Convegno a Chianciano

 Convegno a Chianciano

Pluralismo finanziario o pensiero unico Banche popolari e territori, un legame vincente. Quale futuro?

Intervento Sen. Eufemi FESTA UDC

Chianciano Terme 14 settembre 2007

Un ringraziamento sentito a tutti i partecipanti e a quanti hanno accolto il nostro invito.

E veniamo ai punti nodali, visto che c’è una riforma in corso in esame al Senato e il rappresentante del Governo nei giorni scorsi ha manifestato grande fiducia nei confronti del varo della riforma.

Perché abbiamo voluto quest’incontro?

Abbiamo voluto questo incontro per fare il punto dopo le vaste trasformazioni del settore finanziario:

  1. con crescita dimensionale che ha portato a:
  • 3 grandi gruppi nazionali sono popolari
  • 25% raccolta
  • 26% sportelli
  1. presenze a maglia fitta:
  • 83% del network è fuori dalle grandi città (45% altri – sostegno alle PMI e famiglie)
  • 72% erogazioni al sistema produttivo (45% altri)
  1. reimpiego del risparmio locale
  2. ruolo nel Mezzogiorno dopo il crollo delle Banche meridionali e delle Casse di Risparmio.

Perché un partito come il nostro ha posto con forza l’esigenza di riflettere sul processo di consolidamento finanziario dopo la grande fase di M&A degli anni scorsi e davanti a scelte che sono di fronte a noi.

Anche in tempi recenti sulla stampa agostana sono prevalsi facili schematismi, contrapponendo riformatori a conservatori.

Respingiamo questa facile semplificazione con una visione antagonista.

Un partito che affonda le radici nella dottrina sociale cristiana non ha paura delle riforme.

Ha semmai timore e preoccupazione degli effetti negativi di scelte che possano pregiudicare quanto di positivo è stato realizzato nel corso di decenni.

Non ci piacciono le operazioni a tavolino che potrebbero avere conseguenze devastanti per il sistema delle popolari, che hanno saputo stare sul mercato migliorando le performance con vitalità e capacità, nonostante integrazione e globalizzazione recenti, con rischiosità più bassa e sconfinamenti inferiori rispetto alle S.p.a., perché hanno migliorato le condizioni di crescita del Mezzogiorno.

Sono state definite “banche con l’anima” per il legame tipico tra i soci, anzi “banche con tre anime”, secondo una definizione deritiana, perché incardinate nel sistema bancario, perché appartenenti a un grande movimento, perché operanti nel localismo e perché nei comportamenti c’è la forza motrice dei distretti industriali.

Hanno fatto nascere un mercato dei capitali dove non ci sarebbe stato, favorendo la allocazione del risparmio verso lo sviluppo, assumendo un ruolo di frontiera.

Qui non c’è la difesa di un consenso ma la difesa di un modello, assecondando la vocazione del sistema bancario locale.

La formula cooperativa esclude la possibilità di sfruttamento degli azionisti di minoranza da parte della maggioranza.

La trasformazione in S.p.a. prive del voto capitarlo ridurrebbe la concorrenza anziché accrescerla.

Ampia base sociale e voto capitario consentono di rappresentare nei propri processi decisionali le esigenze di molti stakeholders.

Il voto capitarlo è un principio democratico, di democrazia societaria.

È un modello che funziona: non lo stravolgiamo.

Piccoli cambiamenti possono essere utili; grandi cambiamenti possono essere dannosi.

Il limite del possesso azionario da 0,5 a 1 può favorire afflusso adeguato di mezzi finanziari: se si allarga troppo si restringe la base delle categorie produttive.

Favorire il processo di maturazione del management senza strappi. Va favorito dall’interno.

Il mercato attratto da prospettive speculative è più irrequieto ma più pericoloso.

Non rompiamo il giocattolo. Pensiamo alla Banca Popolare di Milano se la legge fosse in vigore!

L’Italia è un Paese manifatturiero: ad un’ossatura di PMI servono banche locali servite sensibili.

È stato portato l’argomento della scarsa partecipazione alle assemblee. Il problema è favorirlo, non metterlo in discussione.

C’è poi la vicenda della Popolare di Milano.

Questo è un Paese un poco strano. Abbiamo assistito al paradosso di tagli occupazionali morbidi per le due grandi operazioni di Banca Intesa e Unicredit-Capitalia, senza che il sindacato abbia obiettato alcunché, mentre in caso di altre fusioni abbiamo assistito a proteste sproporzionate anche dove c’era occupazione.

Sul punto della Popolare di Milano saremo innovatori e non conservatori perché pur favorevoli alla share economy, a forme di democrazia economica in una società industriale, non possiamo permettere che una operazione finanziaria venga pregiudicata da interessi particolari.

Siamo favorevoli allora al fatto che il peso dei soci dipendenti sia limitato alla percentuale del 10-15 per cento, così come è stato sottolineato, in conformità con la linea europea.

In questo incontro si fa riferimento al pensiero unico e al pluralismo finanziario perché riteniamo che non tutti i problemi si risolvano con la ricerca esasperata dell’economia di scala, perché vanno considerati i rischi della concentrazione del potere in poche mani, perché le piccole banche hanno svolto un ruolo rilevante nelle economie locali.

E allora sul pluralismo finanziario vorrei citare Il Governatore Menichella, le cui strategie di segmentazione dei mercati evitavano troppo stretti legami tra grandi banche e grandi imprese, che era convinto di una superiorità delle piccole banche rispetto alle grandi, per una migliore conoscenza del territorio e dei clienti. Secondo il Governatore “la molteplicità delle istituzioni creditizie è garanzia di equa distribuzione del risparmio raccolto”.

Per Menichella il rischio prevalente non era “dentro” il sistema bancario ma esterno ad esso.

Era il rischio della ricostituzione degli oligopoli industriali finanziari a danno dei consumatori e delle Pmi.

Luigi Einaudi riconobbe il valore degli utopisti creatori del grande movimento cooperativo, che ha mutato la faccia di talune società umane.

Un ruolo importante può essere svolto, così come è stato svolto in passato, dalle élite economiche e politiche per conservare il risparmio in un determinato territorio. È l’affermazione di un “capitalismo decentrato e democratico”, non oligarchico di tipo russo né di modello cinese.

No ad azionisti specifici: tutti devono partecipare al processo di formazione degli organi democratici.

No alle sollecitazioni delle deleghe perché nelle popolari si formano aggregazioni spontanee e non predefinite.

Sì al pluralismo dei modelli: il modello cooperativo non è snaturato nelle quotazioni, è componibile con le dimensioni grande-media-piccola.

Per noi c’è spazio per una ripresa del dialogo se si superano posizioni preconcette e se si guarda alla salvaguardia del pluralismo economico e finanziario.

Festa Udc

Chianciano Terme

Parco Fucoli

14 settembre 2007

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