Intervento su Finanziaria
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.
EUFEMI (UDC). Signor Presidente, avrei rinunciato volentieri a parlare su questo provvedimento, che affrontiamo dopo il passaggio alla Camera e mentre è in corso l’esame della legge finanziaria, ma sono stato stimolato dalla lettura della seconda sezione della Relazione previsionale e programmatica. Ho insistito fortemente affinché il ministro Padoa-Schioppa mandasse quella Relazione; finalmente la Relazione è arrivata e abbiamo potuto avere un quadro più nitido delle scelte pericolose e contraddittorie di questo Governo e di questa maggioranza.
Non solo vengono svuotate le Tabelle A e B, e quindi tutta la programmazione legislativa; non solo si determinano risparmi virtuali sui contenimenti della spesa: avete operato una manovra espansiva netta e, circa la spesa, intervenite sui consumi intermedi ma soprattutto sulla spesa in conto capitale.
Gli interventi per lo sviluppo ammontano a 13,2 miliardi, sia sull’entrata per le famiglie, con la riduzione dell’ICI e l’assegno per gli incapienti, sia sulle imprese con la razionalizzazione dell’IRES. A tale riguardo avete preferito però una soluzione ibrida, one off, come si diceva una volta, che voi criticavate contro Tremonti, anziché restituire agli incapienti il dovuto che sarebbe ammontato a 1.900 euro, come ci è stato detto nell’audizione della scorsa settimana da parte dei sindacati. Vi siete fatti uno sconto di 1.750 euro, perché ne date soltanto 150, e poi rimettete in discussione il welfare e l’accordo del 23 luglio.
Ma i dati più interessanti di questa relazione emergono dal grafico relativo alla pressione fiscale, dove si può constatare come questo Governo abbia puntato su un più forte prelievo rispetto all’atteggiamento del Governo precedente. Un prelievo che nella componente della pressione fiscale punta sulle imposte dirette piuttosto che su quelle indirette; e le serie storiche sia del passato che del futuro ne sono una chiara rappresentazione.
Se poi, signor relatore, onorevole relatore, senatore relatore, vorrà guardare la figura III.7, relativa alla spesa per interessi, potrà notare che essa cresce in misura significativa con l’avvento del Governo Prodi e crescerà progressivamente negli anni futuri, riverberandosi non solo sull’onere del costo del servizio, e dunque sul bilancio dello Stato, ma anche sul bilancio delle famiglie per i maggiori oneri sui mutui, soprattutto per quelli a tasso variabile. E voi, cosa fate? Alleviate le famiglie italiane con un intervento di 70 euro l’anno invece che con gli interventi più consistenti che sarebbero necessari.
Ma i risultati più interessanti dal punto di vista economico-finanziario emergono dagli effetti della legge finanziaria e dunque dai risultati che ne derivano sul bilancio integrato. Le maggiori spese finali per gli anni 2008, 2009 e 2010 ammontano rispettivamente a 24,7, 9,2 e 11,2 miliardi. Si registra un peggioramento dei saldi finanziari e in particolare del saldo netto da finanziare che arriva a meno 33,9 nel 2008, a meno 29,7 nel 2009 e a meno 9,3 nel 2010. Non migliora il rimborso delle passività finanziarie; peggiora il saldo relativo al ricorso al mercato, passando da meno 215 a meno 242 miliardi. Quindi, nuovo debito in valore assoluto e nuovo costo per il servizio, con tassi crescenti.
Questi sono i risultati fallimentari dalla manovra. Avete applicato poi un nuovo principio per gli enti locali, quello del «più spendi, più paghi», che determinerà un aumento della tassazione locale con fattori automatici di crescita.
Premiate invece i Comuni che hanno giocato d’azzardo, aiutandoli nell’estinzione anticipata dopo la scommessa (proprio una scommessa) sugli strumenti dei derivati.
L’impatto espansivo della manovra si può riassumere in una lieve riduzione di entrate, una pressione fiscale che resta su livelli prossimi ai massimi storici ed un sensibile incremento delle spese nette. Per di più, gli interventi sul versante delle spese, in termini di maggiori oneri, appaiono privi di un’evidente logica complessiva che consenta di qualificarne, chiaramente, la posizione di politica economica verso la riduzione permanente del deficit entro i vincoli comunitari. In tal senso, l’indicatore più evidente appare nell’incapacità di frenare la crescita continua della spesa primaria a tassi superiori a quelli del PIL.
La circostanza evidenzia di per sé come la correzione dei conti, pure intervenuta nel biennio 2006-2007, sia sin d’ora seriamente ipotecata dai rischi di un deterioramento per gli anni 2008-2011, nella prospettiva di eventuali peggioramenti della congiuntura economica, che si riflettano in un rallentamento della crescita delle entrate o, addirittura, in una loro diminuzione in valore assoluto, a fronte dei quali la rigidità nella crescita inerziale della spesa corrente determinerebbe il ritorno del debito pubblico su un profilo di accelerazione della crescita. In altri termini, l’elevato livello di partenza dello stock di debito avrebbe consigliato un approccio di politica economica più prudenziale, in modo da mettere al sicuro, per il futuro, i risultati conseguiti nel biennio 2006-2007.
L’orientamento adottato invece con la manovra 2008 sembra contraddistinto da un evidente «allentamento» della morsa sui conti pubblici, al fine non taciuto di evitare uno “strozzamento” del sistema economico, dopo una risalita di 2,5 punti della pressione fiscale registrata nel biennio 2006-2007. D’altronde, è chiaro che un tale indirizzo di politica finanziaria concretizza, in ogni caso, sul piano contabile, un peggioramento di 4 decimi percentuali del deficit della pubblica amministrazione in rapporto al PIL, configurando una manovra di indubbio segno espansivo, su basi «finanziarie» per giunta assai precarie, essendo ancora ampi i margini di recupero sul versante della riduzione del debito pubblico e della crescita dell’avanzo primario. Difatti, nel merito delle scelte di intervento adottate, la manovra si disperde ancora una volta in una serie di microinterventi, mille rivoli, che testimoniano della difficoltà di governare la spesa corrente iscritta in bilancio.
Sotto il profilo tecnico, le criticità sono per giunta aggravate dai rischi insiti nelle stesse quantificazioni delle misure introdotte, rispetto a cui, a fronte del loro valore facciale assunto nel quadro di previsione, appaiono, a ben vedere, sovrastimati gli effetti ascritti, con particolare riferimento sia ai recuperi di gettito derivanti dall’allargamento della base imponibile, che ai risparmi di spesa sul fronte della razionalizzazione degli organi politici e su quello della gestione del patrimonio immobiliare pubblico. Inoltre, è da osservare l’effetto aggiuntivo derivante dall’attuazione delle misure di tono espansivo una tantum, per il solo 2007, già adottate in precedenza con l’utilizzo dei cosiddetti tesoretti, per cui si creeranno (sicuramente) forti, fortissime pressioni per la loro reiterazione anche negli anni a venire, con un peggioramento del saldo di bilancio ipotizzabile in 3 decimi di punto.
Conseguentemente, appare assai probabile l’eventualità che il deficit torni nuovamente ad essere superiore al 3 per cento nel 2009. Altro che partito del «tassa e spendi», come scriveva stamattina il presidente Dini, qui siamo oltre; è una manovra in deficit, in deficit spending, quindi da bocciare. Facciamo appello a chi ha a cuore il bene del Paese, a chi guarda dentro i conti pubblici per bocciare una manovra in deficit, che non può essere avallata, soprattutto per le incertezze sulla crescita che rischiano di far saltare gli obiettivi previsti, aggravando il deficit e, quindi, il costo del servizio.
Per queste ragioni, Presidente, esprimo un giudizio fortemente critico sulla manovra complessiva.