Il congresso del PD e l’applausometro
Il congresso del PD prosegue con passo incerto. Non è in discussione solo la leadership del partito, ma il futuro del partito stesso stretto tra continuità e innovazione. Il vero confronto tra i due candidati Franceschini e Bersani si sposta allora sulle piattaforme programmatiche e sulla strategia delle future alleanze. Entrambi sembrano avere messo in soffitta le scelte veltroniane che hanno portato alla dissoluzione dell’Ulivo prodiano. Bersani ha vinto i congressi del partito con maggiori consensi nei militanti e negli iscritti. Franceschini ha vinto l’appausometro dei consensi della convention congressuale. Ma può un partito farsi condizionare dall’applausometro del Marriott. Può un partito che vuole ergersi a modello democratico per tutti gli altri partiti assumere come modello “Settevoci”, la popolare trasmissione di Pippo Baudo di fine anni sessanta, quando due cantanti si sfidavano e vincevano sulla base dell’applausometro degli ospiti dello studio televisivo o il modello ” Bandiera Gialla, di Arcore e Boncompagni nello studio Rai di Via Asiago? Questo congresso del PD è un grande pasticcio. Prima il voto degli iscritti, poi il congresso, infine le primarie che possono rimettere in discussione tutto. Quale può essere lo stato d’animo degli iscritti e degli elettori di fronte ad una procedura congressuale così complicata, così tormentata, lacerante che non fa chiarezza delle posizioni e che non potrà essere superata nel breve periodo. Il saggio Marini ha tentato di fare il pontiere, come Taviani al congresso della DC del marzo 1976 che elesse Zaccagnini alla Segreteria. Purtroppo tutte le incertezze del Partito Democratico si scaricano sulle Istituzioni perché l’ incertezza nella linea politica si traduce in incapacità di svolgere una ruolo di opposizione responsabile senza rincorrere il dipietrismo e la costruzione del nuovo Ulivo. Purtroppo prevarrà una strategia miope; mentre le maggioranze solide richiedono tempi lunghi e soprattutto azioni politiche credibili e responsabili. Forse il PD aveva bisogno di un “caminetto” e di un vecchio saggio piuttosto che un inutile conflitto generazionale.
Roma, 13 ottobre 2009