Il decreto Ronchi, l’ACEA e il comune di Roma
Il consiglio Comunale di Roma esaminerà giovedì 11 febbraio la questione ACEA dopo l’innovazione del decreto Ronchi che prevede la riduzione progressiva al 30 per cento entro il 2015 delle quote detenute dal Comune stesso. Si tratta di una scelta delicata e difficile dovendo dismettere una quota del 21 per cento. Quale sarà l’orientamento del Comune di Roma: quello di modificare il quadro delle alleanze che vedono oggi la presenza rilevante dei francesi di GDF Suez SA detentori del 9,981, presenza sostenuta con forza dalla precedente amministrazione di sinistra, oppure privilegiare un nuovo quadro di riferimento meno internazionale e nuovi soggetti più rispondenti al territorio e al tessuto economico e finanziario locale? Appena sotto la soglia dell’8 per cento figura il Gruppo Caltagirone, attraverso 5 società controllate, con il 7,936 per cento del capitale fino al 4 febbraio 2010, allorquando è salito all’8,945. Il Pictet Funds è sceso sotto la partecipazione rilevante del 2 percento dal 3,607 che deteneva fno al 15 gennaiom mentre il 4 febbraio è entrato il fondo di gestione del rispoarmio Prysmian spa con il 3,323. Si tratta di capire se la giunta Alemanno nel rispetto delle scadenze e del relativo procedimento di dismissione si muoverà nella direzione della apertura al mercato allargando la base del flottante, attualmente del 27 per cento oppure si muoverà nella definizione di un nuovo nucleo stabile. Il decreto Ronchi può rappresentare per la città di Roma e per il Lazio l’occasione di una svolta anche culturale, quella di allargare la partecipazione azionaria a nuovi soggeti, nuovi stakeholders, nuovi rappresentanti della comunità, nuovi investitori istituzionali.
Un ruolo positivo in questo senso può essere giocato ed espresso dalla Fondazione Roma. La stessa Fondazione Roma che, in controtendenza, ha perseguito brillantemente la diversificazione dei rischi di investimento avrebbe l’occasione di un investimento in una multiutility nei servizi pubblici locali legata al territorio con una mission in un bene pubblico come l’acqua. Per una fondazione di origine bancaria avrebbe il significato ulteriore diversificazione riducendo gli investimenti strettamente finanziari. Molte Fondazioni bancarie impantanate nella foresta pietrificata hanno dovuto fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria che ha finito per portare ad un dimagrimento dei ricchi dividendi del passato. La ricerca del maggiore guadagno in una fase in cui il titolo è quotato poco sopra i 7, 5 euro (16 milioni di euro circa per ogni punto percentuale del capitale sociale ai valori di borsa attuali ) non può che passare attraverso la scelta istituzionale nel segno della chiarezza e della trasparenza. Essa offre più garanzie che non oscure manovre per soddisfare appetiti che inevitabilente si manifestano e si manifesteranno. C’è poi il problema della eventuale revisione dello Statuto per il mantenimento o meno della sterilizzazione dei diritti di voto rispetto all’attuale soglia limite dell’8 per cento. Tutti problemi che si sommano con l’urgenza di definire un percorso che si scontra tra chi vuole procedere da subito e chi vuole guadagnare tempo.
Qualunque sia la decisione, è la politica che deve assumersi la responsabilità di scelte che guardino al bene comune piuttosto che agli interessi di pochi. Il sindaco Alemanno e la sua giunta sono chiamati a scelte difficili e non senza significato, ma che acquistano un particolare significato nella opinione pubblica nella imminenza della scadenza elettorale regionale. Sarebbe un segno di disponibilità al confronto se su una questione così delicata si procedesse attraverso un ascolto delle forze vive della città, sia degli ambienti economici e sociali che di quelli culturali, un ascolto del PDL e delle forze politiche che sostengono la Giunta Alemanno, privilegiando una soluzione maturata con il consenso di molti e non di pochi.
Roma, 11 febbraio 2010