Il Tesoro ferisce la autonomia della Banca d’Italia

Il Tesoro ferisce la autonomia della Banca d’Italia

Con la manovra di luglio il governo ha posto in campo una serie di misure anticrisi anticipando di fatto la sessione d’autunno, ormai svuotata dalla riforma che cancella la legge finanziaria in corso di approvazione. 

Nel decreto figurano scelte legislative alcune pienamente condivisibili e apprezzabili che vanno verificate nelle loro potenzialità ed efficacia temporale. Tra queste rientrano la detassazione sugli utili reinvestiti, non a pioggia, ma in modo molto selettivo relativamente ai macchinari, e dunque il settore meccanico, che privilegia certo il nord, guardando alla ripresa e accrescendo le potenzialità di sviluppo competitivo a monte e a valle del sistema produttivo; viene stoppato inoltre con la disposizione sulle commissioni bancarie il tentativo di aggiramento delle aziende bancarie sulla commissione di massimo scoperto che per le banche significava un peso rilevante sulle voci dell’attivo di bilancio. 

Positivo il contrasto ai patrimoni detenuti nei paradisi fiscali in attesa dell’orientamento comune tra gli Stati sul rientro dei capitali. Nel pacchetto è prevista una norma che appare marginale ma che suscita preoccupazione e che va oltre l’entità del gettito. La decisione di Tremonti di tassare le plusvalenze delle riserve in oro della Banca d’Italia, al netto di quelle conferite alla BCE, stante la esiguità del gettito, inferiore ai 70 milioni di euro di gettito, appare illogica ed apre una via pericolosa ponendo quella che era l’istituto di Emissione sotto la mannaia del Ministero dell’Economia e delle Finanze, vulnerando la sua indipendenza. la autonomia gestionale e anche patrimoniale. Viene infatti toccata nelle sue scelte strategiche finalizzate ad un oculato rafforzamento delle riserve, condizionandone le scelte operative. Viene penalizzata la sua buona e attenta gestione delle riserve che vengono costantemente rimodulate in un equilibrato mix di oro e valute estere, come dimostrano i bilanci della Banca di Italia.

Non essendo ancora maturata una soluzione ottimale rispetto alla proprietà della Banca d’Italia, con valutazione e riacquisto delle quote e successiva redistribuzione, il governo interviene attraverso la via fiscale sul patrimonio stesso della banca centrale. Cosicché dopo questo primo assaggio l’aliquota del prelievo potrà essere disinvoltamente elevata dall’Esecutivo. E chi dice poi che il prelievo non possa interessare altre plusvalenze tra le altre componenti delle riserve come le valute estere detenute. Da varie parti si sostiene che debba prevalere il modello leggero anglosassone. Non dovremmo mai dimenticare che la Gran Bretagna non fa parte del sistema della Banca Centrale Europea, preferisce ancora la sterlina all’euro. Cerchiamo allora di difendere il modello europeo e quello italiano e quello della Banca d’Italia in particolare che si è dimostrato vincente e che ha permesso di superare nel passato situazioni di crisi, evitando di seguire i disastri recenti del capitalismo americano e anglosassone con le conseguenze in termini di crisi economica e di occupazione che stiamo fronteggiando anche con misure che non ci piacciono. 

Se viviamo una crisi di fiducia perché si va a toccare l’assetto delle riserve che salvaguardano la fiducia verso l’autorità di vigilanza chiamata nella importante funzione di vigilanza sul sistema bancario, sul mercato finanziario e sugli intermediari non bancari?

Roma, 30 giugno 2009

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