Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. * EUFEMI (UDC). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, colleghi senatori, il Senato è chiamato alla conversione del decreto-legge n. 282 del 2002, nei termini costituzionali.

La Commissione ha approvato senza modifiche il testo pervenuto dalla Camera e di ciò occorre prendere atto. Occorre dare atto alla Presidenza di avere molto opportunamente previsto lo spazio temporale per lasciare al Senato la possibilità di intervenire con modifiche e integrazioni. Particolare attenzione è stata posta dai mass media alle disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 1, in materia di bilanci delle società sportive professionistiche. Occorre tenere conto della particolare situazione del mondo del calcio, che non appartiene né alla maggioranza, né all’opposizione: tutti hanno cercato di interpretare le attese dell’opinione pubblica quando c’è stato ritardo nell’inizio dei campionati. Questo non è il decreto per il calcio, non è il decreto di correzione dei conti pubblici, come è stato anche detto poc’anzi. 

È innanzitutto il decreto per la regolarizzazione degli aiuti alle banche, sanzionati dall’Unione europea come aiuti di Stato e ai quali oggi il Governo e la maggioranza pongono rimedio. Si tratta di agevolazioni concesse con la legge delega n. 461 del 1998, provvedimento che fu definito un autentico regalo alle banche in materia di fusioni e agevolazioni. Si è dovuti intervenire poi con il decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, per sospendere tali agevolazioni. La Commissione europea, con decisione dell’11 aprile 2001, aveva stabilito l’incompatibilità di tale regime agevolato che prevedeva la riduzione al 12,50 per cento per cinque periodi di imposta dell’aliquota IRPEG sul reddito complessivo netto dichiarato da banche risultanti da fusioni e altre operazioni di carattere strutturale. Ad ogni buon conto, va ricordato che risultano pendenti contro la citata decisione della Commissione sia il ricorso del Governo innanzi alla Corte di giustizia della Comunità europea, sia il ricorso dell’ABI innanzi al tribunale di primo grado. Questa tuttavia sembra essere divenuta la questione centrale del confronto politico parlamentare. Ricordo che il problema degli ammortamenti comporta valutazioni complesse, come il tener conto della particolarità del settore cui fa riscontro la specificità dell’intervento. Ritengo, avendole ascoltate personalmente, che le dichiarazioni del professor Monti sugli aiuti di Stato siano state in un certo senso troppo enfatizzate da parte dei mass media. 

Da parte nostra, riteniamo che non vi sia nessuna violazione delle norme comunitarie sotto forma di aiuti di Stato perché non viene concesso alcun beneficio fiscale, non vi è alcun onere nel bilancio dello Stato e il testo non appare in alcun modo in grado di incidere sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri. Si potrebbe ragionevolmente ipotizzare l’applicazione dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea in considerazione della crisi evidente del settore, perché la misura è destinata a ripristinarne la redditività economico-finanziaria a lungo termine. Ho avuto modo di sottolineare in Commissione come sia con la legge n. 91 del 1981, sia con il decreto-legge n. 383 del 1996, adottato in conseguenza della sentenza Bosman, le società sportive abbiano avuto un regime organizzativo speciale, come lo hanno avuto altri settori. Ricordo, ad esempio, l’autotrasporto e l’ippica. Ho richiamato tutto ciò nell’ordine del giorno G3.104, che auspico possa trovare accoglimento, nel quale si evidenziano i problemi del settore e la necessità di rimuovere la paralisi istituzionale attraverso un tavolo che individui una riforma di sistema e attraverso un intervento rigoroso sulle attività finanziarie e gestionali, evitando sia situazioni di difficoltà tali da pregiudicare lo svolgimento delle attività sportive, sia ricadute sugli utenti e sugli sportivi. Il principio, rispetto al valore contabile, sancito dal legislatore delegante, era quello di avvicinare quanto più possibile il reddito fiscale a quello economico, in conformità del precetto di cui all’articolo 2, comma 16, della legge delega n. 825 del 1971.Ritengo che il diritto non sia immutabile e vada adattato ai mutamenti socio-economici. La sinistra ha cavalcato questo intervento legislativo dimenticando con disinvoltura ciò che la stessa sinistra ha fatto con il decreto-legge n. 383 del 1996, che reca la firma di Prodi e Veltroni.

PASQUINI (DS-U). È esattamente il contrario. 

EUFEMI (UDC). No, non è il contrario. All’articolo 3 si prevedevano disposizioni al fine di rendere meno gravosi, per i bilanci delle società sportive, gli effetti di decisioni comunitarie sui trasferimenti degli atleti. 

PASQUINI (DS-U). Quelle sono perdite! 

EUFEMI (UDC). Si trattò dunque di un intervento sugli ammortamenti e del riconoscimento, tra le componenti attive, di un importo pari al valore dell’indennità di preparazione e promozione.

L’allungamento dei termini del condono al 16 aprile offre uno spazio temporale adeguato, accrescendo la convenienza ad utilizzare tale strumento per concorrere a determinare maggiori certezze rispetto all’obiettivo di finanza pubblica e a realizzare le previsioni di gettito collegate a tale misura. La questione condono comporta, semmai, alcuni problemi collegati all’operatività istituzionale, dal momento che la sua introduzione comporterà uno svuotamento quasi totale del fatturato lavorabile da parte del servizio della riscossione dei tributi, paralizzando del tutto ogni attività di riscossione, rendendo di fatto impossibile il raggiungimento di qualsiasi performance positiva. Se la buona riuscita del condono è auspicabile dal punto di vista erariale, perché consente di conseguire il massimo introito possibile per le casse dello Stato, è evidente che tanto migliore sarà il risultato, tanto peggiori risulteranno le conseguenze a carico delle aziende impegnate nel servizio. Di questo problema mi sono fatto carico con uno specifico ordine del giorno. Un accenno deve essere riservato al problema delle compensazioni IRPEG e IRAP. A questo riguardo, infatti, l’obbligo di considerare, nell’attuale contesto delle sanatorie, tutto il settore impositivo delle imposte dirette e assimilate, compresa l’IRAP, crea di fatto un significativo ostacolo all’accesso al condono e un onere eccessivo soprattutto per quegli imprenditori che, avendo regolarmente assolto gli obblighi retributivi nei confronti dei propri dipendenti e versato regolarmente l’IRAP dovuta, si troverebbero oggi ad affrontare un costo impropriamente esorbitante nella ipotesi in cui accedessero al condono per regolarizzare la loro situazione sotto il profilo dell’IRPEG. Auspichiamo che il Governo si faccia carico di tali preoccupazioni. 

Signor Presidente, devo aggiungere qualche elemento di valutazione rispetto a quanto è accaduto nei giorni scorsi. Per rispondere alle dichiarazioni del presidente di una società sportiva, noi non siamo gente che viene a rimescolare in casa altrui senza aver bussato; siamo rappresentanti del popolo, senza vincolo di mandato. Non si possono prendere a calci le istituzioni, seppure con scarpe di lusso. Chi si è seduto nel salotto buono delle istituzioni della finanza, non può ritenere che questo sia titolo per esprimere giudizi su chi rappresenta il popolo. Noi non siamo qui a difendere un marchio, stiamo difendendo la storia sportiva di una città che appartiene a tutti, senza distinzioni, e siamo preoccupati soprattutto per ciò che sta emergendo rispetto al ruolo dei controllori controllati. Ci siamo mossi per ragioni di equità e di giustizia rispetto ad evidenti favoritismi, rispetto a situazioni determinate da parametri di bilancio e non di cassa. La questione, quindi, non appartiene a titolo esclusivo a nessuno; la città di Firenze non è un marchio. È un problema culturale e sportivo della città. 

A noi non interessa rimuovere errori gestionali fatti da questo o da quell’imprenditore; a noi resta il compito di dare la speranza concreta agli sportivi di Firenze. Formulando, pertanto, un giudizio complessivamente positivo sulle misure adottate nel decreto-legge, esprimiamo anche la preoccupazione, confermata dal senso di responsabilità dimostrato nell’esame in Commissione, che ha permesso un utile e proficuo lavoro, capace di determinare una calendarizzazione corretta. Crediamo che questo positivo risultato non possa essere pregiudicato, sperando che prevalga il senso di responsabilità da parte di tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial