BARTOLO CICCARDINI – Commemorazione all’Istituto Sturzo
Interventi di: Gerardo Bianco, Massimo Cortese, Maurizio Eufemi, Alessandro Forlani, Francesco Malgeri
tratti dal sito: bartolociccardini.wordpress.com
INTERVENTO DI GERARDO BIANCO
Se dovessi immaginare una raffigurazione di Bartolo Ciccardini, sintetica della sua personalità, non riuscirei a trovare nessun ‘altra immagine che non sia quella di un vulcano in continua eruzione, perché era tale la sua capacità creativa e inventiva, che peraltro si traduceva in linee culturali e politiche molto precise ed erano così innovative ed anche, in qualche maniera, spiazzanti le sue scelte, da apparire a molti, un po’ schizzinosi del rigore della politica, perfino poco politico, mentre invece Bartolo Ciccardini riusciva a guardare nel presente, avendo ben chiaro quello che era il flusso culturale, politico e sociale che si innervava nella nostra società.
La mia è un’amicizia antica, che risale ai tempi della Cattolica e si è sempre intrecciata con la sua storia personale.
Io so che molti vogliono dare testimonianza di questo rapporto con Ciccardini e presentarne lati della sua ricchissima personalità , quindi non posso che essere succinto e breve. Tanto più succinto quanto più ampia è la storia personale di Ciccardini, perché attraversa tutta la vicenda della Democrazia Cristiana, direi fino ai nostri giorni. È una storia che comincia da lontano, comincia quasi agli albori della storia della Democrazia Cristiana. Egli partecipa ed è testimone di quell’incontro, diventato mitico, all’interno della nostra vicenda politica, che è l’incontro del porcellino, quell’incontro straordinario fra Dossetti, Fanfani, Lazzati, la Bianchini ed altri. Ciccardini ne è testimone, ed ha lasciato in questo libro, dedicato a Franco Maria Malfatti, che abbiamo presentato qualche giorno fa a Rieti, una testimonianza bellissima di questa sua esperienza.
Ciccardini, come ha detto benissimo poco fa Francesco Malgeri, appartiene ad una generazione che ha segnato la storia del nostro Paese in momenti fondamentali ed importanti. È la generazione degli anni ’20, la generazione che prende in mano l’Italia, dopo la guida di De Gasperi.
È una generazione interessantissima, ha nomi prestigiosi, importanti, oggi non catalogati fra i grandi personaggi della storia, perché altra è la storia che viene scritta nel nostro Paese. E qui, se permettete, come un mantra, continuo a ripetere che la storia della Democrazia Cristiana, caro Malgeri, non è stata scritta, o quella che è stata scritta è una storia distorta, artefatta.
Peraltro, la cosa singolare è che quando si parla di questi personaggi della Democrazia Cristiana, grandi personaggi, e sono tanti, sono decine di migliaia di persone, paradossalmente non si riesce a criticare la grandezza di questi personaggi e si usa sempre dire, lo hanno fatto perfino con Martinazzoli, nostro grande punto di riferimento, democristiano anomalo, quasi che questi personaggi, che hanno scritto la storia, sono differenti da che cosa sia stata la Democrazia Cristiana, che non è stata affatto capita, perché complessa è la sua natura.
Io voglio sottolineare che qui c’è una testimonianza importante di che cosa abbia rappresentato Bartolo Ciccardini nel contesto democratico: la presenza di Pannella, che dimostra quanta capacità lui aveva di colloquio con uno che rappresentava, dal punto di vista della visione fondamentale dei valori della società qualcosa di molto distante rispetto alla cultura cristiana, però c’era questa grandezza in Ciccardini, la capacità di colloquiare portando tesi, affrontando i temi con una presenza culturale molto raffinata.
Bisogna leggere i suoi scritti, bisogna anche scoprire quella sua venatura spirituale ed anche religiosa che soprattutto ha alimentato gli ultimi bellissimi scritti di Camaldoli, l’ultimo tentativo che insieme abbiamo sviluppato per mantenere viva la fiammella di una cultura politica che rischia di essere completamente dimenticata, ignorata e che sicuramente, sparendo dal panorama politico italiano, rischia di impoverire complessivamente tutta la cultura e la società del nostro Paese.
Bartolo Ciccardini ha inventato mille cose. Nei momenti di depressione del partito c’era Bartolo Ciccardini che accendeva una fiammella.
Io voglio ricordare, qui c’ è Ferrarini, quello che lui fece, per esempio, in un momento di depressione della Democrazia Cristiana, inventó le feste dell’amicizia e ci fu il grande incontro di Palmanova che, come ricordate, fu la riscoperta che, in fondo, non tutto era cenere nella Democrazia Cristiana, che c’era ancora fuoco all’interno della Democrazia Cristiana e quel fuoco si riaccese intorno a Zaccagnini, intorno alla Democrazia Cristiana, e si accesero nuove speranze, che poi sono andate, ahimè, perdute, anche per nostra insipienza.
Era un personaggio che aveva nell’animo quella che si chiama la curiositas, un termine latino che dice molto più della nostra curiosità. Voleva dappertutto sapere, capire.
Io non voglio farla lunga, ma una delle cose che mi ha più colpito era che, quando discuteva con me, amava parlare del Mezzogiorno ed ero sorpreso perché conosceva episodi, fatti, vicende che a me, che pure vivevo nel Mezzogiorno e che qualche libro l’avevo pure letto, riuscivano praticamente ignote.
Mi dette una volta un manoscritto ed io questo manoscritto ho voluto che fosse pubblicato. È nato questo libro: Viaggio nel Mezzogiorno d’Italia. E’ un libro di una scrittura, come lui sapeva fare, vivace, ricca. Aveva indagato dappertutto, aveva letto libri di autori dimenticati, scritti in un italiano desueto, ma erano ricchi di notizie che diventavano una storia sorprendente, intensa era questa sua capacità di indagare, per esempio, sulle Repubbliche marinare, e poi anche nella vita vera, materiale delle comunità nella loro cultura popolare, perché per lui cultura popolare era anche l’incontro con i cibi, descritti in vivaci squarci narrativi. Voglio ricordare questo aspetto importante della sua attività. Egli infatti è l’inventore della catena Ciao. Sapeva che la cultura popolare si manifestava in tutte le espressioni della vita, non era solo pensiero, non era solo astrazione. Non parlerò qui di quella che è stata poi la sua intuizione del modo di affrontare la crisi italiana, c’è qui Zamberletti, c’è qui Mario Segni, ci sono altri amici che tentarono allora di capire che forse bisognava dare una svolta, che non passasse solo per la dialettica politica. Io appartenevo ad una corrente che pensava che la soluzione della crisi italiana passasse per la dialettica fra i partiti, e non invece per una capacitá incisiva riformatrice dello stesso partito democristiano che, cambiando alcune regole dell’organizzazione istituzionale del Paese, fosse in grado di affrontare la crisi. Naturalmente allora ci fu una grande offensiva mediatica contro, e quindi la demonizzazione del movimento accusato di gollismo, come antidemocratico. Ciccardini fu invece un anticipatore, un inventore di soluzioni democratiche che oggi sono diventate pane quotidiano. Si pensi, per esempio, alle famose primarie, ma soprattutto alla battaglia per l’elezione diretta del Sindaco, una battaglia che cominció da lontano e che riuscimmo con Segni a realizzare solo nel 1992.
La sua è una storia straordinaria e, per scriverla, spero che prima o poi ci si metta insieme a elaborarla, perché scrivendo la storia di personaggi come Bartolo Ciccardini si aiuta, a mio avviso, a scrivere la storia non ancora scritta della Democrazia Cristiana, quella ignorata eppure luminosa. Credo che Bianchi ricorderà, per esempio, le sue ostinate battaglie per ricordare quello che è stato dimenticato, l’apporto che i partigiani cristiani e 400 sacerdoti sacrificati durante la Resistenza, hanno dato alla storia del Paese. Anche questa è una battaglia sulla quale si è caratterizzato moltissimo l’impegno storiografico di Gabriele De Rosa, quasi che la Resistenza non avesse visto la partecipazione attiva degli uomini che appartenevano al filone culturale e politico cattolico-democratico.
Testimonianza del suo amore per la storia e la libertà è questo libro, che è stato prefato, come è stato ricordato, da Scoppola. Ma io voglio soprattutto richiamare il ricordo della sua scorribanda storica lungo le strade del Mezzogiorno. Rosaria ricorderai quando noi a Positano lo presentammo. Era felice e contento, così come credo che felice sia finita la sua ultima giornata, ancora fortemente impegnato nella sua battaglia ideale. Non si rassegnava alla fine della nostra storia e fino all’ultimo ha tentato di mantenere vivo almeno il discorso culturale.
Per me il ricordo è insieme politico e personale.
Se permettete, perché è una sintesi, faccio un riferimento molto personale.
Forse non è elegante che io citi qui la pagina che lui, quando io gli ho fatto pubblicare questo libro e inserita una mia prefazione, mi ha dedicato, però lo faccio lo stesso.
�Caro Gerardo, da quando ci siamo conosciuti, nel 1952, per un mio pellegrinaggio alla Cattolica, a causa di Terza Generazione (è il momento di ripresa di un discorso nuovo) la mia strada politica è segnata da pietre miliari, che si chiamano “lettere a Gerardo Bianco”. Non cè fase del nostro comune andare che non sia segnata da una lettera a Gerardo Bianco. Questo libro, di cui sei stato osservatore ed osservato, è in realtà una lettera a Gerardo Bianco, che vi appare come maestro in verità, come Virgilio, nel mio viaggio.
Questa è una delle pagine più care che ho ricevuto fra i tanti amici. Volle regalarmi questa cravatta. Questa cravatta, come vedete, porta la balena bianca, non la vediamo più all’orizzonte. I balenotteri pare che siano scomparsi, ma prima o poi la politica, come la natura, ricrea sorprese.
Mi dispiace soltanto che il postino non busserá più per portarmi le lettere di Bartolo Ciccardini.
Gerardo Bianco
L’Azione ricorda Bartolo Ciccardini – Commemorato a Roma l’onorevole cerretese Bartolo Ciccardini
di MASSIMO CORTESE (su l’Azione del 16 Ottobre 2014)
Se mi avessero detto che, alla Commemorazione dell’onorevole democristiano Bartolo Ciccardini, sarebbe stata letta una commossa lettera dell’onorevole comunista Luciana Castellina, che manifestava grande stima per Bartolo, conosciuto nei lontani Anni Cinquanta, e che al coro degli elogi si sarebbe unito l’onorevole radicale Marco Pannella che, non pago del suo bellissimo e interminabile intervento, come solo lui sa fare, avrebbe sollecitato l’onorevole democristiano Arnaldo Forlani a prendere la parola, avrei risposto, senza mezzi termini, che non poteva essere vero. Invece è tutto vero, come è stato documentato da Radio Radicale, che ha filmato l ‘evento, e dai miei due compagni di viaggio, il cerretese Alberto Biondi, cugino di Bartolo e locale presidente dell’ANPI ed il professore Aldo Crialesi, che per un trentennio è stato vicedirettore de L’Azione. Per questa ragione, quando Michela Bellomaria mi ha chiesto di scrivere qualcosa per L’Azione sulla Commemorazione del vostro Illustre Concittadino, ho pensato che la mia riflessione fosse da considerarsi un obbligo, specialmente nell’attuale momento storico in cui la vostra amatissima Cerreto d’Esi Commissariata, segno inconfutabile che la Politica cittadina vive un momento di difficoltà . Perché Bartolo Ciccardini, oltre ad essere un giornalista, uno scrittore, uno che pensava in grande, era essenzialmente un politico, ma non ha mai dimenticato i suoi legami con i luoghi dove è venuto al mondo. Vi chiedo scusa se questa mia riflessione richiederá qualche minuto del vostro tempo, cercherò di fare del mio meglio: sará un’impresa ardua, ma non impossibile: io andrei ad iniziare.
�� mercoledì 1� ottobre 2014, sono le quindici e quaranta, sto per entrare a Palazzo Sturzo a Roma per partecipare alla Commemorazione dell’onorevole Bartolo Ciccardini, che aveva scritto la prefazione per il mio ultimo libro. Nessuno è arrivato, sono in grande anticipo, vado a cercare la sala dell’incontro, sul tavolo posto all’ingresso della sala trovo due lettere su carta intestata dell’Istituto Sturzo, una scritta da Pino Ferrarini, un suo amico, mentre l’altra riporta il ricordo di Luciana Castellina. Incuriosito, vado a leggere questa lettera appassionata, perché racconta con nostalgia dei lontani Anni Cinquanta, al tempo degli incontri e degli scontri tra i due opposti schieramenti dei giovani comunisti e dei giovani democristiani, nel corso dei quali prese a stimare Bartolo. I primi ad arrivare sono due operatori di Radio Radicale, con i quali scambio alcune opinioni a proposito della trasmissione Radio Carcere, che va in onda presso la storica emittente il martedì sera alle 21.00 e viene replicata il giovedì sera. Nel frattempo la sala comincia a riempirsi, vedo arrivare molti volti noti, tra i quali il ministro Zamberletti, Gerardo Bianco, Mario Segni, Arturo Parisi, Calogero Mannino, Maria Pia Garavaglia e i marchigiani Francesco Merloni e Adriano Ciaffi, oltre a un bel plotone di giornalisti, tra i quali riconosco il sempre verde Gianni Bisiach, che per un amante della Storia come me è una specie di mito. In una sala affollatissima la Commemorazione ha inizio alle ore 17.15 con l’intervento di Giuseppe Sangiorgi, il Segretario Generale dell’Istituto Sturzo che, nel fare gli onori di casa, prova ad immaginare una vicenda curiosa che potrebbe avere accompagnato la scomparsa: Quando Bartolo è andato in Paradiso, e a San Pietro eè stata presentata la lista dei nuovi venuti, il santo, quando ha saputo che c’era Bartolo, è andato ad accoglierlo, data la sua grande popolarità anche da Quelle Parti . I posti a sedere sono tutti occupati, a parte uno che, per ironia della sorte, è quello accanto al mio. In quel momento vedo Pino Ferrarini che, visto il posto libero, fa: è arrivato Marco Pannella, questo è libero? Certo, faccio io, onorato dall’insolita situazione, ma dopo qualche secondo un signore occupa il posto. Sento dal fondo della sala il vocione inconfondibile dell’onorevole Pannella, che ho spesso sentito a Radio Radicale e alla TV: a quel punto, c’è una sola cosa da fare: quando Ferrarini accompagnerá Pannella al posto che lui ritiene libero, il sottoscritto si alzerà e gli cederà il posto. Ed è esattamente quanto è accaduto: incredibile davvero! All’intervento introduttivo di Sangiorgi, segue quello dello storico Francesco Malgeri, che cerca di riassumere brevemente l’esperienza politica di Bartolo, nelle vesti di parlamentare, uomo di governo, dirigente di partito, giornalista, scrittore, autore di slogan e manifesti elettorali come il Famoso La DC ha vent’anni del 1963, direttore di giornale, inventore delle Feste dell’Amicizia, è poi la volta di Gerardo Bianco, che regala all’uditorio l ‘immagine più genuina dell’onorevole Ciccardini: un vulcano in continua eruzione. L’intervento di Gerardo Bianco èc stato particolarmente toccante: aveva idee innovative, nei momenti di difficoltà del Partito reagiva con nuove iniziative. Poi, quando legge alcuni brani del libro di Bartolo “Viaggio nel Mezzogiorno d’Italia”, specialmente quando parla delle lettere di Ciccardini a Gerardo Bianco, si commuove, e noi con lui. Alla commozione di Gerardo Bianco, segue quella di Giovanni Bianchi, che legge una poesia, che ha anche il sapore di una preghiera, ritrovata nella Bibbia di Bartolo, in cui lui chiede al Signore misericordia per quel capretto storto, come appunto lui si definisce. Interviene poi l’onorevole Marco Pannella, chiamato a gran voce da Sangiorgi a parlare, ad intervenire, a dare il proprio contributo, e lui non si fa certo pregare. L’onorevole non mi fraintenda, ma la sua presenza, quella di questo Gian Burrasca della Politica Italiana, che non ha mai avuto peli per la lingua per nessuno, è fondamentale per comprendere come realmente Bartolo Ciccardini fosse contro gli schemi, essendo un uomo che dialogava davvero con tutti, a prescindere dalla militanza politica. Non a caso, molti sono rimasti sbalorditi nel constatare che Marco Pannella ha fatto di tutto per lasciare Londra ed essere presente alla Santa Messa organizzata al mattino in suo suffragio dall’Associazione Ex Parlamentari. È poi seguito l’intervento di Alessandro Forlani, che ha avuto il privilegio con pochi altri di essere presente al ritrovo in pizzeria la sera della scomparsa, che ha messo in rilievo la fede di Bartolo nelle esigenze concrete della sua attività politica. Suo padre Arnaldo ha evidenziato come Ciccardini fosse rimasto giovane, al punto che a parlare della sua persona era stato chiamato suo figlio. Flavia Nardelli ha comunicato che alcune iniziative intraprese da Bartolo verranno portate avanti. Il noto giornalista Gianni Bisiach ha ricordato Ciccardini quando, era ancora vivo Pio XII, entrambi s’interessarono addirittura del parto indolore, che allepoca costituiva una novità. Perché Bartolo è noto soprattutto per le innovazioni, per le invenzioni, per le intuizioni, molte delle quali si sarebbero rivelate delle realtà : in una parola, era un Creativo. Per ultimo, in ordine di interventi, parla il fabrianese professor Crialesi che, dopo aver detto che avrebbe messo a disposizione di tutti molti libri d Ciccardini, si sofferma sul fatto che Bartolo soffrisse per la latitanza del mondo cattolico.
Cari Amici dell’Azione, io avrei concluso questa mia riflessione sulla Commemorazione, ma prima di congedarmi vorrei riportare una osservazione dell’onorevole scomparso, tratta dall’articolo “Bartolo fuori dagli schemi ” scritto da uno che lo conosceva bene, l’amico Giovanni Bianchi. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista online Camaldoli del 6 ottobre 2014, di cui l’onorevole era Direttore: ecco quanto diceva Bartolo: ” Io leggo moltissimi giornali, ma quello che mi sembra fatto meglio è L’Azione, il settimanale di Fabriano-Matelica, che poi è la terra dove sono nato. Quando mi arriva a Roma ci trovo dentro tutto: la vicinanza al territorio, ai fatti concreti, anche piccoli, che vi accadono. Una linea, cioè una angolatura precisa con cui interpretare gli avvenimenti, proposti però senza chiusure, senza toni tetragoni. E anche una certa freschezza e vivacità , cosa non troppo frequente per un organo di stampa cattolica”.
Non ci sono parole migliori per dimostrare, qualora ve ne fosse ancora bisogno, quanto Bartolo amasse la sua Terra.Non vi dovete commuovere, per favore: l’onorevole non lo avrebbe mai permesso.
Massimo Cortese
La commemorazione di Bartolo Ciccardini all’Istituto Sturzo di MAURIZIO EUFEMI
Quello che avrei voluto dire nell’incontro presso l’Istituto Sturzo su Bartolo Ciccardini, mi è rimasto dentro. Non ho potuto farlo perché il programma si era dispiegato oltre i tempi previsti con interventi fuori programma, ma particolarmente graditi, come quelli di Arnaldo Forlani e del suo amico avversario politico Marco Pannella. Tanti hanno voluto essere presenti per partecipare al ricordo. Tra questi Francesco Merloni, Mario Segni, Arturo, Parisi, Dario Antoniozzi, Favia Piccoli Nardelli, Giuseppe Gargani, Angelo Sanza, Adriano Ciaffi, Maria Pia Garavaglia, Giuseppe Zamberletti, Pietro Giubilo e tanti altri ancora. Lo storico Francesco Malgeri ha lumeggiato la figura politica di Bartolo ricordando le tappe della sua lunga esperienza politica, di parlamentare, uomo di governo, dirigente di partito, autore di slogan e manifesti elettorali come quello del 1963 La DC ha vent’anni direttore di giornale, inventore delle Feste dell’Amicizia, la sua vitalità straordinaria e la curiosità ai mutamenti. Autore di significative riflessioni religiose sulla presenza dell’ uomo nel mondo. Poi le esperienze recenti di direttore della rivista culturale on line Camaldoli.org, di animatore dei partigiani cristiani, ribelle per amore. Per Gerardo Bianco che fa risalire il primo incontro con Bartolo alla Cattolica di Milano nel 1952 Ciccardini era un “vulcano in continua eruzione”. Era esponente di quella generazione degli anni venti protagonista della storia della DC. La loro amicizia profonda ha trovato espressione nel libro viaggio nel Mezzogiorno configurato come lettere a Gerardo Bianco, ma ora quel postino che ha recapitato tante lettere di Bartolo ora non suonerá più. Poi il vecchio leone politico Marco Pannella ha voluto essere presente e parlare perché è certo che avrebbe fatto piacere a Bartolo. Ha ricordato le sue battaglie con la sinistra liberale, la sua amicizia antica e il suo impegno costante a ricercare la storia delle madri, dei padri e dei figli senza distinzioni. Si è abbandonato a citazioni storiche rivendicando con orgoglio e ricordando la vicenda Parri e quella verso De Gasperi. Alessandro Forlani ha ricordato gli ultimi tragici momenti vissuti insieme a parlare di politica con una grande preoccupazione per il Paese, ma con uno sguardo ancora al futuro e ad iniziative rivolte alla città di Roma, che dovevano coinvolgere il Vicariato e le parrocchie È stato maestro di più generazioni per un approccio alla vita pubblica. Ha dato i rudimenti del mestiere a tanti giovani con gli incontri a Sant’Ignazio e al Terminillo. Sapeva introdurre sempre elementi innovativi. Giovani Bianchi ha voluto ricordare la battaglia condotta con i partigiani cristiani e la grande amarezza che aveva avuto nel mancato riconoscimento. Ciccardini apparteneva alla categoria degli anomali, degli irregolari di genio, quelli che legavano i partiti con i territori, con i corpi intermedi. Voleva sottrarre la Resistenza alla epopea e farla capire alle nuove generazioni. Di qui le iniziative per i 400 sacerdoti uccisi, per Suor Teresina, per la battaglia della Montagnola per Dossetti e la Resistenza, per il 70^ del Codice di Camaldoli. Per Arnaldo Forlani, Bartolo Ciccardini � morto con i giovani. Per onorarlo sarebbe bene dare vita ad una casa editrice con una collana editoriale che riprenda la esperienza delle 5 Lune. Non tutti erano giovani come Bartolo che sapeva stare con i giovani. Luciana Castellina ha voluto mandare un ricordo scritto per testimoniare il dialogo tra giovani DC e giovani comunisti attraverso gli organismi universitari. Nei giorni della famosa legge truffa litigarono lungo Corso Vittorio ma in realtà erano più d’accordo di quanto apparisse. Con lui – ricorda Luciana Castellina – se n’è andato un pezzo della storia della mia generazione, oltrechè un grande amico: il solo amico democristiano! Avrei voluto tratteggiare l’aspetto umano, quello della persona, le telefonate, le mail, i commenti, i giudizi, i programmi, le idee, le iniziative. Sapeva guardare ad orizzonti lontani. Il Ciccardini parlamentare, uomo di vasta e profonda cultura. Quello che avrei voluto dire è che Ciccardini non voleva essere protagonista. Sapeva essere discreto. Preferiva fare il soggettista, sceneggiatore, stare dietro le quinte, scrivere il copione. Non voleva la ribalta. Altri dovevano essere i protagonisti. Per il 70^ di Camaldoli volle filmare l ‘evento nonostante un braccio ingessato. Rimase piacevolmente sorpreso della straordinaria partecipazione ad un evento che si tenne nel pieno di un torrido mese di luglio. Non si accontentava del sito, voleva una diffusione larga anche per coloro che non poteva essere presenti nelle sale della Camera. E la diretta streaming lo riempiva di gioia. È mancato pochi giorni prima della commemorazione del 15^ anniversario della scomparsa di Livio Labor. Era l’occasione per fare il punto su un particolare momento storico quello della scissione delle Acli agli inizi degli anni settanta che per lui vecchio aclista fu una ferita non rimarginata. Voleva illuminare la storia con i protagonisti degli eventi. Bartolo Ciccardini inizia il suo percorso parlamentare con le elezioni del maggio 1968. Interviene alla Camera il 28 aprile 1970 sulla legge istitutiva del Referendum che marciava parallela alla legge sul divorzio. Lá in quell’intervento c’è tutto Bartolo. Quel discorso racchiude e anticipa le indicazioni e le scelte degli anni successivi fino ad oggi. Riteneva necessario rendere viva la Costituzione allo sviluppo storico del Paese. Poneva la esigenza si una legge adeguandola allo spirito della Costituzione. Riteneva il referendum come mezzo necessario per integrare il Parlamento e come mezzo di allargamento della vita democratica. Si sofferma sul ruolo dei partiti. Anticipa di venti anni la elezione diretta del sindaco e la difesa delle autonomie locali non in una visione percentualistica delle forze politiche. Con il proporzionale che era nato nel 1919 votiamo i numeri invece che i nomi. Interviene sul bilancio interno della Camera, sollecitando il Presidente Pertini, affinchè i pannelli che ornano l’Aula riportino i risultati del referendum Istitutivo della Repubblica frutto della Resistenza. Era un simbolo, ma che simbolo! Vedeva scarsa attenzione per Roma Capitale e il rischio che Roma divenisse il gorgo in cui si perdono i deficit. Propone un asse attrezzato lontano dal centro storico anziché la concentrazione della città della politica. Non voleva il privilegio del permanente ferroviario, ma i mezzi per il contatto con l’elettorato. Richiamó ben 25 anni fa perfino il ruolo costituzionale del cnel , che solo oggi viene cancellato. Vede i rischi del procedimento legislativo con continue incomprensibili norme di rinvio che definì un “Olimpo giuridico che il popolo non capisce”.Potrei dire e scrivere molto altro. Mi fermo qui. Resta il ricordo di una persona che sapeva coinvolgerti anche in progetti difficili. Niente riteneva insuperabile. Apparteneva appunto a quella generazione degli anni venti formata nella Resistenza, nelle difficoltà della guerra e del dopoguerra, nella faticosa ricostruzione, negli anni del contestazione giovanile e poi nel terrorismo e vedeva la necessità di adeguare il sistema istituzionale nel solco della Costituzione. Un ribelle per amore. L’Istituto Sturzo gli ha dedicato il giusto tributo in quella che Bartolo Ciccardini considerava la sua casa, il luogo del confronto delle idee senza pregiudizi.
Maurizio Eufemi
INTERVENTO COMMEMORAZIONE CICCARDINI di Alessandro Forlani
Penso di poter dire che Bartolo abbia concluso la sua esistenza terrena in piena coerenza con quella che è stata la sua storia personale, quella di un uomo che valorosamente, con energia intellettuale e passione, si è battuto per il progresso sociale e per il bene comune. Credo possa qualificarsi come un vero patriota, perché veramente ha manifestato fino all’ultimo quel grande amore per il suo paese di cui la sua lunga milizia politica era stato lo strumento, affiancata da un intenso impegno pubblicistico e associativo. Anche nelle sue ultime parole emergeva prorompente la preoccupazione per le sorti del Paese, delle giovani generazioni, della nostra democrazia repubblicana, faticosamente conquistata e sempre a rischio di derive demagogiche o fuorvianti, rispetto agli ideali e agli intenti delle origini. A quelle origini, a quei valori e, in particolare, alle radici dell’impegno sociale e politico dei cattolico-democratici nel nostro paese, tendeva sempre a richiamarci, quando, da giovani, ci coinvolgeva nelle sue iniziative formative e culturali. Ed è a questo aspetto della sua storia e della sua personalità che vorrei oggi rendere testimonianza, mentre gli amici che mi hanno preceduto hanno evidenziato altri passaggi e caratteri della sua instancabile attività . Avremo modo poi in altre occasione di focalizzarne altri ancora, perché l’impegno profuso da Bartolo ha investito diversi campi d’azione ed � stato particolarmente intenso e sarebbe impossibile ricomprenderlo nella trattazione di una sola giornata. Ma io, in questa occasione, vorrei soprattutto testimoniare l’importanza del ruolo che ha svolto nella formazione politica e culturale di più generazioni di giovani, di cui tanti rappresentanti vedo anche ora tra i presenti. Con i suoi corsi di formazione, le sue conferenze, i suoi stimoli ed insegnamenti concorreva sensibilmente alla maturazione delle nostre consapevolezze sui doveri sociali, sul senso della nostra appartenenza alla collettività, sulle potenzialità che gli strumenti della cultura e della democrazia ci offrivano per migliorarla. Spontaneamente e, direi, per vocazione, Bartolo si interessava ai giovani, voleva sapere quali tematiche e problemi dovevamo affrontare nei parlamentini scolastici, nei tormentati Anni Settanta, caratterizzati dagli “opposti estremismi”, da fenomeni di violenza e di intolleranza, direi, nel mondo giovanile, da un “eccesso di politica”, mentre ai nostri giorni sembra dominare l’antipolitica! In quegli anni della mia adolescenza, inoltre, la nostra appartenenza democratico-cristiana era continuamente sotto attacco, sembrava ci volessero ridurre alla marginalità, relegandoci in un ghetto di oscurantismo clericale e di conservazione! Cercavano sempre di metterci in mora, con semplificazioni mistificanti delle nostre motivazioni e della nostra ispirazione, stimolando un continuo contraddittorio in cui eravamo indotti a spiegare le nostre ragioni. E il contraddittorio continuo richiede gli strumenti culturali, quelli di cui, grazie proprio a persone attente alle istanze giovanili, come appunto l’on. Ciccardini e a iniziative come quelle da lui organizzate, riuscivamo ad appropriarci per contrastare quei continui attacchi alla nostra identità e alla nostra scelta di campo.
Ci dicevano che loro erano laici e noi confessionali, no, invece eravamo laici di ispirazione cristiana, nè liberisti, nè libertari, ma interclassisti, con una visione sociale fondata sul solidarismo e sulla centralità della persona. I suoi corsi e le sue riunioni ci offrivano insomma le categorie, i concetti di fondo, le argomentazioni per le fatiche dialettiche che ci attendevano nelle assemblee, nei collettivi e successivamente per l’impegno sul territorio, nei quartieri ! Ricordo i corsi presso l’Antica Farmacia, nella Rettoria di S. Ignazio, quelli in un rifugio di montagna del Terminillo che si tenevano in settembre, i grandi convegni di Fiuggi! E accanto ai protagonisti della politica nazionale che sovente si incontravano in queste occasioni, partecipavano altre persone che con generosità contribuivano alla nostra educazione alla vita pubblica, cui dobbiamo riconoscenza, ricordo in particolare il prof. Ignazio Vitale, sui temi economici e sindacali, l’ing. Vanni Cocco, sulla famiglia, Celso Destefanis sui problemi dello Stato e altri temi legislativi e sociali, Anna Maria Cervone, sull’integrazione europea. Persone sobrie e allo stesso tempo appassionate che dedicarono – con Bartolo che coordinava – il loro tempo ai giovani della Dc. Bartolo amava soprattutto ricordare gli albori della storia del Movimento Cattolico in Italia, le realtà di base che operando nel tessuto sociale avevano preparato la strada all’impegno politico vero e proprio, attraverso il partito. L’Opera dei Congressi, le leghe bianche, le cooperative, la stampa cattolica, le casse rurali, gli studi sociali, le esperienze municipali. E devo ammettere che il passaggio dalla fase di formazione alla diretta esperienza nella realtà di partito, così come si profilava a cavallo tra gli Anni Settanta e gli Ottanta, si rivela assai deludente, il contrasto con quelle aurore gloriose evocate nei corsi di formazione appariva piuttosto stridente ! Ancora la Dc era guidata, in ambito nazionale, da personaggi straordinari e carismatici, ma sul piano locale la degenerazione e il declino erano purtroppo evidenti. Cinismo, lotta spregiudicata per il potere, faziosità , arroganza e tesseramenti gestiti come pacchetti azionari non creavano certo entusiasmo e motivazione per coloro che iniziavano a cimentarsi nell’agone politico. Ci illudemmo peró di poter salvare quel partito, di rinnovarlo riscoprendo lo spirito delle origini e consentirgli di recuperare credibilità e fiducia, attraverso idee innovative, sul piano istituzionale e anche della riorganizzazione, secondo schemi nuovi, della sua presenza nella società . Idee che Bartolo elaborava con grande vivacità intellettuale e promuoveva con il suo attivismo vulcanico. Ma la sincerità di intenti non fu sufficiente e quel partito chiuse i battenti, per varie ragioni, sulle quali non si è mai riflettuto abbastanza e forse lo faremo, scegliendo tempi e modi. La Dc concluse traumaticamente la sua esperienza e noi ci siamo divisi in tanti rivoli, ritrovandoci poi, in tante occasioni, anche in questa sede dell’Istituto Sturzo, a rimpiangere quella scelta e a stigmatizzare la sostanziale marginalità in cui poi è stata indotta la nostra corrente di pensiero. La Dc finì , ma restó per molti di noi il rapporto personale con Bartolo, la consuetudine del confronto di idee, la sua disponibilità al consiglio affettuoso e all’analisi acuta e illuminante di quanto maturava nella società italiana, lo stimolo prezioso all’approfondimento delle evoluzioni in essere.
Si preoccupava soprattutto della crisi sociale, delle prospettive e della demotivazione dei giovani, dell’irrilevanza della presenza cattolica nella vita politica. Avvertiva, in questi anni, la crisi di rappresentanza della democrazia italiana, la scarsa capacità dei partiti di radicarsi nella società civile. A questa carenza si collega la sua tenace insistenza per la promozione di liste civiche, di movimenti che sorgessero dalla base della società per perseguire il bene comune! Così come auspicava l’intensificazione dell’impegno dei gruppi parrocchiali sul territorio, iniziative di solidarietà verso le persone bisognose sempre più numerose e servizi alle famiglie. Dall’iniziativa civica di base occorreva – secondo il suo pensiero – ripartire per restituire motivazione e tensione morale all’azione sociale e politica e, in questo quadro, perseguiva con noi la riorganizzazione di momenti formativi per i giovani, nei quartieri e nelle parrocchie.
Proprio per affrontare questo tema, in termini anche organizzativi, insieme ad altri amici, ci eravamo incontrati quella sera in cui ci ha lasciati. E sempre emergeva, nelle sue proposte e sollecitazioni, il fervido sentimento religioso, calato nella storia e nel destino degli uomini, una religiosità direi affettuosa, verso il Supremo Pastore, in un tutt’ uno con le Sue pecore, proprio quel sentimento che si coglie nella breve commovente poesia sul Giudizio Universale, quella del capretto, che è stata prima ricordata.
E speriamo che da quelle altezze Bartolo possa ancora ispirare la nostra azione e fare in modo che sia degna di quella che è stata la lezione di vita di cui intendiamo oggi ringraziarlo.
Alessandro Forlani
Ricordo di Bartolo Ciccardini di Francesco Malgeri
Ho accolto con grande piacere l’invito di Giuseppe Sangiorgi a essere qui presente, stasera, per ricordare Bartolo Ciccardini.
Chi vi parla, a differenza della gran parte dei presenti, ha avuto modo di conoscere, collaborare con Bartolo Ciccardini solo in anni più recenti, da quando prese a frequentare l’Istituto Sturzo, riconoscendo in questa sede un luogo dove era possibile riflettere, studiare e recuperare il senso più autentico e genuino della storia del cattolicesimo politico.
Un luogo dove era ancora possibile rievocare la storia italiana della seconda metâ del Novecento alla luce di ricerche serie e documentate, senza le demonizzazioni ricorrenti nei mass media e nei talk show televisivi, ove sembra predominare una sorta di cupio dissolvi di una storia che, pur con le sue inevitabili ombre, costituisce uno dei periodi più felici e costruttivi che l’Italia ha conosciuto negli oltre centocinquant’anni di unitá nazionale.
Bartolo con la sua presenza, discreta ma incisiva, ha arricchito l’attivitá dell’Istituto, che con lui ha trovato, accanto agli archivi cartacei, una sorta di archivio vivente, capace di illustrare, spiegare, animare momenti convegni e tavole rotonde che affrontavano vicende storiche di cui era stato protagonista o testimone per oltre mezzo secolo.
È qui che, di volta in volta, ci ha ricordato la sua esperienza politica, al fianco di uomini come Mattei, Malfatti, Fanfani, Rumor e molti altri, la sua presenza ininterrotta alla Camera dei deputati dal 1968 al 1992, la sua attività di governo come sottosegretario ai trasporti e poi, dal 1980 al 1986 alla Difesa, i ruoli fondamentali da lui svolti in seno al partito, come direttore dell’organo del movimento giovanile Per l’Azione, della rivista Terza Generazione e poi della Discussione. Ci ha ricordato più volte il ruolo svolto in seno alla Spes, e quell’idea del 1963, del manifesto su La Dc ha vent’anni, rivendicando, al di lá delle facili ironie che suscitó, la validità e il successo di quel manifesto sul piano elettorale.
Insomma è qui che egli ha discusso di molti problemi e aspetti politici e culturali legati alla presenza dei cattolici nel dibattito politico del secondo dopoguerra. Lo ha fatto sempre con garbo e discrezione, offrendoci contributi che riflettevano la sua lunga esperienza, la sua conoscenza di molti risvolti sconosciuti, ignorati dagli storici, la sua capacità di leggere i fatti della storia e della politica, assieme alla sua profonda cultura che spaziava in campi diversi.
Ricordo una sua bellissima lezione, nell’ottobre dello scorso anno, sulla figura, il pensiero e l’itinerario politico culturale di Lucio Magri, assieme a Luciana Castellina e Gerardo Bianco, ove affrontó il delicato tema del rapporto tra cattolici e comunisti nella storia del nostro paese.
Ció che sorprende, della sua lunga esperienza politica e umana, è la straordinaria vitalità che mai lo ha abbandonato, e soprattutto la curiosità di fronte ai mutamenti politici, sociali, culturali, tecnologici. Non è un caso che già in età avanzata, si cimentasse senza alcuna riserva o timore con le più moderne tecnologie, dando vita e sostenendo il peso di una rivista on-line, Camaldoli, che nel nome rievocava una pagina fondamentale nella storia dei cattolici democratici. Fino al giorno della sua scomparsa egli ha alimentato e arricchito questa rivista con articoli, riflessioni, proposte, tutte animate da una profonda carica e da una lettura attenta dei fatti della politica, della Chiesa, della società e del costume, senza pregiudizi e senza demonizzare la modernità. Non mancano riflessioni di carattere religioso, che non erano mai fini a se stesse, ma si confrontavano sempre con la presenza e con i problemi dell’ uomo nel mondo.
A rileggerli, gli articoli apparsi su Camaldoli, nei suoi cinque anni di vita, possiamo ripercorrere la più recente storia del nostro paese, del quadro internazionale e della Chiesa cattolica, da Berlusconi a Renzi, da Obama a Putin, da papa Ratzinger a papa Francesco, alla luce del vaglio critico, a volte pungente, con cui Ciccardini sapeva arricchire la sua prosa.
Non sarebbe forse una cattiva idea rimetterli insieme e pubblicarli questi scritti su Camaldoli, come una testimonianza viva e a volte sofferta di un laico cristiano di fronte ai mutamenti politici e sociali conosciuti dal mondo negli ultimi anni.
Ma vorrei aggiungere un altro elemento per ricordare la figura di Ciccardini. Si tratta del suo impegno, proprio negli ultimi mesi di vita, per ricordare e celebrare degnamente il 70 anniversario della Resistenza.
Cosi volle spiegare il significato delle sue iniziative per rievocare la Resistenza e la lotta di liberazione del nostro paese: Oggi nel momento in cui affrontiamo il vero problema dell’identità nazionale, credo che vada riscritta la storia della Resistenza, tenendo presente quel valore civile diffuso, che indicava una direzione morale non attendista, non indifferente, ma basata su una scelta di civiltà : l’appartenere ad una nazione che aveva dignità, che voleva riparare ai suoi errori, che voleva darsi un avvenire pacifico. E a questo eroismo civile, per cui i Partigiani cristiani si chiamarono “ribelli per amore”, bisogna ispirarsi per dare una motivazione ideale alla nostra ultima generazione. Ricostruire storiograficamente questi valori, significa anche ricordare che la Resistenza non finì il 25 aprile del 1945, ma continuó nelle conquiste democratiche della Costituente e del 18 aprile. In momenti difficili della nostra storia, negli anni di piombo si tentó di mostrare che la Resistenza non era finita, ma che anzi essa andava ripresa contro la Democrazia Cristiana e contro le istituzioni democratiche. Il terrorismo insanguinó il nostro paese ed il sacrificio di Aldo Moro non fu un atto conseguente alla Resistenza ma piuttosto in una nuovo e terribile ritorno del fascismo. Ritornare al sentimento civile e popolare della Resistenza è il modo giusto per intravedere uno sviluppo ed una crescita della società italiana e delle istituzioni della nuova Europa.
Scrivendomi in vista di una riunione seminariale tenuta il 30 gennaio 2014 affermava: “Ci prefiggiamo un lavoro di ricerca ed una mobilitazione di giovani per riscoprire il significato ed il valore della Resistenza civile e della Resistenza di coscienza (l’obbligazione morale dei ribelli per amore) rivedendo con attenzione l’autogoverno delle zone non controllate dai tedeschi, la partecipazione delle donne nel loro sacrificio quotidiano, il significato dei sacerdoti come capi naturali della Resistenza civile “.
Come segretario dell’Associazione nazionale partigiani cristiani si mise all’opera con grande fervore. Chiese aiuto ad istituzioni appositamente preposte a fornire contributi per iniziative celebrative della resistenza, ma, con suo grande disappunto, molte porte si chiusero.
Non si scoraggió chiese a me e ad altri amici, di aiutarlo per realizzare una serie di iniziative che lui stesso aveva programmato. Prese contatto con il Vescovo emerito di Perugia, Mons. Chiaretti, che èv il nipote di Concezio Chiaretti, parroco di Leonessa, cappellano degli Alpini, fucilato dai tedeschi, il 7 aprile 1943.
Ottenne anche il patrocinio dell’amministrazione comunale di Leonessa. Una sua telefonata a pochi giorni dalla sua scomparsa, mi comunicava la sua intenzione di realizzare a settembre, a Leonessa, un convegno sulla resistenza nell’Italia centrale, con l’obiettivo di mettere in luce una pagina di storia della resistenza civile del nostro paese, rifiutando le tesi della zona grigia e della morte della patria, per restituire ad un evento come la lotta di liberazione il suo grande significato storico.
Lui stesso, del resto, con il volume dedicato alla Resistenza di una comunità . La repubblica autonoma di Cerreto d’Esi, aveva già affrontato l’argomento, ricostruendo la singolare vicenda vissuta dal suo paese natale tra la primavera e l’estate 1944. Nella bella introduzione a questo volume, Pietro Scoppola ebbe a scrivere: “L’immagine della zona grigia è inaccettabile e Ciccardini non manca di dichiararlo esplicitamente: la popolazione del suo piccolo paese (come la popolazione italiana nel suo insieme) non fu inerte e indifferente di fronte ai mille drammi umani provocati dall’8 settembre. [�] Dobbiamo dire ormai con chiarezza che prendere le armi non si puó considerare l’unica forma di partecipazione e di coinvolgimento. [�] Il fenomeno della lotta armata che conserva tutto il suo valore non puó essere isolato dalle innumerevoli forme di Resistenza dignità.
Anche per questo dobbiamo ricordare e ringraziare Bartolo Ciccardini.
Francesco Malgeri