Intervento al convegno “l’impegno civico dei cristiani per il bene comune”, a Torino, Villa Gualino 6 marzo 2008
Intervento sen. Maurizio Eufemi
“L’impegno civico dei cristiani per il bene comune”
Torino, Villa Gualino
6 marzo 2008
Cari amici,
non ci stancheremo mai di ribadire e rafforzare il messaggio del Family Day.
Oggi siamo qui ancora una volta per consolidarlo, come abbiamo fatto ripetutamente: sempre qui a Torino, nel mese di giugno, abbiamo organizzato l’incontro dei Cristiani Motivati e poi, recentemente, abbiamo presentato insieme con l’On. Volonté il suo libro “Furore giacobino”.
Oggi, in questa iniziativa di partito, espressione del lavoro della Consulta promossa dal senatore Luca Marconi, allarghiamo gli orizzonti della nostra azione a tanti soggetti che operano concretamente a volte nell’ombra.
Era fine gennaio quando ci siamo incontrati a Palazzo Barolo e quelli erano giorni duri per chi, come noi, pensa che la Chiesa non imponga nulla, né al politico né al cittadino. Una parte dell’Italia in quei giorni aveva attaccato violentemente Sua Santità Benedetto XVI e gli aveva impedito di partecipare all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università La Sapienza di Roma.
Ma dietro l’impedimento c’è l’idea, inaccettabile, che in democrazia la religione debba essere esclusa da qualsiasi spazio pubblico; che esistono orientamenti culturali e ideali — e quelli religiosi sarebbero i primi tra questi — i quali sono radicalmente incompatibili con la società democratica, con il suo ethos pubblico e più in generale con una moderna visione del mondo. E che quindi nell’università possa trovare posto e avere corso esclusivamente quello che si autodefinisce il «libero pensiero».
Con il risultato del Referendum sulla procreazione assistita del 2005 e il Family Day del 2007 abbiamo dimostrato l’esistenza, ancora oggi, in Italia di un vasto popolo cristiano che crede e lotta per i “valori non negoziabili” ricordati da Papa Ratzinger nella famosa udienza ai rappresentanti del P.P.E. del 2 maggio 2006.
Come nelle occasioni che abbiamo ricordato, anche oggi vogliamo dire il nostro sì fermo alla vita. In Italia si sente aria di cambiamento: c’è un popolo in continuo divenire che sta emergendo sempre più vistosamente. È un popolo che ha iniziato il suo cammino da lontano e che, come ha ricordato recentemente il senatore Rocco Buttiglione, “insieme a Chiara Lubich e Luigi Giussani, era un popolo che non aveva né TV né denaro. Un movimento culturale e morale di un popolo. Questo oggi occorre dare all’Italia e bisogna offrire le occasioni di cambiamento”.
A questo popolo va data voce politica. C’è estrema coerenza tra le settimane cattoliche e l’impegno politico: questo è un popolo che guarda con le prospettive cristiane al bene dell’Italia. Come ha ricordato Benedetto XVI al convegno ecclesiale di Verona del 19 ottobre 2006, “La Chiesa, dunque, non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico. La fede cristiana, infatti, purifica la ragione e l’aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato”.
Quindi che cosa dobbiamo fare noi come uomini laici?
Dobbiamo arginare e respingere gli attacchi di chi vuole distruggere l’idea stessa dell’uomo con iniziative scellerate che vengono proposte con insistenza e tenacia anche in sede parlamentare (maggiore libertà per abortire, meno vincoli per il divorzio, revisione della legge sulla fecondazione assistita, pillola del giorno dopo, doppio cognome, pacs-dico-cus, allargamento del concetto di genere sessuale, testamento biologico-eutanasia, possibilità di adozioni da parte di omosessuali, restrizione delle libertà e delle possibilità economiche per la scuola non statale, legalizzazione della prostituzione, legalizzazione della droga, ricerca che prevede la distruzione di embrioni, lavoro nei giorni di festa).
In sintesi dobbiamo essere espressione della realtà delle famiglie, le famiglie intese soprattutto come realtà fiscale, economica.
Dobbiamo tenere in considerazione il concetto di “salario familiare”, il sentire comune degli italiani, che non è altro che la Dottrina sociale della Chiesa.
Dall’altro lato dobbiamo tenere conto dei bisogni delle famiglie con un’area di esenzione fiscale e di detrazioni per la libertà educativa e per la crescita dei figli.
Se è vero che oltre ventimila aborti sono causati da situazioni di estrema povertà, è lì che dobbiamo intervenire. Dobbiamo compiere sforzi per aiutare le famiglie.
Dobbiamo ricordare quanto abbiamo fatto in passato e gli impegni da assumere nel futuro. Per il passato l’on. Berlusconi ha la memoria corta, perché avevamo fatto nella scorsa legislatura una buona riforma, la grande riforma fiscale che è rimasta inattuata per scelta politica, forse perché comprendeva quelle scelte in favore delle famiglie che erano più vicine all’economia sociale di mercato che a sfrenato liberismo economico.
Non mi stupisco che Berlusconi non abbia firmato l’appello del Forum delle Famiglie “Per un fisco a misura di famiglia”. Berlusconi così come Veltroni.
Ecco la nostra diversità.
Non abbiamo timore di parlare dei temi etici che non possono essere nascosti in questa campagna elettorale e quindi parlare della vita, della morte, della educazione, contrastando il relativismo come spirito del tempo, come ha sostenuto il cardinale Carlo Caffarra.
Questo è il nostro impegno per il futuro: guardare alla famiglia numerosa, favorire la natalità, consentire di tenere conto di una serie di detrazioni fiscali, nella cura e nella educazione dei figli.
Sono punti irrinunciabili se vogliamo un autentico pluralismo sociale e non il pensiero unico berlusconiano.
Ma c’è un ulteriore punto su cui riflettere: la emergenza educativa di fronte alle difficoltà che si presentano in quella che è una vera e propria frattura.
Dobbiamo operare come ponte generazionale, assumendoci le responsabilità ovunque si presentino: nelle idee, nella formazione delle leggi, negli orientamenti.
Dobbiamo dare un contributo forte in questo senso.
Quale modello possiamo aspettarci da quello delle veline?
Ecco la nostra diversità.
E quindi, da politici, dobbiamo essere capaci di uscire da questo accerchiamento culturale e mediatico, fornendo un pacchetto di proposte capace di rilanciare e affermare nel tempo una visione della persona umana rispondente alla sua piena dignità: politiche a favore della crescita demografica, protezione dei malati e degli anziani, difesa dei lavoratori delle fasce più deboli, libertà di educazione, aiuto allo sviluppo nei paesi più poveri, promozione della democrazia economica e finanziaria, lotta alla criminalità e alla corruzione, educazione alla legalità, eliminazione dei privilegi nella pubblica amministrazione statale e locale, interventi a sostegno della pace e della cooperazione internazionale.
Grazie per l’attenzione.
Sen. Maurizio Eufemi
Torino, 6 marzo 2008