Dobbiamo guardare alla preistoria della Comunità, perché senza la preistoria non si costruisce la storia!…
Nel momento in cui l’Unione europea si trova a superare un momento di grave difficoltà nel processo di costruzione comunitaria richiamiamo le parole pronunciate da Aldo Moro, Presidente del Consiglio, al vertice europeo a Roma i 30 maggio 1967:
“… Non è il caso che io citi a riprova delle dimensioni straordinarie dello sviluppo registrato in campo economico dai Paesi membri…”
“… Ma tutti questi risultati avranno un’efficacia limitata, ed anzi correremo il rischio di assistere ad una involuzione della Comunità, se non saremo capaci di proseguire con la massima energia e convinzione e, soprattutto con vero spirito di solidarietà europea, nel lavoro che ci attende. Si è spesso parlato in questi ultimi tempi della irreversibilità del processo di integrazione economica; e, indubbiamente, l’adattamento ormai in atto da anni delle diverse strutture economiche nazionali alle nuove dimensioni europee rende indispensabile un ritorno alle posizioni di partenza. Eppure dobbiamo essere pronti a guardarci dal sorgere di ogni particolarismo che possa ostacolare la collaborazione comunitaria. La stessa unione doganale finirebbe per essere incompiuta e solo parzialmente efficace, se ad essa non farà seguito entro breve tempo la vera fusione delle economie dei Paesi membri, con la prevista armonizzazione delle politiche economiche, regionali, fiscali, monetarie e finanziarie. In particolare il governo italiano desidera attirare l’attenzione degli altri Paesi membri sui problemi posta dalla politica sociale “…
Discorsi per l’Europa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1986
Merkel come Brandt
Sui rischi di una Europa a “due velocità” così una grande europeista come Mario Pedini così scrisse il 16 gennaio 1976:
Dopo che era stato presentato il rapporto Tindemans sulla integrazione europea Pedini afferma senza esitazioni: “… Per un rilancio europeo non vi sono, infatti, che due vie: o l’atto chirurgico di una costituente europea che faccia giustizia dei tessuti morti, si concentri su quanto nel disegno del Trattato di Roma è realizzabile ed anzi lo migliori; o la paziente terapia medica che, oppure con lungimiranza, si accontenti di atti parziali rivolti a ridare vita al tessuto ma che risulterebbero necessariamente incompleti alla luce della situazione politica interna ed esterna alla Comunità. …
E’ vero, ad esempio, che una politica monetaria comune è indispensabile per l’integrazione europea. Ma possiamo, per essa, accelerare l’Europa dei Paesi ricchi a danno di quelli cosiddetti poveri? Certo non possiamo fermare l’Europa comunitaria per la lentezza di taluni suoi Paesi, specie quando i ritardi derivano, più che da difficoltà oggettive, anche da debolezze soggettive.
Ma il rischio dell’Europa a “doppia velocità di sviluppo”, disegno certo caro alla Germania Federale di Brandt e che stranamente Tindemans riprende, è oggi ben gravido di conseguenze politiche se solo si pensa che è ormai quasi maturato il periodo transitorio dopo il quale anche Paesi mediterranei come la Grecia e la Turchia diventeranno membri di pieno diritto della Comunità e aggraveranno oggettivamente quelle garanzie di armonico sviluppo comunitaria di cui fa precetto il Trattato di Roma e che oggi come non mai è condizione anche di azione esterna della Comunità…..”
“…Tocca ai governi, nel rispetto del Trattato di Roma, nella coscienza dell’importanza del momento internazionale, scrivere le pagine ancora bianche della costruzione comunitaria”…
“…E se vi sono pagine bianche per tutti, certo non ne mancano, e di importanti, nemmeno per noi italiani. Prendiamone coscienza soprattutto in questi giorni di grave crisi del nostro sistema politico ed economico e non dimentichiamo che proprio questa nostra crisi può dare fiato ai sostenitori della strana teoria della Comunità a doppia velocità di sviluppo”.
Mario Pedini, Rapporto sull’Europa, Mursia, 1984