Il Governo dei cooptati

Il Governo dei cooptati

La presenza di numerosi ministri ai convegni termali settembrini ha indebolito il governo tecnico di Mario Monti nella sua azione politica e parlamentare. Aumenteranno le difficoltà nella gestione dei provvedimenti e nella realizzabilità degli stessi. Tale scelta é maturata dall’avvicinarsi della scadenza elettorale del marzo 2013 e dalla necessità di non farsi trovare impreparati rispetto ai nuovi assetti che si determineranno.

I cooptati del governo tecnico hanno voluto giocare una doppia opzione: da un lato continuare a mantenere ruolo e posizione in un successivo governo Monti bis con una piú forte connotazione politica e dall’altro salvaguardare la possibilità di indossare una casacca politica nel prossimo passaggio elettorale che imponesse un governo politico. Il governo tecnico finisce dunque per snaturare le sue caratteristiche; smarrisce le sue peculiarietà, perde la neutralità che era la sua essenza fondante. Si é trattato di una mossa furbesca piú legata alle prospettive personali che ad una visione di insieme.

Ad una anomalia dei cooptati al governo del paese senza legittimazione popolare si aggiunge quella di un governo tecnico che non é piú tale rispetto alla impostazione originaria. L’elites dei cooptati ha una strardinaria capacità di adattamento alle situazioni nuove mantenendo forte la presa del potere attraverso autoreferenzalità e circolarità. Nella situazione data si perde ogni prospettiva di incidere sulle reali cause della crisi affrontando con decisione il problema degli azzardi della finanza e di realizzare le riforme veramente necessarie al Paese e non agli interessi di questo o quel comparto economico. Diminuisce nel paese la fiducia dei cittadini, aumenta la crisi econonica e sociale, diminuiscono le prospettiva di ripresa se non si fa chiarezza sulle linee di intervento che appaiono contraddittorie nelle forze politiche, accrescendo la frammentarietà del quadro politico. C’é urgente bisogno di un rimescolamento delle carte. C’é bisogno di costruire un blocco sociale intorno ad una piattaforma programmatica con poche, chiare indicazioni sul ruolo internzionale, futuro dell’Europa, sulle strategie economiche, sull’assetto industriale, sul modello di welfare. Per fare questo non serve dividersi su falsi rinnovamenti generazionali o su falsi steccati ideologici che servono solo ad alimentare paure ed incertezze. In Italia i risultati migliori si sono avuti con leader con idee moderne e coraggiose che hanno saputo diffondere fiducia e speranza, che é ció di cui abbiamo bisogno per riprendere un cammino di crescita.

Roma, 13 settembre 2012

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