I sindacati sono fermi al passato
I sindacati, sulla vicenda Fiat, cercano ancora una volta una visione di retroguardia. Si tenta di aprire un fronte politico condizionando l’erogazione degli incentivi fiscali all’impegno di Fiat di mantenere l’occupazione anche in siti ormai improduttivi come Termini Imerese. Dimenticano che i vantaggi fiscali non sono solo per la Fiat, ma per tutti i produttori mondiali, perchè siamo in un mercato aperto e globalizzato. Dimenticano che la capacità produttiva domestica nel settore auto non presenta la stessa produttivà presente in altri siti sia interni che esteri come in Polonia, Brasile. Le cifre parlano chiaro. Con due terzi dei dipendenti dei siti italiani in Polonia e Brasile si raggiungono volumi produttivi doppi. Quindi maggiore produzione con minore occupazione. Quelle risorse finanziarie, che una volta si chiamavano oneri impropri potrebbero essere più utilmente indirizzate verso le piccole e medie imprese, ma su questo i sindacati sono miopi. Non sono interessati ai problemi di settori né inquadrati né sindacalizzati, come pure ai problemi del terziario e delle professioni che soffrono anch’essi la crisi economica. Si dice da più parti che il Paese deve essere pronto a cavalcare l’onda della ripresa economica. L’onda della ripresa non si cavalca guardando al passato, ma al futuro. Ebbene, superata la legge finanziaria ormai definita nelle sue scelte essenziali che hanno privilegiato il controllo dei conti pubblici, sarebbe bene riflettere sulla necessità di puntare sulla spina dorsale della nostra economia, che è rappresentata dal sistema della PMI sostenendole nella fase di una più accentuata internazionalizzazione verso il nuovo baricentro asiatico dei mercati mondiali. Utilizzare allora questo periodo per definire una piano di politica industriale che non può prescindere dal creare le “serre dello sviluppo” favorendo in modo particolare la consulenza agevolata per le PMI che senza i supporti di conoscenze adeguate, non sono nelle condizioni né di conoscere quei lontani mercati, né di sopportare gli alti costi, né di intercettare l’onda tecnologica. C’è bisogno di una nuova 217, uno strumento legislativo che negli anni novanta si è dimostrato straordinario. Aggiornata ai tempi nuovi, orientata alle conoscenze, in modo da premiare la modernizzazione con la incorporazione di tecnologie più complesse, la ricerca di nuovi mercati, una maggiore crescita dimensionale anche attraverso aggregazioni e consorzi e soprattutto con cambiamento radicali nelle modalità gestionale.
Si tratta in definitiva di spostare l’asse verso l’orizzonte manageriale-imprenditoriale accompagnato da una più marcata consulenza manageriale. Non c’è allora il solo il problema dei flussi di credito alle PMI, ma della modernizzazione dei sistemi produttivi e dell’ ampliamento e allargamento dei capitali nelle piccole imprese. Un sistema bancario più efficiente e meno ripiegato su se stesso può dare un contributo rilevante. Ma il compito primario spetta alla politica con chiare scelte di politica economica senza i condizionamenti sindacali.
Occorrono scelte pubbliche responsabili, che non siano di retroguardia ma che privilegino il futuro del Paese chiamato a sfide nuove e impegnative.
Roma, 1° dicembre 2009