Il piano casa e l’occupazione

Il piano casa e l’occupazione

Di fronte al piano casa del governo Berlusconi stanno prevalendo le pregiudiziali ideologiche del passato piuttosto che il realismo del presente. Un ambientalismo conservativo e paralizzante di una sinistra radical chic ha fatto ricorso agli appelli e ai manifesti per contrastare la scelta del governo. L’opposizione è pronta a criticare l’Esecutivo perché non fa nulla per combattere la crisi e poi di fronte ad una idea buona e concreta, certo da perfezionare rispetto ai limiti dell’intervento, alle procedure e ai controlli, anziché confrontarsi sulla bontà della stessa e sulla capacità di combattere la crisi e rimettere in moto l’economia, alza le barricate nel segno della opposizione al cemento. Si dimentica che l’edilizia è l’unico settore che non soffre di contraddittorie delocalizzazioni che riducono l’impatto degli aiuti di Stato e che interessano il settore auto e perfino l’industria bancaria. Non va dimenticato che alcuni servizi bancari vengono prodotti in Polonia come in Romania; l’edilizia è un comparto in grado di dispiegare innegabili effetti positivi sull’economia interna, senza effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti, dando una spinta forte all’occupazione proprio verso i più deboli, anche verso gli immigrati quelli che vivono e soffrono la accresciuta precarietà del lavoro. E’ dunque una misura che non svolge solo una azione economica anticiclica ma riduce potenzialmente tensioni sociali che non vanno sottovalutate. Il piano casa può e deve infatti essere l’occasione per combattere la evasione diffusa introducendo il contrasto di interesse semplificato (modello voucher in agricoltura) contrasto di interesse per lavori fino a una certa entità (modello voucher in agricoltura e per lavori stagionali) con un duplice effetto positivo sul fisco e sulla previdenza. 

E invece la sinistra, anche nella sua nuova dirigenza, ancora una volta si dimostra incapace di misurarsi sul terreno della sfida politica, prigioniera della ideologia e della paura di scegliere, incapace di guardare non solo agli aspetti positivi, ma, ed è più grave, ai bisogni della gente.

Roma, 25 marzo 2009

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