Rapporto della Corte dei conti
La corte dei conti ha presentato un interessante rapporto sul coordinamento della finanza pubblica.
La corte come magistratura contabile si è attrezzata rispetto alla evoluzione dei conti pubblici. Non sono valutazioni ex post ma anche valutazioni sulla loro dinamica anche tenendo conto di shock positivi sulla crescita.
V’è un certo ottimismo nel guardare al 2018 in un quadro economico internazionale che non offre certezze.
Troppe variabili rischiano di essere aleatorie.
Tutto viene giocato sulla fiducia generata da annunci su riforme che sono solo sulla carta.
C’è il rischio che le aspettative possano mutare se non si vedono riscontri positivi.
Restano i numeri che indicano la particolare situazione del Paese. Ne ricordiamo alcuni:
Una pressione fiscale nel 2013 pari al 43,8 quattro punti superiore al livello medio dell’Unione; l’eccesso di prelievo gravante sul fattore lavoro che evidenzia un cuneo orari al 47,8, quasi 6 punti superiore alla media di 21 paesi pari al 42 per cento; il funzionamento dell’Irpef falsato da due fenomeni come elusione ed erosione che influiscono sul livello e sulla distribuzione del prelievo; il fenomeno della erosione per dimensione 105 md e 176 agevolazioni su 720 configura una “fuga” dalla progressivitá dell’imposta; l’operare di tutte le agevolazioni produce un forte ridimensionamento della aliquota media effettiva che si riduce dal 27,3 al 19 per cento; l’operatività dell’Irpef viene condizionata dalla esplosione delle addizionali destinate al finanziamento di Regioni e Comuni, alterandone l’incidenza e distorcendone gli equilibri distributivi; scelte selettive rientranti nell’ambito proprio dell’Irpef se affidate a surrogati come prelievi di solidarietá, bonus e tagli retributivi sono all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef, finendo per intaccare la portata e la efficacia redistributiva dell’imposta.
Emerge poi la costellazione delle societá partecipate e degli enti strumentali che secondo un censimento determina la erogazione di ben 25 miliardi con sovrapposizione di compiti e duplicazione di funzioni e costi.
Se l’Italia vuole raggiungere il rapporto spesa/Pil della Germania al 41 per cento dovrebbe tagliare 2 punti di Pil corrispondenti a 32 md come indicato dalla spending review. Questo obiettivo appare ambizioso rispetto al livello della crescita che appare troppo bassa rispetto a quella della Germania.
Viene indicato il risultato positivo delle amministrazioni locali che hanno prodotto un avanzo primario di 3,6 miliardi ma ciò è stato possibile per gli effetti delle addizionali.
Il percorso delle riforme appare ineludibile. È illusorio pensare che quelle istituzionali da sole possano determinare più investimenti e più crescita. È altresì illusorio immaginare che la crescita possa essere determinata da virtuosi comportamenti solo domestici e l’Europa non modifichi le sue politiche per una maggiore armonizzazione economica e sociale tra gli Stati dell’Unione.
Roma, 4 giugno 2014