Una manovra di Natale pericolosamente recessiva
La manovra del Governo Monti non ci piace per diverse ragioni, sia per la qualità che per la dimensione. E’ pericolosamente recessiva nel suo impatto sul sistema economico, sia per le famiglie che per le imprese. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Lo spread non scende sotto il livello dei 500 punti. Il primo obiettivo del Governo risulta ad oggi mancato. Recessiva perché la strategia dei due tempi, anziché di un unico momento decisionale, ha generato paura e insicurezza; porta ad un vistoso blocco dei consumi senza avere attivato contestualmente le misure per la crescita. Ha privilegiato l’inseguimento della entrata sulla spesa con una stretta fiscale severa piuttosto che quella di sostanziosi tagli nella Pubblica Amministrazione. Nei conti pubblici non ritroviamo ancora quel dividendo di pace che avrebbe dovuto ridurre in modo vigoroso le spese militari sia nei programmi che nelle missioni militari limitate a quelle strategicamente più vicine all’area del Mediterraneo. Nei costi del personale statale non è stata valutata la opportunità di una forte riduzione attraverso lo strumento forzoso del part time per diverse tipologie di figure professionali. Questo si che avrebbe determinato una reale compressione della spesa, nella salvaguardia del principio di solidarietà.
Si guarda alla liberalizzazioni dei tassisti senza guardare al risultato prodotto da precedenti decisioni che hanno portato ad un aumento delle tariffe taxi da Roma Fiumicino o Ciampino e viceversa. Sono infatti passate dalle precedenti 33 euro alle attuali 40.
Veramente persone di buon penso possono immaginare che in un sistema liberalizzato il cliente possa contrattare al telefono o sulla passerella, la tariffa dalla stazione sia Termini e/o Tiburtina o dall’aeroporto senza che l’importo non subisca una lievitazione?
Guardiamo a cosa è avvenuto con la liberalizzazione del prezzo del pane o dei carburanti. I prezzi anzichè diminuire sono aumentati. E’ scomparso il pane popolare sostituito da quello variegato delle boutique a prezzi sensibilmente più elevati. Per non parlare della liberalizzazione delle licenze degli esercizi commerciali nei piccoli centri. Ha portato ad una mortalità dei piccoli esercizi perché ne può sopravvivere solo 1; due sono troppi.
Le vere liberalizzazioni non sono quelle dei taxi, delle edicole o delle farmacie, ma dei servizi di pubblica utilità e la rottura dei monopoli pubblici nelle reti.
Oggi c’è bisogno di attivare in modo intelligente blocchi di domanda pubblica in settori vitali dell’economia, in particolare nelle infrastrutture, nella innovazione e nella ricerca. C’è bisogno di attrarre investimenti diretti nel Paese.
Oggi c’è bisogno di attivare una politica del credito che permetta di rimuovere le incrostazioni di un sistema bancario e i fallimenti di un management che si sottrae alla impegnativa valutazione del merito di credito preferendo allocare i depositi alla BCE o investire le disponibilità erogate dalla stessa BCE nel facile capital gain sui titoli di stato piuttosto che promuovere, favorire e attivare investimenti dell’economia reale a tassi ragionevoli.
Dal governo dei professoroni sostenuto dall’inamovibile e inossidabile “sottostato” ci saremmo attesi qualche fantasioso piano di azione frutto di personali riflessioni maturate negli anni da tirare fuori dal cassetto e pronti per l’uso.
Invece nulla di tutto ciò. Nulla sul contrasto di interessi per combattere la evasione fiscale seppure attraverso misure sperimentali ma indicative di una linea di intervento. Non è limitando il contante ai pensionati attraverso misure vessatorie che colpiscono ampie fasce della popolazione anziana costretta a modificare il proprio stile di vita che si combatte efficacemente la evasione fiscale.
E’ stato detto che eravamo sull’orlo del precipizio e che erano in discussione i pagamenti dello Stato. Ricordo che nel 1983 di fronte ad una crisi di liquidità, successiva al cosiddetto divorzio Tesoro Banca d’Italia fu approvata una legge che consentì una anticipazione straordinaria di 8.000 miliardi di lire. Si può oggi dire che allora lo Stato sovrano batteva le lire ed oggi ciò non è più possibile stante l’introduzione dell’Euro. Di fronte alla crisi del debito degli Stati sovrani non era più logico e semplice utilizzare le singole banche centrali del sistema Euro piuttosto che ricorrere alla via indiretta della BCE con la liquidità all’1 per cento offerta alle banche private peraltro senza alcuna contropartita sull’uso di tali risorse finanziarie?. Ad una crisi degli stati sovrani si risponde con interventi pubblici piuttosto che con l’ausilio dei privati. La priorità dell’Europa deve essere la salvaguardia dall’inflazione e la difesa del sistema dei prezzi oppure la stabilità dell’Euro e del suo sistema finanziario? Perché in Europa non è stato fatto ciò che ha fatto Obama negli Stati Uniti?
Se non parte rapidamente la fase due del Governo Monti con le misure urgenti per la crescita, la manovra di Natale rischia di essere pericolosamente recessiva e inutile.
I problemi si aggraveranno se non si affronta il vero nodo del Paese che è il debito pubblico attraverso una manovra di finanza straordinaria sotto forma di prestito forzoso che riduca il debito di 30 punti, portando benefici sia sullo stock che sul servizio del debito che impedisce di liberare risorse per gli investimenti e per la crescita.
La manovra sulla casa con l’IMU, nella sua dimensione numerica, avrebbe avuto più significato se legato alla riduzione del debito pubblico piuttosto che alla correzione dei conti annuali o ad un pareggio di bilancio incerto se non accompagnato dalla crescita economica.
Il governo dei professoroni gode di troppa buona stampa, certamente interessata a mandare le cose in una certa direzione piuttosto che in un’altra, a far pagare la crisi in modo generalizzato piuttosto che in modo mirato, a salvaguardare i conflitti di interesse piuttosto che a introdurre il contrasto di interessi.
Non c’è tempo da perdere sulla seconda parte della manovra; soprattutto un governo tecnico deve avanzare proposte senza indugi e senza condizionamenti.
Non può pensare che abbia una base parlamentare omogenea che lo sorregga su scelte che configgono nel consolidato sistema bipolare, ma solo una temporanea convergenza di interessi che richiede atteggiamenti non ideologici, ma sapientemente coerenti.
Roma, 4 gennaio 2012