Quando nel 1968, per la prima volta, fui eletto alla Camera dei Deputati, Pietro Buffone aveva già alle spalle tre legislature ed era circondato da grande considerazione anche per la sua specifica competenza in un campo, come quello della Difesa, che restava materia ostica per gran parte dei parlamentari democristiani.Di lui mi aveva spesso parlato un mio parente, Gaetano Cipriano, che era stato suo commilitone nel periodo bellico. Con Buffone aveva scambiato qualche lettera anche nel periodo successivo alla elezione parlamentare e così mi dava la consegna di salutarlo, evocando episodi della comune vita militare sottolineando la simpatia umana che suscitava il suo autorevole amico calabrese.Fu questa una delle ragioni che mi fecero incontrare, fin dall’inizio del mio noviziato parlamentare, Pietro Buffone, trovando piena corrispondenza per la cordialità del carattere, con il ritratto delineatomi dal mio lontano cugino.Ma sarebbe errato valutare una personalità solida come quella di Buffone solo sotto il profilo, pur rilevante, del lato umano. Egli è stato un parlamentare scrupoloso e attento, con una conoscenza nel settore militare di rara profondità che gli guadagnò, per merito e non per spartizione correntizia, la nomina a sottosegretario alla Difesa nel II° Governo Andreotti e poi nel IV° Rumor, tra il 1972 e il 1974.Di lui, dovendo rievocarne brevemente la figura, ho parlato con il Senatore Maurizio Eufemi, all’epoca dirigente del Gruppo dei deputati democristiani, che ben lo conobbe e molto lo ha apprezzato. È comune la convinzione che Pietro Buffone abbia saputo coniugare i principi della rappresentanza territoriale, della sua Rogliano e della Calabria, con quelli del legislatore discreto, attento, sensibile agli aspetti personali e sociali della gente. Era così capace di intervenire in senso legislativo per risolvere i diversi problemi, attento a quell’universo mondo senza distinzioni di ruoli e di funzioni. Dietro quei problemi c’erano persone, famiglie, comunità, segmenti di società civile, cui occorreva dare ascolto e risposte adeguate. Buffone può vantare un alto tasso di proposte di legge che sono divenute leggi perché ha vissuto in una fase politica in cui v’era spazio per l’iniziativa parlamentare e non v’era il dominio assoluto del Governo nel controllo delle Camere e nella produzione legislativa.Egli, dunque, fu molto attivo sul piano legislativo. Costante era il suo ruolo di relatore, per la profonda conoscenza, della Tabella di Bilancio della Difesa, quando ancora operava la legge Curti sulla contabilità e la legge finanziaria era ancora in gestazione.Buffone presentò nel 1972 una riforma costituzionale dell’art. 68 sull’immunità parlamentare anticipatrice del cambiamento che si realizzerà nel 1993. La finalità che si proponeva era di limitarne abusi e gli arbitrii antistorici che suscitavano critiche crescenti nella opinione pubblica.Condivise con Bartolo Ciccardini il progetto di elezione diretta del sindaco, presentato nel 1972, importante riforma poi attuata nel 1993. Egli sapeva, appunto, anticipare i tempi.Buffone intervenne con responsabilità sui fatti luttuosi di Reggio Calabria con una posizione che guardava più a costruire che a distruggere. C’era in lui la necessità di analisi serie e non superficiali sui reali motivi della crisi, respingendo la tesi di chi negava alla Calabria la possibilità di una positiva evoluzione. Nella seduta del 16 ottobre 1970 polemizzò duramente con l’on. Giorgio Amendola contestando gli errori e le responsabilità del Pci sulle gabbie salariali come fattore di emigrazione e impoverimento di risorse umane, muovendo il suo ragionamento dalle macerie del dopoguerra, dalla crisi della società, dalle reali condizioni di partenza, dalla distruzione di ogni servizio civile.Era il momento della istituzione delle Regioni, che per la Calabria rappresentò un passaggio molto duro e contestato. La istituzione della Regione doveva avvenire nel secondo tempo del programma di sviluppo comprendente opere di infrastrutturazioni, viabilità, regime e regolamentazione delle acque come tappe di un programma da realizzare, con un metodo rinnovato, e non con una visione paternalistica. Buffone privilegiava dunque una logica di sviluppo rispetto a quella assistenzialistica.Propose ripetutamente la istituzione della provincia di Castrovillari. Dietro l’iniziativa legislativa v’era una accurata analisi storica, geografica per giustificare la costituzione della Provincia di Pollino con capoluogo Castrovillari. Era indispensabile, per Pietro Buffone, ridurre le enormi distanze allora esistenti, colmare il vuoto amministrativo, razionalizzando il territorio in senso favorevole ai cittadini. Guardava alle ricchezze del territorio per sfruttare la energia bianca. V’era all’epoca grande fiducia nella creazione delle Provincie come volano economico, una illusione, oggi, giustamente cancellata.Per la sua competenza specifica fu chiamato a far parte della Commissione di inchiesta parlamentare sul caso Sifar che doveva fare chiarezza sui reali contorni del “Piano Solo”.Nel libro intervista con Luigi Michele Perri “la Repubblica del Presidente” polemizzò duramente con Francesco Cossiga sulla questione della riforma dei servizi segreti che si realizzò nel 1978 nel pieno della fase di solidarietà nazionale e che fu una delle cause di rottura con il Pci, come rileverà Fernando Di Giulio nel suo libro “il Ministro ombra”. L’intervista di Buffone è un documento di eccezionale rilevanza per capire il clima del tempo e gettare luce sulle tante ombre e ambiguità che ancora circondano alcune vicende politiche. Nell’intervista che il senatore Eufemi mi ha recuperato e della quale abbiamo insieme discusso, Buffone ricorda molti momenti difficili dell’Italia: la strategia della tensione, le tentazioni autoritarie del generale De Lorenzo, il ruolo del generale Vito Miceli, la P2 e lo scenario del rapimento e dell’assassinio di Moro.Egli uscì dalla scena parlamentare nel 1976 con grande dignità, ma le tracce del suo impegno legislativo durarono nel tempo. Ricordo ancora come nelle sue sempre più rare apparizioni alla Camera negli anni successivi alla cessazione del mandato, egli venisse affettuosamente circondato dai colleghi di ogni gruppo parlamentare.Riconoscevamo in lui un esponente politico misurato e insieme vigoroso che aveva saputo onorare la sua terra, il suo partito e il Parlamento italiano. Gerardo Bianco |