Intervento in Aula Sen. Maurizio Eufemi su Ratifica Trattato Costituzione Europea
“Onorevole Presidente, Onorevole Ministro Colleghi,
Ratifichiamo il progetto che adotta la Costituzione per la Europa riunita, una Costituzione senza Stato, cancellando “frontiere contro natura”.
“Imperfetta, ma insperata” l’ha definita Valery Giscard d’Estaigne.
Permane il rischio sull’esito sfavorevole di uno o più referendum di ostacolo al cammino europeo. L’attenzione è posta sulla Francia per vedere se prevarrà l’opzione di un moderno realismo rispetto a scadute illusioni.
E’ un “insieme aperto”, aperto alle frontiere, e aperto nelle forme istituzionali che potranno prendere corpo in futuro.
Si realizza il sogno di una Europa libera e unita, sovrana nella sua politica monetaria e capace di agire con una sola voce nelle relazioni con i Paesi amici, con la creazione del Ministro degli Affari Esteri Europeo. Certo tale scelta è in contraddizione con la mancanza di una voce, una voce unica dell’Unione nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Il progetto innovativo ma imperfetto, si è realizzato attraverso un processo costituzionale trasparente, accessibile alla grande rete, dunque non élitario. Si è affermato il metodo comunitario caro a Monnet con un approccio funzionalista o neo funzionalista perché ha insistito più sul metodo che sull’obiettivo.
Come non riconoscere che il rinnovamento continuo progressivo dei progetti è stato il carburante per la crescita europea.
Il successo del mercato comune ha attirato sempre più Stati europei nella comunità; il mercato comune ha imposto una moneta unica; la moneta unica ha bisogno di un governo economico; il governo economico ha avuto bisogno di una Costituzione.
Si accresce il ruolo dei Parlamenti nazionali nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Sono state recepite le indicazioni della società civile; modificato il meccanismo decisionale, rafforzato il principio di democrazia rappresentativa riducendo il deficit democratico.
Resta la esigenza di un ampliamento delle aree politiche nelle decisioni a maggioranza.
Non sono stati purtroppo recepiti i riferimenti espliciti ai valori delle radici cristiane dell’Europa e ciò è un vulnus che dovrà essere colmato.
A tale proposito ho presentato un preciso ordine del giorno perché questa questione rimanga viva, aperta.
V’è una grave contraddizione tra la sostanza accettata nelle libertà di coscienza, di culto, di religione e la anagrafe storica rifiutata.
Rischiamo di realizzare un meccanismo politico amministrativo “senza anima”. Vogliamo, al contrario, una Europa con una precisa identità culturale, un’Europa dei valori, che non nasce da un relativismo senza principi, ma da quei valori che pongono la persona umana e la sua dignità al centro della costruzione sociale verso cui orientare l’azione politica.
Dobbiamo reagire al pregiudizio “anticristiano”, come emerge purtroppo dai lavori della convenzione, con l’opposizione ad un qualsiasi riferimento ai valori religiosi e alla eredità giudaico-cristiana per affermare il principio della laicità dello Stato quasi il timore di un attentato alla laicità delle Istituzioni, dimenticando che i valori cristiani sono alla base del riconoscimento della dignità umana. Purtroppo i governanti europei hanno avuto paura; hanno avuto il timore di scelte coraggiose; non hanno saputo cogliere e interpretare un sentimento forte come quello che si è manifestato in questi giorni di partecipazione e di dolore per la scomparsa di Giovanni Paolo II, verso un Gigante della storia e che dovrebbe far riflettere.
Personalmente sono fortemente rammaricato e deluso per il mancato inserimento in riferimento alle radici giudaico- cristiane. Non vi può essere un diritto all’amnesia delle proprie radici, a quei valori che hanno plasmato l’identità europea nel corso dei secoli che riguardano la dignità umana e la libertà religiosa nella dimensione individuale, collettiva e istituzionale.
Non si è compreso che proprio quel riferimento poteva essere di aiuto a quei paesi con differenti tradizioni religiose che si accingono ad entrare nello spazio comune europeo.
Non ci si rende sufficientemente conto che i rischi non vengono da nuovi totalitarismi ma dai fondamentalismi, dai materialismi, dall’edonismo, dal consumismo.
Il Partito Popolare Europeo, depositando un progetto, si è assunto le proprie responsabilità con una posizione inequivocabile. Apprezzabile è stata l’azione del Vicepresidente Fini e di Marco Follini. Non abbiamo nulla da rimproverarci.
Anche su questa vicenda emerge il ruolo ambiguo di chi ha guardato all’allargamento, diluendo quella identità che era dei popoli cristiani.
Il radicamento cristiano dell’Europa è un radicamento laico non confessionale o catechistico. Benedetto Croce e Giovanni Gentile, per l’Italia, insieme a molti altri intellettuali europei hanno avuto il coraggio di riconoscere i valori della civiltà cristiana.
Le preoccupazioni si accrescono rispetto all’entrata della Turchia guardando alla tutela del rispetto della libertà religiosa e dei diritti umani e della famiglia.
Siamo parte di una Europa svuotata al suo interno come afferma il cardinale Joseph Ratzinger, come paralizzata da una crisi circolatoria, una crisi che mette a rischio la sua vita affidandola a trapianti che ne cancellano l’identità, ad un cedimento spirituale unito a declino etnico.
E allora come possiamo e dobbiamo rispondere ad una strana mancanza di voglia di futuro. In che modo? Certamente con politiche forti per la famiglia e per la natalità che devono essere capaci di incidere sul tasso di crescita. C’è bisogno di ritrovare il coraggio necessario per non scolorire la fedelta’ ai valori della persona e della comunità. Infatti la fedeltà ai valori tradizionali viene bollata come intolleranza, lo standard relativistico viene elevato ad obbligo.
Mi riferisco alle minacce verso alcuni valori, ai correnti pericoli di alcune scelte come quelle della manipolazione genetica nelle forme più estreme, non come ostacolo alla ricerca ma come illimitata azione rispetto ai confini della scienza.
Diviene fondamentale la Governance economica per raggiungere risultati più efficaci attraverso la riforma delle istituzioni.
Raccogliere la sfida della globalizzazione significa rendere sostenibile il modello europeo, soprattutto negli aspetti sociali.
Cooperazione e solidarietà sono gli strumenti essenziali di una forte collaborazione rispetto ad equilibri internazionali mutati.
La globalizzazione non deve accentuare le disuguaglianze ma diminuire le tensioni fra gli Stati fra i popoli fra le culture, evitando i pericoli di una frattura di civiltà; essa deve volgersi a vantaggi di tutti e non di gruppi o di pochi.
L’Europa può svolgere un grande ruolo nella sfida della globalizzazione se afferma i valori del suo patrimonio storico-culturale.
Sono i valori di quel patrimonio prezioso che è l’umanesimo europeo – come ci ricorda quel grande pensatore che è Solgeniztin con la sua critica alla deriva illuministica. Raccogliamo il suo auspicio ad un moderno umanesimo cristiano come momento di riscossa ad una crisi e alla involuzione dell’illuminismo che ha preteso di sostituirsi al cristianesimo pur avendo fatto propri i valori più alti di libertà e di equità, ma recidendone la radice trascendente.
Ci troviamo di fronte a forme ibride di neo illuminismo che non rispondono né agli interrogativi della cultura né alle esigenze reali del Paese.
Dobbiamo salvaguardare il patrimonio dell’umanesimo europeo.
L’Europa potrà diventare più forte se sarà unita contribuendo a modernizzare le Istituzioni internazionali e se sarà capace di affermare un multilateralismo arginando un dilagante egemonico unilateralismo e ritrovando un più forte legame euroatlantico basato sulla cooperazione e sulla sussidiarietà.
Questo Trattato, nonostante alcune criticità, pone le condizioni per affrontare e superare le sfide dell’allargamento, della mutata situazione mondiale che impone all’Europa riunita un ruolo di global player per coniugare forza e ragione e affermare una visione comune dei problemi anche con un nuovo ruolo di responsabilità per l’Europa nella pace e nella cooperazione internazionale.”
Roma, 5 aprile 2005
Presidente,
chiedo di potere depositare il testo integrale del mio intervento anche perché si deve purtroppo registrare una compressione dei tempi ingiustificabile su una decisione così importante e gli auspici del Presidente Pera sono stati contraddetti da una corsa contro il tempo per battere record di nessun significato.