A proposito di Raiway
Nell’ottobre 2001 ponevo la questione… Con una interrogazione esaminata congiuntamente a quella presentata dal Sen Passigli Oggi il presidente del consiglio la ripropone… EUFEMI. – Ai Ministri dell’economia e delle finanze e delle comunicazioni.– Per conoscere: le sue valutazioni sulle notizie di stampa relative alla vendita della Raiway alla società americana Crown Castle di Houston – Texas; se tale vendita sia consentita dallo Statuto, trattandosi di impianti di diffusione radiofonica e televisiva che rientrano tra gli scopi sociali della RAI Spa; se sia stata approntata una gara di vendita e se non si ritenga che con tale operazione venga violata la concessione tra RAI e Ministero delle comunicazioni; se tale vendita sia stata sottoposta alla decisione del consiglio d’amministrazione della RAI e se siano state rispettate le procedure di vendita; le valutazioni del Ministro su tale operazione, sulla quale emergono pesanti ombre sia di legittimità giuridica che di valutazione economica; quali siano infine gli effetti finanziari dell’operazione sul bilancio della RAI Spa, anche per i riflessi sul canone radiotelevisivo. N.B. I testi di seduta sono riportati in allegato al Resoconto stenografico. L’asterisco indica che il testo del discorso è stato rivisto dall’oratore. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; CCD-CDU:Biancofiore: CCD-CDU:BF; I lavori hanno inizio alle ore 15,40. INTERROGAZIONI PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni. Sarà svolta per prima l’interrogazione 3-00162, presentata dal senatore Passigli. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. In riferimento all’interrogazione del senatore Passigli, (3-00162), sull’accordo tra la Rai e la società Crown Castle, il 26 ottobre ho assunto la decisione di negare la presa d’atto della cessione da parte della RAI alla CCR srl, società controllata dalla Crown Castle International Corporation, delle azioni rappresentative del 49 per cento del capitale di Raiway. E’ indubbio che la decisione spettasse – contrariamente a quanto erroneamente affermato dall’onorevole Passigli nel corso della sua intervista all’Unità del 28 ottobre – solo al Ministro delle comunicazioni. Ed invero 1’articolo 1, comma 5 della Convenzione Stato-Rai prevede che la concessionaria possa avvalersi, per attività inerenti all’espletamento dei servizi concessi (tra cui rientra l’installazione e l’esercizio tecnico degli impianti) di società da essa controllate, previa autorizzazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (ora Ministero delle comunicazioni). La Rai venne autorizzata con atto a firma dell’allora Ministro in carica Cardinale dell’11 novembre 1999 ad avvalersi della società New Co TD (ora Raiway), dalla concessionaria interamente controllata. Nell’atto di autorizzazione era espressamente previsto che ogni variazione dell’assetto di controllo della New Co TD (ora Raiway) dovesse essere preventivamente autorizzata dal Ministero delle comunicazioni che si riservava di modificare ovvero di revocare l’autorizzazione in qualsiasi momento. Inoltre, l’atto di compravendita del 49 per cento della partecipazione a Raiway è stato dalle parti (RAI e CCR) condizionato risolutivamente alla mancata acquisizione della presa d’atto del Ministero delle comunicazioni. Da quanto precede consegue inequivocabilmente che solo il Ministro delle comunicazioni avrebbe potuto concedere o negare la presa d’atto. Il motivo della decisione del Ministro deriva dal contenuto del contratto, che il senatore Passigli potrà leggere. Il perché sia stato redatto in questo modo dovrà chiederlo ad altri ministri e Governi. Tuttavia, ho ritenuto doveroso informare della mia decisione – in base all’affidamento esclusivo della decisione a me – il Presidente del Consiglio ed i Ministri durante la seduta del Consiglio dei ministri del 26 ottobre. Ho ritenuto maleducato che il Governo assumesse questa notizia dalle Agenzie di stampa. Il Presidente del Consiglio si è limitato, quindi, a prenderne atto, senza che potesse minimamente esserne coinvolto a livello decisionale né, tantomeno, potesse darvi la propria approvazione, affatto prevista. Peraltro non ritengo, come ministro competente a prendere la decisione, che il diniego di presa d’atto abbia l’effetto di condurre la Rai sotto stretto controllo dell’Esecutivo né di incidere sull’autonomia, che, oggettivamente, deve conciliarsi con gli obblighi stabiliti in convenzione. Né ritengo che la Rai risulti dalla mancata cessione indebolita finanziariamente, posto che dalla relazione semestrale alla data del 30 giugno 2001 trasmessa al Ministero, emerge addirittura un risultato economico positivo ( + 78,1 milioni di euro), pur se inferiore rispetto a quello del corrispondente semestre del 2000. E’ evidente, poi, che la decisione presa non ha alcun collegamento con il tema della privatizzazione della RAI, che deve essere oggetto di ben diversa riflessione nelle opportune sedi parlamentari. Trattandosi dunque – ripeto – di atto adottato singolarmente ed individualmente da me, in qualità di Ministro delle comunicazioni competente, non ho rinvenuto in esso alcun profilo da cui potesse scaturire un conflitto d’interesse. PASSIGLI (DS-U). Il Ministro Gasparri più che alla mia interrogazione risponde, in realtà, a notizie di stampa, e cioè a mie osservazioni fatte all’indomani della sua lettera. L’interrogazione riguardava esattamente i rapporti intercorsi all’interno del Governo su questa decisione nella sua fase finale. Prendo atto di quanto ha detto il ministro Gasparri, ma ho qualche difficoltà a ritenere che questioni di tale importanza per l’emittente pubblica – con tale rilevanza economica – vengano decise solo da un Ministero, senza interpellare il Ministro del tesoro che della Rai è l’azionista. Prendo atto che il ministro Gasparri afferma che il Presidente del Consiglio nulla sapeva della questione. Nel merito, però, continuo a ritenere che la questione sia un po’ più complessa di come la presenta il Ministro. La presa d’atto del contratto tra Rai e Crown Castle, negata dal Ministro, era stata prevista all’atto della creazione di Rai Way, allora denominata diversamente, per assicurare il rispetto di tutti gli obblighi contemplati nella convenzione e nel contratto di servizio. Ciò non significa che il Governo abbia una totale discrezionalità, ma semplicemente che può negare la presa d’atto solo motivatamente, laddove le variazioni dell’assetto proprietario di RaiWay violino accordi previsti dalla convenzione o dal contratto di servizio. Questo non è il caso del contratto Rai-Crown Castle, i cui patti parasociali non incidono sugli obblighi di servizio pubblico della Rai. Il rifiuto della presa d’atto è infatti motivato, nella lettera del Ministro del 26 ottobre 2001 a tutti i parlamentari, non con una violazione del contratto di servizio ma ricorrendo a tre motivazioni totalmente estranee a tale contratto. La prima argomentazione è che i patti parasociali darebbero a Crown Castle un potere di indirizzo strategico sulle attività di RaiWay, addirittura superiore a quello della Rai. Non è così: nominare la maggioranza dei componenti il collegio sindacale è, infatti, prerogativa che la prassi dei contratti internazionali riconosce sempre all’azionista di minoranza; analogamente, il prevedere maggioranze qualificate sia per i voti di Consiglio che in sede di Assemblea straordinaria è nuovamente una prassi comune a tutti i contratti internazionali, a tutela di quella che si usa chiamare una minoranza di blocco. Anche l’affidare le funzioni di gestione del Tower business ad un dirigente nominato dal Consiglio di amministrazione, piuttosto che all’Amministratore delegato, non fa venire meno i poteri di indirizzo del Consiglio di amministrazione stesso. Quindi, a me sembra che il rifiuto di presa d’atto da parte del Ministro non possa essere motivato sulla base dei patti parasociali. Infatti, si ricorre a due ulteriori motivazioni: in primo luogo, il Ministro argomenta il suo rifiuto sulla base di una scarsa tutela del puro e semplice interesse commerciale (semmai, mi sembra che non si tratti di interesse commerciale ma economico); la seconda giustificazione è che il valore patrimoniale è superiore. A questo proposito, il Ministro fa riferimento ad una valutazione – di cui non ho avuto modo di prendere conoscenza – effettuata dall’IRI, circa dieci anni fa peraltro, non credo mai suffragata da stime esterne né, soprattutto, da verifiche di mercato. Nessuno, infatti, si fece avanti per acquistare il bene in questione. Pertanto, appare più attendibile la valutazione effettuata da una serie di advisors indipendenti, tra cui l’Arthur Andersen che giunge ad una valutazione massima per l’intero pacchetto azionario di 1.350 miliardi, cosicché gli 800 miliardi, che Crown Castle pagherebbe per una partecipazione del 49 per cento, quindi senza premio di maggioranza, rappresentano una cifra ben superiore. In ogni caso, l’azionista IRI holding (o ex IRI holding) è ricorso ad advisors ulteriori quali Rotschild e Lazard, di cui il Tesoro si serve abitualmente quando fa operazioni di offerta pubblica e di vendita delle proprie partecipazioni che hanno confermato la valutazione in questione. Non credo che abbiamo il diritto di ritenere che quanto è da più advisors internazionali considerato un prezzo congruo, anzi vantaggioso, non lo sia. Infine, vengo alla terza ed ultima motivazione offerta, dato che le motivazioni inerenti al contratto di servizio, le sole che competono al Ministro delle comunicazioni, non giustificano il diniego di presa d’atto. L’ultima è anche la giustificazione politicamente più significativa: infatti, la ragione addotta dal Ministro Gasparri per negare la presa d’atto consiste nella sua affermazione che le apparecchiature di Raiway assolvono – cito – «a delicatissimi compiti di sicurezza di cui solo una gestione realmente riconducibile, anche indirettamente, alla parte pubblica può garantirne la piena disponibilità». Tutto ciò conferirebbe al sistema che la Rai ha costruito un’importanza strategica. È evidente che, se si sottoscrive una simile posizione, Raiway e la stessa Rai non potranno mai essere privatizzate, come peraltro ancora dispone (o ancora auspica) un non da tutti dimenticato referendumpopolare. Ostacolare la privatizzazione della Rai, dalla quale prenderebbero vita nuovi soggetti attivi nel sistema televisivo; mantenere una Rai pubblica ma finanziariamente indebolita (dal momento che gli ultimi dati, con il calo avvenuto in tutto il mondo dei gettiti pubblicitari – salvo la grande capacità di Mediaset, che sembra risentirne meno di altre organizzazioni – porranno la Rai a fine anno in una posizione nettamente indebolita: questi sono i risultati del no posto dal Ministro; quelli di mantenere la Rai in una posizione finanziariamente indebolita, quindi meno in grado di competere con il monopolista privato e di evitare che gli impianti della RAI, attraverso la loro privatizzazione, possano essere affittati a terzi, rendendone accessibile l’uso a nuovi operatori. A questo punto si impone un interrogativo che riporta alla domanda iniziale: può un Governo, guidato dal proprietario del principale concorrente della Rai, assumere decisioni che favoriscono Mediaset ed indeboliscono la TV pubblica? A me sembra di essere chiaramente in presenza di uno di quei casi di conflitto di interessi per i quali domandiamo da tempo una legge. Queste sono le vere ragioni politiche che non sono attinenti a patti parasociali che rientrano negli standard internazionali (come qualsiasi professionista può dire), né a valutazioni economiche perché queste avrebbero consigliato un sì al contratto. Le vere ragioni ineriscono piuttosto, e sicuramente, a motivazioni politiche. Devo, pertanto, dichiararmi insoddisfatto dell’intervento del ministro Gasparri. PRESIDENTE. Segue l’interrogazione n. 3-00164, presentata dal senatore Eufemi. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. I giornali e le radiotelevisioni nazionali e straniere, nella gran parte dei casi, hanno correttamente informato circa il diniego di presa d’atto dell’operazione di cessione alla Crown Castle delle azioni rappresentative del 49 per cento del capitale di Raiway da me comunicato alla Rai il 26 ottobre. Ciò tranne in alcuni casi, nei quali il contenuto degli articoli ha travisato la mia posizione e che mi sono premurato di rettificare, annunciando, per taluni di essi, di adire le vie legali. L’articolo 1, comma 5, della Convenzione Stato-Rai prevede che la concessionaria possa avvalersi, per attività inerenti all’espletamento dei servizi concessi (tra cui rientra l’installazione e l’esercizio tecnico degli impianti) di società da essa controllate, previa autorizzazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (ora Ministero delle comunicazioni). La Rai venne autorizzata con atto, a firma del Ministro pro tempore, dell’11 novembre 1999 ad avvalersi della società New Co TD (ora Raiway), interamente posseduta dalla concessionaria. Nell’atto di autorizzazione era espressamente previsto che ogni variazione dell’assetto di controllo della New Co TD (ora – ripeto – Raiway) dovesse essere preventivamente autorizzata dal Ministero delle comunicazioni, che si riservava di modificare ovvero di revocare l’autorizzazione in qualsiasi momento. Dunque, costituisce già una anomalia la circostanza che la Rai, anziché chiedere preventivamente l’autorizzazione alla cessione del 49 per cento di Raiway, abbia stipulato la compravendita condizionandone risolutivamente l’efficacia alla successiva mancata presa d’atto, entro sei mesi, del Ministero delle comunicazioni. Per l’individuazione dell’acquirente, la Merrill Lynch, advisor della Rai, ha svolto una procedura di selezione. I relativi atti sono stati forniti, su mia richiesta, dalla Rai solo il 16 ottobre, quindi pochi giorni prima della scadenza del termine per la presa d’atto. Alcuni aspetti dello svolgimento della gara non sono stati ancora sufficientemente approfonditi. Non sono a conoscenza di quali atti siano stati sottoposti al Consiglio di amministrazione. Le mie valutazioni sull’operazione di cessione sono quelle contenute nel diniego di presa d’atto e basate esclusivamente sui seguenti criteri: l’interesse a mantenere in capo alla Rai impianti di un così rilevante interesse strategico anche per la sicurezza; i dubbi circa la congruità del valore attribuito agli impianti, che risulta eguale a quello attribuito dall’IRI nel 1991; la pesante portata dei patti parasociali che assegnavano al socio di minoranza poteri di indirizzo addirittura superiori a quelli della Rai, socio di maggioranza. In proposito, riporto testualmente il contenuto della mia risposta alla Rai: «1 – Gestione della società. L’articolo 3, lettera c) dei Patti parasociali prevede per ben sedici tipologie di delibere, cioè per la totalità delle decisioni, l’adozione con il voto favorevole di due consiglieri di designazione del partner. Pertanto, la maggioranza (su un Consiglio di amministrazione di otto membri pari a cinque) viene ad essere annullata. 2 – Collegio sindacale. L’articolo 4 dei patti parasociali prevede che la Rai designi un sindaco con funzioni di presidente e un supplente e che il partner designi due sindaci e un supplente, con la conseguenza che l’equilibrio del collegio sindacale è sbilanciata favore del partner. 3 – Nomine. Il Business Development Officer (BDO) nominato dal Consiglio di amministrazione su designazione dei consiglieri nominati dal partner, previa consultazione con la Rai, secondo quanto previsto dall’articolo 6 dei patti parasociali, è figura centrale per tutto quanto attiene alla parte della società che dovrà operare in campi innovativi, di rilevante interesse strategico (i più soprarichiamati Tower business). Nei patti parasociali si legge che «l’amministratore delegato conferirà procura al BDO delegandogli pieni poteri, equiparabili ai poteri delegati all’amministratore delegato dal consiglio di amministrazione, limitatamente alla gestione delle attività della società nel Tower business. La Rai conviene che l’amministratore delegato non revocherà tale procura, salvo diverse istruzioni ricevute dal consiglio di amministrazione». È evidente che viene a mancare l’unità di guida della società; che tutta l’ampia gamma di affari del Tower business (elencati nei patti parasociali) è di competenza esclusiva del BDO, con pieni poteri e rischio di conflitto con l’amministratore delegato designato dalla Rai. 4 – Maggioranze in assemblea straordinaria. L’articolo 5, lettera b), prevede una maggioranza del 67 per cento per le materie di competenza dell’assemblea straordinaria sia in prima che in seconda convocazione, elevata al 75 per cento (articolo 5, lettera d)) in caso in cui la società fosse quotata in borsa. Se ne deduce che il partner avrebbe un considerevolissimo potere di blocco sulle delibere dell’assemblea straordinaria. 5 – Divieto di concorrenza. L’articolo 9, lettera a), dei patti parasociali prevede il divieto di concorrenza del partner per il periodo di un solo anno dalla perdita della qualità di socio. Il dato è tanto più significativo ove si consideri che nella prima stesura dei patti parasociali predisposti dalla Rai e distribuiti a tutti gli aspiranti acquirenti il periodo di non concorrenza era stabilito in cinque anni». Quanto, infine, agli effetti finanziari dell’operazione sul bilancio della Rai, non posso non sottolineare che la Rai appartiene al 100 per cento al Ministero del tesoro che avrebbe ricevuto, in definitiva, l’entrata connessa con la cessione. Il mancato introito non comporta quindi gravi effetti sul bilancio della concessionaria, che, peraltro, dalla relazione semestrale al 30 giugno 2001, sembrerebbe in lieve attivo. Quanto al canone Rai, è attualmente al lavoro la Commissione paritetica che deve formulare la proposta di variazione in base ad una serie di criteri, primo fra tutti quello dell’indice di inflazione. La proposta dovrebbe essere imminente e su di essa non ha alcun riflesso l’operazione Raiway. EUFEMI (CCD-CDU:BF). In primo luogo, desidero formulare un sentito ringraziamento al Ministro delle comunicazioni, onorevole Gasparri, per avere prontamente risposto al documento di sindacato ispettivo presentato sin dal settembre scorso; quindi in epoca non sospetta, prima che esplodesse la questione nella sua complessità e virulenza sino a toccare punte inimmaginabili. Mi dichiaro soddisfatto della risposta del Ministro anche se credo che egli abbia evitato di entrare nel merito dei tre quesiti finali riguardanti l’accordo finanziario in quanto tale, i patti parasociali e quant’altro. Tuttavia, al di là delle questioni propriamente tecniche, c’è un aspetto che ho mancato di sottolineare ed è l’atteggiamento del Presidente della Rai che, in quanto tale, risponde all’azionista, in questo caso al Tesoro, non per scelta di questo Governo ma per scelta dei Governi precedenti, i quali hanno pasticciato in merito all’equilibrio «assemblea-poteri di nomina.» La Rai Spa non appartiene né al professor Zaccaria né a quanti altri ricoprano cariche in virtù di un mandato temporaneo; costoro hanno solo il dovere di produrre risultati di impresa, compatibili con il servizio pubblico. Quest’ultimo, peraltro, è scivolato, proprio con la gestione attuale, sempre più verso i parametri di una televisione commerciale priva di qualità e di spessore, ponendo in essere, in definitiva, una progressiva ed inarrestabile perdita di identità del servizio pubblico. Ormai, il professor Zaccaria si muove in una logica di irriducibile e deprecabile battaglia, personale e di un gruppo funzionale a determinati interessi politici. La permanenza del professor Zaccaria alla guida dell’azienda rischia, quindi, di paralizzarne il presente e di comprometterne il futuro, così come sta accadendo per il bilancio che, a mio parere, finirà con il sacrificare la qualità attuale e futura del prodotto del servizio pubblico che dovrebbe essere l’interesse primario di un presidente della Rai. Bene ha fatto, dunque, il ministro Gasparri ad esprimere il parere contrario sull’accordo. A lui va il nostro plauso perché ha esercitato la sua azione nel rispetto delle sue prerogative, previste dalla stessa intesa del 27 aprile. Entrambi i contraenti (la Rai ed il suo Presidente e la Crown Castle) erano a conoscenza della clausola risolutiva, attivabile entro sei mesi dalla stipula. Non vorremmo che il presidente Zaccaria si avventurasse in una lite temeraria agendo contro il Governo e, dunque, contro il suo azionista. Il professor Zaccaria è perfettamente a conoscenza di come stanno le cose, per la sua lunga esperienza di Consigliere di amministrazione prima e di Presidente poi. Abbiamo preso conoscenza del fatto che l’accordo, raggiunto tra Rai e Crown Castle, era stato proposto ad altre compagnie come Telecom o France Telecom, che lo hanno respinto perché inaccettabile e sfavorevole all’Azienda pubblica, soprattutto in tema di maggioranze qualificate per l’assunzione di decisioni strategiche, espropriando, di fatto, l’azienda Rai della gestione e perchè affidava al partner di minoranza poteri di indirizzo superiori al socio di maggioranza, nonché un potere di blocco sulle delibere delle assemblee straordinarie. Si trattava di un’autentica svendita di un’azienda strategica nel sistema degli impianti di trasmissione e diffusione televisiva e radiofonica. Per noi è francamente inaccettabile che nell’esercizio delle proprie funzioni e prerogative la decisione dell’autorità di Governo sia stata definita da un esponente politico una «libertà violata», proprio da chi ha nominato il vertice Rai che nasconde i propri disastri, inventando fallimentari battaglie personali ammantate da posizioni politiche. PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni è così esaurito. I lavori terminano alle ore 15,55. |