ogni fascia di reddito.
Le deduzioni per carichi familiari ( figli, persone handicappate ) andrebbero riconosciute in modo universale senza riferimento al reddito ( equità orizzontale)
Va comunque affrontato il problema degli incapienti e della incapacità delle imposte sul reddito di alleviare i problemi di povertà e di esclusione sociale individuando opportuni strumenti che possano favorire di usufruire dei benefici che vengono riservati a coloro che pagano le imposte ( trasformare i crediti imposta in erogazioni dirette). Il problema non è di dare alle famiglie qualcosa in più ma di riparare ad ingiustizie smettendo di sottrarre alle famiglie con figli qualcosa che non dovrebbero versare.
Se vogliamo affrontare in modo deciso il problema della denatalità occorre intervenire in modo deciso determinando maggiori certezze rispetto alle deduzioni per i figli.
Relativamente alla tassazione dei redditi di impresa apprezziamo le modifiche intervenute sulla Dit già avviata con il decreto dei cento giorni e con il recente decreto legge e la sua sostituzione con una aliquota unica.
E’ una scelta di forte rottura. Si tende a contrastare il fenomeno della sottocapitalizzazione delle imprese, la cui convenienza fiscale viene fortemente aumentata a seguito della abolizione della Dit e della unificazione delle aliquote sui redditi delle attività finanziarie al livello più basso (12,5 per cento)
Le opposizioni, in particolare il senatore Turci ha parlato di preclusione ideologica, che forse risiede nella dirompente differenza tra aliquota del 30,6 per le grandi imprese finanziarie e del 69,4 per quelle industriali. La Dit con l’obiettivo di capitalizzare le imprese e allargare il mercato azionario ha finito per colpire i settori produttivi caratterizzati dalla diffusione della imprenditorialità. La Dit ha favorito la bassa redditività senza distinguere le funzioni di rischio. Occorre invece agevolare i fattori di rischio. Viene affrontato il problema della graduale eliminazione della incidenza sul lavoro e della Irap fino al 20 per cento. L’IRAP va a colpire proprio le situazioni di decentramento tipiche del tessuto produttivo italiano.
L’IRAP tassa non il reddito ma il valore aggiunto, i terzisti, (reddito -più costo del lavoro) più costo del capitale (cioè interessi passivi) Tanto più il valore aggiunto è elevato tanto più l’incidenza dell’IRAP è elevata. L’IRAP ha inciso pesantemente sulle PMI L’IRAP è distruttiva dal punto di vista del federalismo fiscale; l’Irap è una imposta sul valore aggiunto camuffata da imposta sui redditi. Essa nasce sul terreno previdenziale. Come fa a finanziare il Sud con l’Irap che è sperequata? Rappresenta l’archeologia industriale perché colpisce pesantemente il costo del lavoro. Condividiamo la scelta di eliminare gradualmente l’Irap l’indicazione del 20 per cento iniziale è positiva anche perché realizza una concreta diminuzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro e favorisce la competitività ma occorre considerare i problemi di coordinamento tra la finanza statale e finanza regionale e offrire alle Regioni una alternativa in termini di manovrabilità delle entrate proprie.
Il nuovo regime fiscale per i redditi di natura finanziaria attraverso nuovo criteri sulla imposta sostitutiva e sulle gestioni collettive comporta il passaggio dal maturato al realizzato con la omogeneizzazione della tassazione dei redditi di natura finanziaria alla aliquota del 12,50 per cento. E una tassazione più favorevole per il risparmio affidato ai fondi pensione e alle casse di previdenza privatizzate con effetti positivi sugli investimenti.
E’ stata perfezionata la norma introdotta dalla Camera, valorizzando la disciplina di istituti giuridici tributari destinati a finalità di solidarietà sociale.
Positiva è l’inclusione dei fondi etici tra i destinatari del regime differenziato di favore fiscale, così come per le società che sostengono spese per la innovazione tecnologica la ricerca e la formazione perché questo è questione centrale rispetto allo sviluppo e al destino del Paese.
Di particolare rilievo la modifica introdotta tesa alla semplificazione degli adempimenti con riduzione sensibile del carico tributario consentendo alle piccole società di capitali di applicare il regime di tassazione del IRE.
Abbiamo anche evitato alle imprese individuali e alle società di persone l’applicazione del principio della Think Capitalization, con conseguente indeducibilità degli interessi passivi; tenuto conto che per tali soggetti ai fini civilistici esiste una commistione tra patrimonio aziendale personale dell’imprenditore o dei soci i quali rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Per questi soggetti l’indebitamento finalizzato allo sviluppo dell’attività, avviene prestando garanzie personali da parte dell’imprenditore nel caso dell’impresa individuale o dei soci nel caso di società di persone.
Di particolare rilievo la introduzione della imposta sui servizi e dunque di una unica obbligazione fiscale e in una unica modalità di prelievo in sostituzione di una serie di tributi quali registro, ipotecarie e catastali, bollo, concessioni governative, contratti borsa, assicurazioni, intrattenimenti. Il loro riordino favorirà il trasferimento dei diritti immobiliari e la loro circolazione soprattutto per quelli destinati ad abitazione principale.
Ispirata ai principi di efficienza, ottimalità, semplificazione e razionalizzazione al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi è anche la riforma dell’accisa, correggendo gli effetti esterni negativi su ambiente salute e benessere agevolandone un uso ecologicamente compatibile dei prodotti energetici.
Si è molto discusso sul costo della riforma i cui profili sono rimessi ad un provvedimento legislativo che provvede alla quantificazione degli oneri e alla relativa copertura. Tale soluzione ha il pregio di rimettere alle Camere il compito di decidere direttamente attraverso la decisione di bilancio le risorse da destinare alla attuazione della riforma la cui modulazione resta affidata al Parlamento. La rilevanza ordinamentale è nella delega, l’impatto finanziario è nel passaggio parlamentare con una netta distinzione dei compiti delle fonti legislative alla legge finanziaria le opzioni disponibili, sul quantum, ai decreti legislativi la materia relativa ai soggetti di imposta e la fissazione del reddito imponibile lordo.
In base ai principi costituzionali v’è la garanzia della effettiva neutralità finanziaria dei decreti legislativi emanati in materia.
Tra le tante modifiche introdotte due meritano di essere richiamate perché da noi dell’UDC fortemente sostenute: il risparmio casa e la share economy.
Il meccanismo del risparmio casa già in funzione con successo presso alcuni paesi europei, può rappresentare una valida alternativa al finanziamento a fondo perduto che crea indebitamento.
Il risparmio casa consiste in un sistema di risparmio e finanziamenti combinati indipendente dal mercato dei capitali per la costruzione l’acquisto o la ristrutturazione di abitazioni.
Ha i vantaggi della trasparenza del meccanismo di accumulo e di accensione del muto dell’accesso per tutte le classi sociali della certezza della sopportabilità del futuro mutuo.
Favorisce : a) la propensione e la educazione al risparmio b) la crescita degli investimenti in costruzioni c) l’incremento della domanda in abitazioni d) la disponibilità di uno strumento semplice e trasparente e) la certezza degli investimenti per la casa
In forza della suo funzione economico-sociale questa forma di risparmio finalizzato in presenza di determinati presupposti e premiata in larga parte dell’Europa con contributi regionali statali che facilitano l’accesso all’abitazione.
In Italia dove la sostanza delle abitazioni è relativamente obsoleta il risparmio casa può rappresentare un mezzo adatto a colmare questo bisogno.
In Germania un miliardo di marchi di incentivi statali per il risparmio promuove quaranta miliardi di investimenti nell’industria abitativa tedesca con questa cifra si possono costruire 135 mila alloggi. Se lo Stato risparmiasse quel miliardo l’edilizia perderebbe un enorme volume di investimenti con conseguenze profonde per l’economia. L’effetto occupazionale nell’edilizia è del 30 per cento superiore al settore meccanico. Teoria delle 3 colonne 1 terzo capitale proprio, un terzo mutuo bancario un terzo fondi del risparmio casa.
L’altro grande principio introdotto in questa riforma è la share economy.
Esprimiamo soddisfazione per avere definito nei criteri di delega il principio che incentiva fiscalmente la share economy e dunque la partecipazione dei lavoratori alla vita e ai risultati dell’impresa.
E’ un salto qualitativamente importante.
La fabbrica non è il terreno dello scontro ma diviene interesse congiunto e comune dell’imprenditore e del lavoratore.
Non è la cogestione come in Germania ma la via fiscale per il superamento del conflitto. E’ una pietra angolare della economia sociale di mercato, l’apertura di una nuova frontiera cultura e una spinta alla riflessione sui temi della partecipazione.
E’ altresì una risposta nuova alla sfida della concorrenza mondiale e che richiede sforzi coraggiosi e capaci di ricollegare il lavoro dipendente ai problemi strategici della unità produttiva
Occorre liberarsi da concezioni classiste di stampo conflittuale e ricercare modelli nuovi che prevedano flessibilità dei salari e traguardo dell’andamento dei progetti.
Durata dei contratti legata alla innovazione
Una disposizione che esalta il modello renano che è il frutto di una lunga storia della Germania rispetto alla lunga storia dell’Italia (individualismo PMI policentrismo territoriale nicchia frastagliamento politico.
Lo sforzo che facciamo è di tipo culturale perché lo portiamo alla stabilità economica sociale e politica.
E’ una nuovo modello di relazioni industriali una nuova articolazione dei redditi da lavoro dipendente, una impostazione volta a garantire vitalità sviluppo della impresa, crescita della occupazione e del prodotto.
Spetta alla contrattazione la definizione di questo nuovo sistema avendo la responsabilità di guardare alla vita e alla attività della impresa stessa, una corresponsabilizzazione totale unita a forme di lavoro più flessibili più consone ad un nuovo sistema economico .
Avremmo preferito un riconoscimento più ampio delle spese fiscalmente deducibili, l’accentuazione del conflitto di interesse come base di solidarietà sociale. (libertà di scelta entro un limite massimo su cui decide il contribuente come usarlo.)
Il nostro auspicio è la riduzione della pressione fiscale eliminando le attività di elusione e di evasione del sommerso, al fine di eliminare cioè le gravi inefficienze economiche con negativi effetti sui risparmi e sugli investimenti e dunque sulla crescita delle attività produttive.
E’ stato fatto un buon lavoro soprattutto nella eliminazione della tassa sul matrimonio. Questa riforma fiscale di pone sulla scia della prima grande riforma quella vanoniana perché quella del 1971 fu vulnerata dallo shock petrolifero del 1973.
Il grande obiettivo è mettere ordine nel sistema tributario perché come acutamente osservò Bruno Visentini in epoca lontana il disordine tributario conviene o a coloro che da esso vogliono trarre alimento ed impulso per radicali rivolgimenti di ordine politico o a coloro che nel disordine vedono il fondamento dei propri particolari privilegi.
Da parte nostra riteniamo che la fiducia nell’ordine amministrativo e legislativo è uno degli elementi essenziali delle libere istituzioni.
Un buon sistema tributario deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
efficienza economica semplicità amministrativa e dunque poco costosa flessibilità trasparenza politica equità
Il nostro obiettivo è raggiungere questi traguardi, attraverso una grande riforma che qualifica l’azione di Governo in senso riformatore; è un percorso certo lungo lento, difficile, ma certamente raggiungibile da questo Governo, cui come UDC, come forza di maggioranza esprimiamo il nostro convinto sostegno per le scelte operate in questo provvedimento.
Roma, 12 febbraio 2003