Seguito della discussione sulle linee della politica estera e discussione di mozioni connesse

Seguito della discussione sulle linee della politica estera e discussione di mozioni connesse

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, senatori, a distanza di pochi giorni dalle comunicazioni del Presidente del Consiglio, il Parlamento è nuovamente chiamato a valutare la situazione generale rispetto alla vicenda irachena.

È un gesto di responsabilità che apprezziamo, una verifica dell’azione svolta, una continua ricerca di un consenso, così come autorevolmente voluto dal Capo dello Stato, il più ampio possibile su posizioni di politica internazionale che richiedono, responsabilmente, il supporto di tutti quelli che hanno a cuore una posizione condivisa, come ha confermato il Vertice di lunedì di Bruxelles, che ha registrato una posizione comune, come con forza auspicato dall’Italia. Sarebbe un grave errore la strumentalizzazione a fini interni della ricerca di soluzioni internazionalmente condivisibili, che mirano a tenere uniti i Paesi europei, il dialogo euro-atlantico, in un costante quadro di riferimento delle Nazioni Unite, riaffermando dunque la centralità dell’ONU. Sarebbe dannoso e strumentale, e certamente non conforme all’atteggiamento responsabile che questa maggioranza ha costantemente tenuto quando era all’opposizione. Registriamo una forte continuità nelle linee di politica estera del Governo nei rapporti con l’Unione europea, avendo operato per la unità di azione europea e per la comunità atlantica. Si affacciano problemi nuovi. 

L’Alleanza atlantica va indubbiamente riformata, perché è squilibrata tra un pilastro forte e tanti piccoli pilastri. È indubbio che occorra un riequilibrio, ma ciò dipenderà dal processo di integrazione europeo, dal rafforzamento dell’Europa come entità politica, non solo economico-monetaria, dalla sua capacità di assumere responsabilità, dalla sua capacità di esprimere una politica estera comune e il suo interesse complessivo rispetto a quello delle singole nazioni. È questa la sfida cui è chiamata l’Europa. 

Bene ha fatto il Governo a tenere sulla stessa linea le Nazioni Unite, l’Unione europea e gli Stati Uniti. Ciò significa da un lato moderare l’individualismo, l’unilateralismo americano, la tentazione americana di fare da sola e dall’altro le tentazioni di stampo gollista di chi non vuole, non accetta il ruolo delle Nazioni Unite, come sede per la definizione dei contrasti politici; ma c’è anche un problema ONU, da ricostruire, un’ONU all’altezza del compito, nella cui composizione continua a riflettersi la logica dei vincitori e il suo scarso intervento rispetto alle centinaia di conflitti locali che hanno insanguinato il mondo. È dunque tempo di pensare al rilancio dell’ONU e alla ristrutturazione del suo organismo operativo, il Consiglio di sicurezza, trasformandolo in organismo di governo efficace per la sicurezza mondiale. Occorre fare di tutto per evitare la guerra e il Governo si è mosso in tale senso. Va ribadito come nel documento comune dei Capi di Stato e di Governo tre princìpi sono stati fortemente sottolineati: la posizione unitaria dei Paesi europei; la ricomposta solidarietà atlantica; il fatto che la cornice di qualsiasi decisione è quella delle Nazioni Unite come espressione della capacità di difendere l’ordine internazionale. Questi sono i capisaldi entro i quali il Governo si muove e l’UDC ha sempre sostenuto e continua a sostenere che fino all’ultimo c’è la possibilità di una soluzione pacifica della crisi, ma di fronte a palesi violazioni delle numerose risoluzioni delle Nazioni Uniti che portassero al rischio dell’uso di armi di distruzione di massa di cui l’Iraq fosse in possesso, l’uso della forza sanzionato dalle Nazioni Unite finirebbe per diventare inevitabile. Perché Saddam ha minato la pace. Condividiamo e facciamo nostri gli appelli del Santo Padre, perché prevalgano gli strumenti diplomatici e il dialogo, per non rassegnarsi alla guerra, quasi che fosse inevitabile, proseguendo nel cammino che porti alla pace. Per rendere chiara la nostra posizione: tra Bush e il Papa siamo con il Papa, ma tra Bush e Saddam siamo con Bush. 

Siamo impegnati a difendere la pace, ad evitare la guerra, ma non c’è pace senza disarmo di Saddam, perché il suo disarmo, il controllo e la eliminazione delle armi di distruzione di massa, dei suoi armamenti chimici e batteriologici non è un problema privato dell’Italia o dei Governi occidentali, ma di tutta la Comunità internazionale. 

Siamo impegnati a ottenere la pace con una pressione forte e costante, contribuendo all’impegno militare con l’utilizzo delle basi e delle infrastrutture, nel rispetto dei Trattati fino a far cambiare atteggiamento all’Iraq, non con maggiore tempo ma con indispensabile cooperazione, come è stato ricordato. La politica della fermezza siamo certi produrrà effetti positivi. Recepiamo nel Paese una forte volontà di pace. La pace per noi è un bene indivisibile da ricercare sempre. Non può tuttavia essere rappresentato solo da un pacifismo a senso unico, rappresentato dalla piazza e che in questo caso potrebbe finire per diventare solo antiamericanismo fatto di odio e di divisioni. I Governi devono interpretare anche le maggioranze silenziose, non solo quel movimento rumoroso che non innalza le bandiere dell’ONU, ma che nel pacifismo finisce per coniugare i simboli dell’antiamericanismo e il contrasto alla globalizzazione. Un pacifismo che non dice nulla su una dittatura come quella irachena che annienta qualsiasi controllo politico e morale; rende difficile il disarmo di Saddam; non mostra altrettanta determinazione rispetto alla cieca violenza di Saddam contro uomini e bambini e sul genocidio dei curdi. La ricerca della pace richiede a volte prezzi alti, un’esigenza a cui non ci si può sottrarre. Il ricorso alla forza è l’ultima risorsa. Nel 1938 essere per la pace avrebbe significato non abbandonare la Cecoslovacchia a Hitler. Avrebbe significato fare una scelta di libertà; il dilemma allora resta drammatico. Ai giovani va ricordato il costo politico di una inazione, che sarebbe altissimo, e va anche ricordato che i soldati americani sacrificarono la loro vita per la libertà dell’Europa, e che allora non c’era petrolio da conquistare ma libertà da difendere. Il Gruppo UDC condivide la linea esposta dal Presidente del Consiglio. Esprime solidarietà al Governo che, oggi, rappresenta in Parlamento una posizione genuina che evidenzia un successo complessivo dell’azione di Governo che abbiamo sostenuto e incoraggiato. 

Al Presidente del Consiglio e al Governo che hanno saputo muoversi lungo i sentieri nuovi e difficili della diplomazia che richiedono posizioni non ambigue, esprimiamo consenso e convinto sostegno per avere rinsaldato la Comunità atlantica, ricercato e ritrovato una più forte coesione europea, affidato all’ONU la decisione finale e la responsabilità del disarmo dell’Iraq. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN, LP e del senatore Carrara).

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