L’allarme di Draghi e la responsabilità dei banchieri
Draghi nelle considerazioni annuali richiamando il coraggio dei banchieri nella fase ricostruttiva del dopoguerra ha posto una questione centrale rispetto alla difficile situazione e soprattutto alle prospettiva di ripresa.
Siamo di certo in una situazione diversa, perché è diversa la natura delle banche che erano pubbliche per il 70 per cento in quella fase, privatizzate negli anni novanta. Non ci sono più le Banche di Interesse nazionale, né gli istituti di credito di diritto pubblico né le sezioni speciali per il credito che tanto ruolo hanno avuto nello sviluppo dei settori e dei distretti produttivi. Se le aziende bancarie si muovono nell’esclusivo merito del credito e la pressante moral suasion del Governatore risulta inascoltata, allora occorrerà che l’Autorità di vigilanza e l’Esecutivo ne prendano atto e assumendo iniziative conseguenti con strumenti pubblici e canali alternativi capaci di soddisfare le esigenze di credito di larghi settori produttivi e soprattutto delle PMI.
La preoccupata analisi del Governatore è pienamente condivisibile. Da lì si deve muovere per un riequilibrio che getti le basi affinché tutte le barche possano alzarsi sulla onda della ripresa.
Il piano di azione degli anni cinquanta sulla lungimirante spinta della Banca d’Italia poggiò i suoi pilastri sul decentramento del credito industriale per superare i deficit di finanziamento dei fabbisogni finanziari e sull’adeguamento del sistema bancario alle caratteristiche del sistema per contrastare gli squilibri attraverso la bancarizzazione del Paese allargando le aree dello sviluppo allora troppo concentrato.
I risultato di questa strategia finalizzata ad una migliore allocazione del credito che vide Menichella come protagonista nel salvaguardare la presenza delle banche radicate sul territorio, fu una crescita delle PMI del 20 per cento sul tasso di occupazione negli anni sessanta.
Se i Tremonti bonds non vengono utilizzati dalle banche maggiori per sostenere il sistema produttivo delle PMI, non resta che prenderne atto ed inventare un canale operativo che permetta di soddisfare adeguatamente la domanda complessiva di credito raggiungendo un obiettivo che non è solo finanziario, ma economico e sociale. Se le banche, guardano solo ai dividendi, ma come industria del credito rinunciano ad avere il coraggio d’impresa, si agisca di conseguenza riscoprendo e rafforzando riscoprendo e rafforzando la funzione pubblica nel riequilibrio della erogazione del credito chiamando la Cassa Depositi e Prestiti ad un ruolo più incisivo. Nessuno, tanto meno i banchieri, possono sottrarsi al coraggio delle responsabilità.
Roma, 3 giugno 2009