La paura delle elezioni
La paura delle elezioni fa brutti scherzi soprattutto a quelli che pensavano di avere già abbattuto il governo con una manovra di palazzo.
Volevano il governo super Ciampi per tranquillizzare i mercati finanziari dimenticando che per il Ciampi 1 del 1993 i problemi di finanza pubblica era domestici, mentre ora siamo in una fase di crisi finanziaria internazionale con pericolosi allargamenti del contagio.
Non hanno tenuto in considerazione che non si può rilanciare senza buone carte e senza correre il rischio che l’avversario, come in una partita a poker, venga a vedere che cosa hai in mano. Hanno rilanciato con due sette, come le percentuali dei sondaggi di cui sono accreditati. Hanno irresponsabilmente sottovalutato lo scenario successivo al 14 dicembre, con un quadro istituzionale precario e con il grave rischio di una forte speculazione internazionale sulla pelle del Paese con pericolosi riflessi sui conti pubblici. E, allora, altro che consenso di convenienza sulla legge di stabilità ? Altro che tregua fintamente responsabile di un mese in attesa del 14 dicembre. Per quelli della mozione di sfiducia facile sarebbe arrivato il conto di un disastro politico prima che finanziario. Ci vuole poco a scrivere una mozione in nome dell’antiberlusconismo; più difficile è valutarne e controllarne gli effetti, le conseguenze, le prospettive per il Paese.
Quando si sono accorti che i numeri parlamentari sia al Senato che alla Camera per il 14 dicembre esistevano, non solo sulla carta, e già dalla scorsa settimana, hanno cambiato strategia. Stanno precipitosamente mettendo la “indietro tutta mediatica”. Quando si sono accorti che avevano messo in moto un meccanismo incontrollabile hanno cominciato con i distinguo, le differenze, la presa di distanze, le proposte, nuove formule, per uscire dall’angolo dopo avere compreso tardivamente che sarebbero andati a sbattere.
E allora hanno tirato il freno, ma non basta ad arginare il disastro politico. Quando Casini propone l’offerta di un governo di armistizio e parla di “nuovo polo” si pone due obiettivi. Da un lato ha la esigenza giustificazionista di potere dire alla sua base e ai suoi riferimenti che ha ricevuto un no dal PDL rispetto ad una offerta politica improponibile, come è ovvio che sia. E’ il modo per uscire dal limbo di una posizione politica e una strategia senza prospettive; dall’altro insegue il sogno del “nuovo polo” appunto quello che prevede una parte del PDL, la spaccatura del PD con ex popolari ad ingrossare un UDC ormai “margheritizzato”, vista la impossibilità di guidare un fronte ormai nelle mani di una sinistra ricompattata su Pisapia in Milano e in prospettiva nazionale sul carisma, sulla personalità e sul leaderismo di Niki Vendola. Questo scenario azzera le speranze di Casini soprattutto con l’attuale legge elettorale.
Anche se i numeri offrono la garanzia della fiducia, data la situazione, il chiarimento elettorale offre più garanzie di un quadro di precarietà parlamentare che resta in ogni caso nella responsabilità di chi ha creato instabilità e ingovernabilità.
Roma, 22 novembre 2010