Intervento in Aula sul recepimento della direttiva MIFID
Presidenza del presidente MARINI, indi del vice presidente CALDEROLI
Discussione del disegno di legge: (1332) Rideterminazione del termine di delega per il recepimento delle direttive 2002/15/CE, 2004/25/CE e 2004/39/CE (Votazione finale qualificata ai sensi dell’articolo 120, comma 3, del Regolamento) Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Delega legislativa per il recepimento delle direttive 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 e 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, nonché per le disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE
È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.
EUFEMI (UDC). Signor Presidente, il Gruppo UDC non si è sottratto a un esame celere di un provvedimento che ridetermina i termini di delega per le direttive comunitarie in materia di autotrasporti, di OPA e di mercati degli strumenti finanziari, anche per i contenziosi comunitari in atto. Occorre però domandarsi perché siamo giunti a questo così grave ritardo e perché il Parlamento viene costretto, soprattutto per la direttiva MIFID, ad una nuova proroga dei termini che erano scaduti il 31 gennaio 2007, anche in conseguenza del fatto che la legge comunitaria n. 13, che all’articolo 10 conteneva il recepimento della direttiva, prevedendo anche modifiche alla legge n. 62, è stata pubblicata il 17 febbraio 2007, oltre un mese dopo l’approvazione parlamentare.
Come si può vedere, Presidente, si tratta di un autentico groviglio legislativo che ha finito per determinare prima un grave infortunio, poi un autentico pasticcio, vanificando tutto il lavoro parlamentare. Forse il Ministro per le politiche comunitarie era troppo assorbito dalla funzione e dalle responsabilità del Dicastero per il commercio estero, per poter seguire una materia che richiede attenzione e partecipazione costanti. È lecito allora, da parte nostra, fare chiarezza rispetto a responsabilità che appartengono innanzitutto al Governo, perché il Parlamento ha fatto per intero la propria parte. Non può essere invocato l’alibi della contrapposizione: abbiamo voluto dare continuità alle nostre responsabilità di Governo nell’ambito della materia comunitaria.
PRESIDENTE. La prego, senatore Eufemi.
EUFEMI (UDC). Presidente, è inutile che lei mi solleciti, perché ho alcune cose da dire. La ringrazio, non metta il turbo, perché noi vogliamo svolgere un ruolo di opposizione costruttiva!
Ora con un emendamento della Commissione finanze la proroga viene ulteriormente differita al 30 settembre. Rispetto a tutto ciò, da parte nostra non abbiamo mai mancato di richiamare l’attenzione degli organi responsabili per intervenire prontamente. Lo stesso governatore Draghi, al Forex, ha sottolineato per il nostro Paese i riflessi derivanti da una maggiore concorrenza tra mercati regolamentati e le piattaforme gestite da grandi operatori, nonché la necessità per le banche di affrontare scelte decisive e tempestive.
Dobbiamo dare atto alla Banca d’Italia di aver svolto un ruolo attivo e propositivo, di non essere rimasta inerte e, al Ministero dell’economia e delle finanze, di aver aperto un sito di consultazione con una relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, in attuazione delle deleghe previste dalla direttiva MIFID, proprio per guadagnare tempo. Non va dimenticato che su questa direttiva, definita da taluni un’autentica rivoluzione, si è registrato un alto livello di cooperazione istituzionale tra Parlamento Europeo, Commissione e Stati membri, un idoneo funzionamento della procedura Lamfalussy per conseguire un risultato adeguato per i mercati finanziari, per gli investitori e per i consumatori. Essa rappresenta l’ultimo tassello, dopo le altre direttive sulla trasparenza, sul market abuse e sul prospetto, nell’integrazione dei mercati finanziari, realizzando un punto di equilibrio tra apertura ai mercati e principio della trasparenza.
La rapida globalizzazione dei mercati finanziari è un’opportunità per l’Europa, perché possa diventare leader, se si guarda l’obiettivo di ridurre il costo del capitale, favorendo la crescita, migliorando le garanzie per gli investitori, migliorando la competitività nel suo complesso, così da aprire il mercato agli investitori. In sede europea sono emersi dubbi sulla flessibilità nel differimento della pubblicazione di informazioni sulle grandi operazioni e la interdipendenza delle operazioni inerenti agli strumenti derivati per non penalizzare i nuovi clienti e i nuovi mercati. Dobbiamo allora agire per un pronto recepimento della direttiva entro novembre, se vogliamo realizzare gli obiettivi, evitando i disallineamenti e le asimmetrie tra i mercati finanziari e borsistici nazionali. Le opportunità offerte dalla direttiva sono di gran lunga superiori alle sfide e la sfida sta nel costruire le piattaforme tecnologiche in grado di gestire le funzioni all’interno della piattaforma, perché si accresce la concorrenza, si migliorano i servizi, si riducono i costi per gli investitori, si favorisce l’apertura dei nuovi mercati, la possibilità per le società d’investimento di ripensare il business, di guadagnare in efficienza operativa e di centralizzare il businness.
La MIFID ha imposto trasparenza pre e post trade solo per il mercato azionario, escludendo il mercato obbligazionario. Resta questa una questione aperta rispetto alle esigenze di maggiori informazioni, lasciando agli Stati membri un regime di trasparenza per gli strumenti finanziari diversi dalle azioni. Dobbiamo dare atto al ministro Bonino di avere espresso una chiara e distinta posizione, che apprezziamo, rispetto alla pesante azione del Governo sulla vicenda Telecom. Esprimiamo dunque preoccupazione perché il Governo non è stato neutrale, ma parte attiva, come dimostra la telefonata pubblicizzata da Bernheim del Ministro dell’economia allo stesso Presidente delle Assicurazioni Generali. Una regia occulta ha imposto una soluzione più politica che industriale, privilegiando un nocciolo finanziario espressione del cuore finanziario del Paese. Prevalgono i salotti buoni alle scelte di mercato. E infatti l’operazione è stata bocciata dal mercato, perché vi sono state troppe invasioni di campo. E il presidente Salza, presidente del consiglio di gestione di Intesa San Paolo, non è stato forse ricevuto il 2 aprile scorso a palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio? Troppi rumors? E non veniva forse questa visita collegata alla partita Telecom, allorquando si affermava che le banche non erano fuori dalla partita? E allora non abbiamo sentito riflessioni serie rispetto al tentativo di impedire un’operazione di mercato, prima quella con AT&T, che aveva carattere industriale più che finanziario, per poi ripiegare sulla subordinata telefonica, impedita a novembre perché portata avanti dall’azionista senza mediazioni della politica. Cosa c’entrano le assicurazioni con la telefonia? Quali sinergie industriali potranno mai generare? O forse è stata stipulata, com’è stato detto, una polizza assicurativa sul controllo delle Generali contro scalate interne? Non è forse il caso di far chiarezza? Il Presidente del Consiglio si è mosso come se fosse ancora il Presidente dell’IRI, con Mediobanca nel ruolo della finanziaria del gruppo telefonico, come se fosse ancora una partecipata delle BIN e con un una banca nel ruolo delle defunte tre BIN. Resta il giallo delle lettere alla CONSOB e resta il giallo dei comunicati. E, per stare al tema, che c’entrano gli investimenti delle banche nella telefonia, dichiarati strategici per i riflessi su Basilea 2, rispetto all’esigenza di investimenti nelle piattaforme tecnologiche e con gli obiettivi della direttiva MIFID?
La vicenda Telecom è un pericoloso passo indietro rispetto all’esigenza di chiarezza e di trasparenza nell’affermazione di regole che esaltino la libertà economica piuttosto che controlli occulti, espressione non di un capitalismo democratico ma di qualcosa d’altro. Un’ultima considerazione: è stato detto che qualcuno considera Telecom come un’azienda di Stato.
Ebbene: è sufficiente vedere gli sponsor televisivi della manifestazione di ieri del 1° maggio: in prima fila erano Telecom, TIM e Poste italiane. (Applausi del senatore Ciccanti). È questo il risultato di chi vuole una Telecom azienda di Stato. Il Gruppo UDC manifesta consenso sugli obiettivi della direttiva ma, al tempo stesso, non può rinunciare ad esprimere fortissime perplessità sul metodo seguito. Questo significa svolgere un’opposizione costruttiva, ma ferma rispetto agli errori compiuti dal Governo che hanno vanificato il precedente lavoro parlamentare e di cui chiediamo conto perché rappresenta un costo per il Paese. (Applausi dal Gruppo UDC).