Relazione finale della Commissione d’inchiesta su crimini nazifascisti

Relazione finale della Commissione d’inchiesta su crimini nazifascisti

A conclusione di questa commissione d’inchiesta parlamentare desideriamo esprimere alcune considerazioni conclusive riguardo i risultati raggiunti.Sono apprezzabili le modifiche e le precisazioni contenute nell’ultima stesura della proposta di relazione dell’on. Raisi, sia in sede di testo, sia di conclusioni.La distinzione e la separazione tra i reati politici coperti dai provvedimenti di amnistia  e la problematica dei crimini di guerra, risulta pienamente chiarita.Le gravi responsabilità di Enrico Santacroce, firmatario dell’abnorme provvedimento dell’archiviazione provvisoria che tenta di legittimare giuridicamente l’indebito trattenimento dei fascicoli a Palazzo Cesi, iniziato però molto tempo prima, vengono precisate in modo puntuale.Nell’ambito della ricostituzione politica della Germania occidentale del 1949, da un lato è opportunamente illustrata la situazione giuridica dei rapporti bilaterali italo-tedeschi e quindi l’impossibilità di estradare il cittadino tedesco, dall’altro si registra la scelta di Santacroce, in contrasto con le previsioni dell’ordinamento, di non istruire, nei casi di identificazione certa degli imputati, processi in contumacia.Emerge chiaramente, inoltre il fatto che i fascicoli oggetto dell’inchiesta si trovassero all’interno di Palazzo Cesi, in un vero  e proprio archivio e non all’interno di un locale oscuro e inaccessibile. Il relatore poi, ha lumeggiato le non trascurabili anomalie che hanno caratterizzato l’operato di alcuni esponenti della magistratura militare, circa la gestione dei fascicoli dopo il 1994, specialmente riguardo alle iniziative assunte dalla Commissione d’inchiesta nei confronti della commissione mista e della sua gestione dei 273 fascicoli.Pertanto si dà atto all’onorevole Raisi di aver compiuto un lavoro equilibrato e puntuale, attento a recepire i rilievi costruttivi e le modifiche proposte dal gruppo UDC al fine di valorizzare al meglio il frutto dell’impegno dispiegato dalla Commissione d’inchiesta in questi due anni nel ricostruire una pagina estremamente dolorosa e tragica della nostra storia. Un sentito ringraziamento in proposito, va rivolto al personale della commissione indistintamente, ma in modo particolare a quanti hannno gestito l’archivio della Commissione con abnegazione ed efficienza, consentendoci un più efficace orientamento.Purtroppo gli sforzi compiuti dalla maggioranza ed in particolare dal Presidente on. Tanzilli, per raggiungere una posizione condivisa ed unitaria, non sono stati in alcun modo recepiti dalle forze di opposizione, orientati a marcare una distinzione pregiudiziale, sia come testimoniato dalla scelta dell’on. Carli di presentare la relazione di minoranza prima di qualsiasi tentativo di mediazione, come pure nella sua posizione di replica alla bozza preliminare della proposta dell’On. Raisi, assumendo posizioni francamente inaccettabili e mistificatrici.La proposta del relatore della Commissione non nega l’importanza dell’inchiesta, ma proprio per evitare quegli schemi vecchi, ideologicamente precedenti al 1989, tanto stigmatizzati a parole dall’On. Carli, si pone sul terreno della verifica puntuale dei fatti per svolgere un’operazione di verità, autentica ed equilibrata.In questa direzione non può accogliersi la acritica riproposizione della romanzesca immagine dell’armadio della vergogna che risulta poco funzionale a decifrare la vicenda dell’indebito trattenimento dei fascicoli a Palazzo Cesi, se non si vuole indulgere in quei vecchi schemi, di cui proprio la teoria che spiega l’occultamento in termini di complotto, orchestrato dal potere politico e messo in atto dalla magistratura militare, in relazione alla guerra fredda, costituisce un’emblematica espressione.Naturalmente, secondo l’on. Carli, l’opposizione risulterebbe esente da ogni responsabilità in questo complotto, non avendo mai avuto facoltà alcuna di decisione su quei fascicoli. Si dimentica però che è il governo Parri, composto dall’esarchia dei partiti antifascisti quindi anche dal PCI dell’on. Palmiro Togliatti, in quel momento, ministro di Grazia e Giustizia, a stabilire il 20 agosto 1945 la concentrazione dei fascicoli a Palazzo Cesi. Le forze di sinistra nella ricostruzione fornita dall’on. Carli appaiono solo per le interrogazioni parlamentari che tuttavia nel merito, hanno, ben poca attinenza con l’oggetto dell’inchiesta.Inoltre, non può rimproverarsi al  Ministero della Difesa ché nella sua corrispondenza con la Procura Generale Militare, ritenga attendibili le affermazioni della seconda senza verificarne la veridicità.Solo chi aderisce in modo incondizionato e aprioristico alla logica del complotto, può attribuire alle forze di governo delle colpe in questo senso. Anzi, proprio questo atteggiamento di buona fede del potere politico, conferma ulteriormente questa condizione di sostanziale autonomia o quantomeno di separazione della giustizia militare dalla politica e giustizia militare, altro che asservimento!Inaccettabile risulta anche lo scambio politico ipotizzato tra mancata estradizione dei criminali italiani richiesti dai vari paesi e mancati processi ai tedeschi. Non è un problema di due o dieci o mille imputati richiesti dall’Etiopia (peraltro, l’ultima richiesta dell’Etiopia del novembre 1948 riguarda effettivamente, soltanto Graziani e Badoglio, non i dieci imputati, di cui comunque due testimoni, richiesti in precedenza nel marzo) e soprattutto dalla Jugoslavia. Le cautele di De Gasperi, sono determinate da ben altre ragioni, in primo luogo dal senso di responsabilità che sempre dovrebbe  caratterizzare una classe dirigente di fronte al proprio paese. Tra l’altro questa linea è pienamente condivisa dal PCI come indica la lettera del Ministro di Grazia e Giustizia Fausto Gullo, inviata a Prunas nell’agosto 1946 e inspiegabilmente ignorata nella proposta di relazione dell’on. Carli. C’è da domandarsi allora chi veramente non affronti in modo concreto il tanto sottolineato lato politico dell’inchiesta, quando si ignora una lettera così esplicita e significativa.      L’ansia di improbabili associazioni porta a collegare quanto Quaroni scrive nel 1946 non solo alla  linea ufficiale del governo italiano, ma soprattutto alla rinascita politica della Germania occidentale che avviene però tre anni dopo, nel maggio 1949 (questo errore marchiano si trova a pagina 10 della sua replica, On. Carli, non nella sua relazione!). Sarebbe opportuno, seguire meno le sirene della storiografia corrente, attenendosi maggiormente alla storia intesa come fatti e documenti puntualmente verificati, on. Carli.Peraltro questo non è l’unico equivoco. La tendenza a ricondurre tutto, indistintamente, nell’ambito di un onnicomprensivo, input politico al di là dello spazio e del tempo, a discapito delle questioni concrete e delle loro effettive e specifiche criticità, trapela anche nell’associazione del riarmo tedesco all’archiviazione provvisoria decretata da Santacroce il 14 gennaio 1960, quando Giulio Andreotti era Ministro della Difesa. Il riarmo tedesco tuttavia, inizia nel 1955, non nel 1960, ed in quel momento il Sen. Andreotti non era certo ministro della Difesa.La forzata compenetrazione tra politica interna ed internazionale deforma anche la concessione della grazia presidenziale al gruppo di Rodi nel 1951 ed il significato del carteggio Martino-Taviani dell’ottobre 1956. Al riguardo poi si ricordano il libro di Taviani ed una sua intervista. Al di là, della cautela con cui le dichiarazioni sulla carta stampata vanno filtrate, Taviani, nel libro, nega ogni responsabilità sua e della NATO, nell’occultamento dei fascicoli di Palazzo Cesi.In questa direzione, risulta difficilmente sostenibile anche il reiterato collegamento tra stragismo degli anni Settanta e occultamento dei fascicoli, fondato sulla recente sentenza di Cassazione che secondo qualcuno confermerebbe la sentenza-ordinanza del 1998. In realtà le due sentenze, sono estremamente diverse. Le varie assoluzioni concesse dalla Cassazione, per mancanza di prove o per prescrizione, delineano piuttosto un quadro contradditorio e frammentario, incapace di supportare teoremi complessivi tanto fantasiosi.Circa i 1200-1300 fascicoli contro ignoti inviati da Santacroce nel 1965-68 alle Procure territorialmente competenti, si può forse discutere sulla lettera inviata dal Procuratore Generale, ma va riconosciuto che quei fascicoli, sebbene con grande ritardo, vengono definiti dalle autorità competenti.È inaccettabile parlare tout court della magistratura militare in termini di dolo e condotta criminosa, instaurando paralleli con lo stragismo mafioso. Non si può, infatti, mettere alla gogna l’Istituzione in quanto tale. Le responsabilità sono e rimangono individuali, come nel caso dell’archiviazione provvisoria disposta da Santacroce nel 1960.Le stesse negligenze ed anomalie rilevate, anche successivamente alla riforma ordinamentale del 1981, e dopo il rinvenimento del 1994, devono essere verificate e valutate a livello individuale, senza gratuite e forzate tesi come quella dell’autotutela corporativa. D’altra parte, è inammissibile spiegare l’operato di Santacroce con il suo passato fascista. Al di là del facile moralismo, non è stato rilevato, infatti, che, quando, il 16 febbraio 1946, Santacroce viene assolto dalla commissione per l’epurazione del personale civile, il Ministro di Grazia e Giustizia è l’on. Palmiro Togliatti. Non è stato ricordato, inoltre, che il Commissariato per le sanzioni contro il fascismo (diretto dai comunisti Scoccimarro prima e Ruggero Grieco poi), completa insieme alle Corti d’assise straordinarie ed al Ministero di Grazia e Giustizia, il circuito dell’epurazione, che pertanto risulta sostanzialmente controllato dal Partito Comunista.In particolare, quando questi argomenti diventano funzionali ad un programma di riforma complessiva della Magistratura militare, andrebbero esclusi da una proposta di relazione finale di una Commissione d’inchiesta, essendo molto più consoni ad una campagna elettorale.Per queste ragioni il gruppo UDC esprime il voto favorevole alla relazione finale dell’on. Raisi comprensiva delle considerazioni conclusive che  recepiscono nella forma e nella sostanza le nostre indicazioni.  Roma, 8 Febbraio 2006

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