Zaccagnini un politico cristiano, uomo buono, onesto, mite
Benigno Zaccagnini è stato ricordato oggi, 5 novembre, nel venticinquesimo anniversario della sua scomparsa nella sala Aldo Moro di Montecitorio. Non poteva essere altrimenti per chi si sentiva profondamente discepolo di Moro. L’iniziativa è parsa quanto mai opportuna per un Paese che ha la memoria corta e che tende a mettere ai margini della memoria collettiva personaggi come Zaccagnini. Ne hanno ricordato la figura del politico che ha partecipato alla lotta di liberazione, come protagonista della Resistenza bianca, con il nome simbolico di battaglia di Tommaso Moro, e che avuto grandi responsabilitá sia istituzionali che di partito, dalla Assemblea Costituente fino al 1989, come Ministro del Lavoro e dei Lavori Pubblici, come Presidente del Gruppo Dc, come Vicepresidente della Camera, come Segretario e Presidente del Partito, Francesco Saverio Garofani, Paolo Ruffini, Nicola Antonetti, Presidente dell’istituto Sturzo, il gesuita Francesco Occhetta e Gerardo Bianco, presidente della associazione ex parlamentari. Sono intervenuti il Ministro Franceschini, Pierluigi Castagnetti, Domenico Rosati, Giuseppe Gargani, Angelo Sanza ed altri ancora. Il ricordo di Zaccagnini però non sbiadisce perchè sapeva parlare ai giovani, agli operai con un linguaggio semplice e diretto. Amava i corpi intermedi. Si rivolgeva alle coscienze, richiamando l’esigenza di moralitá. Portava umanitá nella politica. Proprio in quel congresso del 1975 al Palasport dell’Eur che lo elesse direttamente, dove prevalse con il 51,57 per cento dei voti su Arnaldo Forlani, e che alimentò nuove diffuse speranze giovanili affermò che la DC non sarebbe diventata il comitato di affari del capitalismo italiano, rifiutando la scelta conservatrice e guadando ai ceti popolari. Dá forza, con l’intuizione Bartolo Ciccardini alle Feste dell’amicizia che a Palmanova, in Friuli, trovano il primo grande momento di partecipazione popolare.
Guidò il partito nella difficile prova elettorale dellepolitiche del 1976 che impedirono il sorpasso del Pci; con Zaccagnini si realizzò un grande rinnovamento parlamentare: furono 101 i deputati democristiani che entrarono per la prima volta a Montecitorio. Fu segretario della Democrazia Cristiana dal 1975 al 1980 nella stagione più drammatica della nostra storia che ha visto il sacrificio prima di Moro, Mattarella, Bachelet e poi di Roberto Ruffilli. Vedeva la solidarietá come orizzonte di interesse nazionale. La tragedia di Aldo Moro fu per Zaccagnini, una ferita non rimarginata. Era uomo del dialogo ma anche della fermezza. Ha difeso lo Stato senza cedimenti. Sui rapporti con il Pci non v’è stata mai debolezza. Non v’era inclinazione consociativa, ma la ricerca del confronto democratico nelle aule parlamentari, confronto non come teoria, ma come prassi democratica.
In politica estera la scelta atlantica è sempre stata netta. Così fu nel 1979 quando si decise per gli euromissili che rappresentò un punto di svolta, un passaggio decisivo nei rapporti Est e Ovest e nella successiva crisi economica dell’URSS.
Non era un impolitico come si è tentato di raffigurarlo, ma un uomo politico di spessore. Basti pensare alla poderosa legislazione mutualistica in favore degli artigiani che introdusse da Ministro del Lavoro del II governo Segni interessando milioni di persone allora ancora escluse dal welfare state così come la definizione del ruolo della contrattazione riconoscendo la validitá erga omnes dei contratti collettivi. Nel 1959 affermò che con ” uno strumento giuridico che rappresenta la difesa della parte più debole del nostro corpo sociale, si realizza il rispetto della dignitá del lavoratore e l’acquisizione di un retto ordine sociale di più larghi strati del mondo popolare e del lavoro”.
Uomo schivo, di grande modestia, sensibile ai richiami del dovere divenne simbolo di valori, di virtù, di dedizione al bene comune.
Per Zaccagnini la politica era cercare di capire le grandi cose e fare tutto ciò che si può.
Era un uomo animato da un sentimento alto della politica, secondo quella che lui amava definire:”la missione che le è propria: di governare il presente, di sentire il futuro e, presagendolo, di inventarlo”.
Roma, 5 novembre 2014