Se Casini colpevolizza la DC…

Se Casini colpevolizza la DC…

L’abbuffata mediatica di questi giorni del leader dell’UDC rischia di risultare indigesta. Se si marcia sul filo del doppio binario si rischia di finire fuori strada. Non c’è stata solo la incauta e disastrosa evocazione del CNL utilizzato strumentalmente per difendere la difesa della Carta Costituzionale in realtà una ammucchiata politica geneticamente innaturale, in stile Via Gradoli per usare un nobile argolento per giustificare una alleanza tesa solo alla conquista del potere senza alcuna chance di garantire la governabilità. Abbiamo ascoltato affermazioni sorprendenti, forse mosse solo nel tentativo di un più forte accreditamento verso l’establishment finanziario alla perenne ricerca di una leadership alternativa. In una recente esternazione il leader dell’UDC ha confessato il suo pentimento per la DC che ha generato debito pubblico e guardando, oggi, con il senno di poi, alla posizione rigorista del partito repubblicano. 

Quella DC era guidata da De Mita, suo alleato di oggi. Posto che anche il PRI faceva parte delle maggioranze che avevano la responsabilità di governo del Paese. Nel governo Spadolini con La Malfa Ministro del Bilancio e Andreatta al Tesoro il tetto del deficit fu sfondato del cinquanta per cento. Nella Dc la posizione rigorista fu coraggiosamente rappresentata da una pattuglia di deputati come Mario Segni, Roberto Mazzotta e Gerardo Bianco che avevano dato vita alla corrente di “Proposta” e guardavano con severità all’uso delle risorse pubbliche con comportamenti e atti conseguenti. Il leader dell’UDC dimentica che l’Italia, come Stato Unitario nasce con un debito pubblico (0,90 del PIL). E’dunque un paese con un debito pubblico elevato. In 53 anni in quasi 150 anni di storia ha registrato un debito superiore al 100 per cento. Qualsiasi interpretazione sulla evoluzione del debito pubblico deve attribuire rilievo essenziale alla forte dipendenza della nostra economia dal ciclo internazionale e da quello europeo, dalla spirale inflazionistica, dalla evoluzione dei tassi di interesse che si è sempre riflessa sul costo del debito con effetti esplosivi nel decennio 1983-1993. Su quella dinamica hanno inciso decisioni di politica economica come la separazione Tesoro- Banca d’Italia con il cosiddetto ” divorzio”, decisione giusta nel momento sbagliato, che è risultata molto onerosa, in presenza di tassi di interesse a due cifre. 

Il leader dell’UDC non può disinvoltamente dimenticare il modello di welfare costruito sulla spinta della stagione della solidarietà nazionale che ha poi scaricato l’onda di piena in un contesto economico meno favorevole. Fu un tentativo di allentare le tensioni sociali e il conflitto sociale nelle fabbriche e nel Paese, durante gli anni di piombo mentre spargeva lutti il il partito armato. Furono operate forti correzioni nella distribuzione del reddito verso le famiglie. Dimentica i doppi shock petroliferi che avrebbero mutato le condizioni dello sviluppo. Certo ci furono anche errori come l’assunzioni di eccessivi oneri impropri nelle Partecipazioni Statali e la scarsa attenzione degli enti di gestione al valore della economicità.

Con il suo tardivo pentitismo Casini dimostra ancora volta tutto il suo cinismo politico. Per i democristiani non pentiti hanno più valore le parole di Guido Carli per il quale non bisognava avere complessi di colpa. “L’affermazione che i mali della nostra economia risalirebbero all’estensione assunta dall’assistenzialismo e la supposizione che siano esclusivi del nostro Paese denota un angusto provincialismo che conviene scuotersi di dosso. I tutti i paesi industriali si è compiuta una rivoluzione nella distribuzione del reddito fra i gruppi sociali e si è compiuta pacificamente perché la funzione ridistributiva è stata assunta dagli Stati”.

Roma, 15 dicembre 2009

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