La figura di Mario Monti, il sottostato: dove va la democrazia?
Mario Monti è una figura di indubbio prestigio interno e internazionale, che è stata chiamata ad una impresa eccezionale, quella di guidare il Paese nel pieno di una tempesta finanziaria che coinvolge non solo l’Italia ma l’intera Europa.Mario Monti ha impresso all’Esecutivo il suo stile, quello della riservatezza. Un atteggiamento sobrio si scontra con le esigenze di una informazione drogata che ha finito per assumere i contorni di un reality. Si è finora privilegiata la quantità alla qualità. Siamo di fronte ad una vera e propria alluvione di notizie che si scontra con una attenta doverosa selezione.Mario Monti gode peraltro di un mutato benevolo atteggiamento della grande stampa nei confronti dell’Esecutivo. Eppure si riscontrano molte anomalie e molte zone d’ombra non sufficientemente illuminate dai media.Nella formazione del Governo si è privilegiata la opzione tecnica rispetto alla presenza di politici. Le figure di Amato e Gianni Letta che con la loro esperienza avrebbero portato elementi di competenza, saggezza, professionalità, esperienza sono state sacrificate sull’altare della discontinuità. Forse se avessero partecipato al Consiglio dei Ministri convocato per la nomina dei sottosegretari avrebbero potuto dare buoni consigli e sventato qualche furbizia. La questione è di esempio per quanto potrà avvenire nell’azione di governo nell’esame dei singoli provvedimenti, laddove si può registrare un vuoto nella conoscenza degli effetti e dell’impatto delle misure a vantaggio di questa o quella forza politica.Lo stesso criterio della discontinuità e della specializzazione tecnica non è stato pienamente utilizzato nella scelta dei sottosegretari. Si sono registrate eccezioni e non di poco conto. Si verifica una continuità paradossale al Ministero dell’Economia con un ViceMinistro che fino a ieri ricopriva il ruolo di Direttore Generale, ne iberna la carica e si pone nel ruolo di controllore controllato assumendo la responsabilità politica della gestione del dicastero di cui fino a ieri era Direttore Generale. Altrettanto si verifica nel Gabinetto dell’Economia, senza neppure quella mobilità tipica dei cambiamenti di governo. Altro che discontinuità con il passato. Siamo nella più perfetta continuità soprattutto in un dicastero chiave dove l’interim di Monti all’Economia dovrà necessariamente prevedere l’utilizzo di ampie deleghe.La vicenda dei sottosegretari ai rapporti con il Parlamento è poi paradossale. Era stata avanzata la ipotesi pure positiva di una mini cabina di regia che coinvolgesse tre esponenti politici delle tre aree che sostengono il governo al fine di creare un forte raccordo tra Esecutivo e Parlamento. E’ saltata anch’essa in nome della totale esclusione dei politici dal Governo. Poi però si scopre che i sottosegretari ai rapporti con il Parlamento sono due: uno politico e uno tecnico di grande valore come Malaschini, già segretario Generale del Senato, e che un altro politico dell’UDC, dopo un mezzo giro al Senato, e un altro mezzo giro nel governo Berlusconi – Tremonti – Siniscalco – dopo un giro quasi completo come membro alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, assuma il ruolo di sottosegretario alla Difesa. Che cosa se ne farà la Difesa di un politico cardiologo ricercatore dovrà essere spiegato. Sono scelte incomprensibili anche rispetto alla qualità della struttura del Governo che poggia su quello che eminenti costituzionalisti chiamano il “sottostato”, inamovibile e inossidabile rispetto a qualsiasi cambiamento di governo.Sui conflitti di interesse al Ministero dello Sviluppo come pure di esponenti che ricoprivano ruoli nel sistema bancario è stato già detto tutto o quasi. C’è solo da aspettare e valutare le singole decisioni quando saranno assunte.Per il momento il governo sembra giocare una doppia partita, una in Europa per ritrovare una più forte coesione europea attraverso modifiche ai Trattati che rafforzino la governance e adeguino il ruolo della BCE, dall’altro sul piano interno a forzare la crescita attraverso la equità.Il Governo Monti deve avere il coraggio di assumere decisioni dolorose per la sostenibilità del debito, per la lotta alla evasione. Non può pensare di galleggiare o prendere tempo nella prospettiva del 2013. Deve fare presto come era l’auspicio del quotidiano confindustriale solo pochi giorni fa. La situazione non è cambiata. Lo spread è sopra i 500 punti. La montagna di debito pubblico richiede un recupero di credibilità; un comportamento virtuoso può venire da un alleggerimento dello Stato e degli apparati pubblici (blocco del turno over e part time forzoso per i dipendenti dello Stato) unito alla riduzione dello stock attraverso dismissioni patrimoniali e mobiliari; le proposte non mancano, sono molte quelle sul campo. Si va da quella di Pellegrino Capaldo che prevede la patrimoniale catastale Invim a quella Amato, dalla proposta Guarino con la creazione di una società veicolo per la dismissione dei beni pubblici a quella di Monorchio Salerno che guarda a ricomprare il debito con una ipoteca sulle case, fino a quella di Luigi Cappugi con l’ipotesi di un prestito forzoso con cedola interessi senza rimborso di capitale. Se ne possono aggiungere altre.La lotta alla evasione richiede l’uso forte del contrasto di interesse e la trasformazione del soggetto Iva in particolari settori, come l’edilizia, in sostituto di imposta. Solo così sarà possibile ridurre l’area vasta della evasione fiscale. Sostituire i tanti documenti fiscali con un solo documento ma incisivo ed efficace.La lotta alla evasione richiede un accertamento serio sulla formazione dei patrimoni immobiliari nell’ultimo decennio attraverso una verifica delle dichiarazioni dei redditi per valutare la effettiva rispondenza tra reddito dichiarato e quello prodotto; tra reddito e ricchezza reale.Una azione di governo in favore dei giovani richiede interventi per sgonfiare la bolla immobiliare, costringendo gli immobiliaristi a vendere a prezzi non speculativi con l’introduzione dell’ici anche sulle case costruite e non vendute proprio per facilitarne la immissione sul mercato e non per tenerle fuori dal mercato in attesa di ipotetiche rivalutazioni che favoriscano la rendita immobiliare.L’Italia ha convissuto con il debito, così come il Giappone. Se l’Italia non cresce quello che valeva per il passato non vale più. Di fronte alla degenerazione del capitalismo alla globalizzazione senza regole le teorie economiche sono tutte saltate. Le risposte non possono venire dai tecnocrati o dal sottostato, così come non possono venire dagli economisti. Le risposte devono venire dalla politica.Il governo Monti potrà svolgere un ruolo efficace quanto più avrà il coraggio di ritrovare la più ampia coesione delle forze politiche proprio attraverso convergenze parallele evitando temporanee e disomogenee maggioranze variabili.Se ci si allontana dalla politica abbiamo il commissariamento del Parlamento, poi il commissariamento del governo. Poi non sappiamo cosa c’è dietro l’angolo. Di certo un affievolimento della democrazia e degli strumenti di selezione e di partecipazione.Purtroppo non sappiamo come si è proceduto alle selezioni del Governo.Quali logiche hanno prevalso: quelle delle università, delle Fondazioni, dei circoli, delle relazioni, dei cerchi, quelle delle appartenenze.Vorremmo capire dove sta andando il sistema democratico. Roma, 29 novembre 2011 |