I rapporti con la casa
Il successo della regione, che coinvolse in particolare il Vicentino e il Trevigiano, ebbe come fattore di sviluppo l’emigrazione. È vero che essa comportò la perdita di persone, soprattutto giovani, e lo svuotamento di alcuni paesi, ma d’altra parte furono proprio gli emigranti a dare un fondamentale contributo al successivo progresso.
Il loro apporto si verificò in molteplici modi, innanzitutto attraverso le rimesse che inviavano a casa, ossia i risparmi per comperare casa e campi. L’attaccamento al lavoro trasformò la loro vita di semplici contadini, migliorando la produzione agricola o facendo di loro imprenditori di successo. Ciò emerge anche da alcune testimonianze raccolte tra i veneti nel Biellese.
Attualmente è in corso il passaggio generazionale e i veneti più anziani, che hanno costruito le imprese, temono che i giovani, i quali non hanno condiviso le loro esperienze, non continuino il loro dinamismo imprenditoriale. Invece i veneti di prima generazione, ma emigrati in altri luoghi, vedono i loro figli perfettamente integrati in posti lontani dalla regione di origine. In entrambi i casi si sente il bisogno di mantenere i riferimenti culturali, con il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione.
Il Veneto ha fatto le sue conquiste grazie a valori come l’ingegnosità, la laboriosità e lo spirito di sacrificio. Alcuni di questi valori sono stati tramandati certamente grazie a una forte tradizione cattolica. Tutte queste componenti hanno fatto sì che i veneti, sia nella loro regione sia altrove, siano stati fortemente sostenuti dai valori della famiglia e della cultura locale. Il passaggio generazionale, dunque, potrebbe mettere a repentaglio la struttura delle famiglie-imprese, che è alla base del modello di sviluppo del Nord-Est.
Gli emigrati e, soprattutto, i loro discendenti potrebbero rivelarsi preziosi per la loro conoscenza dei mercati delle altre nazioni. Essi potrebbero rappresentare gli interessi delle imprese venete all’estero, collaborando, se necessario, con organismi pubblici e privati.
Oggi noi abbiamo un momento civile seguito da un momento religioso.
Non possiamo non svolgere una riflessione sulla situazione attuale sottolineando il contributo dato al Piemonte dagli emigranti veneti.
“Un esempio di feconda integrazione – è stato unanimemente riconosciuto -, una migrazione che ha unito le rive del Piave a quelle del Po, con i veneti che si sentono fieri di avere dato il loro apporto di lavoro e di impegno a queste terre”.
Non possiamo dimenticare l’apporto socio-economico dato dagli emigrati anche alla loro regione d’origine, attraverso le rimesse e l’imprenditoria di rientro.
Né possiamo dimenticare la valenza sociale e storica dell’emigrazione interna che va unita alla cultura della accoglienza verso i corregionali, “un’accoglienza a braccia aperte e con grande capacità umana di superamento dei naturali disagi di impatto che le migrazioni producono”.
Una integrazione che è divenuta una grande risorsa umana e produttiva.
Come non sottolineare il particolare carattere dei veneti, così aperto, così socievole che porta a migliorare anche quello di chi può essere più chiuso e retrivo.