Dove va l’Italia
“Dove va l’Italia” è stato il tema di un incontro promosso dalla Associazione ex parlamentari, con il Prof. Giuseppe De Rita oggi a Roma nella sala delle Colonne a Palazzo Marini.
Il Presidente del CENSIS, con la consueta franchezza e chiarezza espositiva, non ha nascosto la sua preoccupazione per la mancanza di attenzione sui soggetti della societá: le famiglie e le imprese. Le famiglie in questi anni di crisi si sono patrimonializzate. Sono diventate più ricche per la crescita dei depositi bancari, delle polizze vita come modo di costruire il futuro, per maggiori fondi investimento (nei ultimi 18 mesi + 30 miliardi al trimestre), per un crescente risparmio in nero derivante dall’allargamento del sommerso.
Il volume di risparmio incredibile numeri porta a parlare di boom del risparmio. Per le famiglie va detto che dopo il can can di questi mesi, gli ottanta euro non sono andati a sviluppo ma a risparmio. Che cosa è successo, che cosa succedera allora? Il Paese è fermo rispetto alle pagelle della Unione Europea o della pronuncia della agenzia di rating Standard & Poors. Perchè nessuno va a vedere le truppe come stanno? Non investiamo, non compriamo e mettiamo da parte; meglio stare liquidi. Ritornano le paure, dalla malattia alla vecchiaia. Si fa la cosa più statica: si risparmia. Le imprese aumentano il patrimonio perchè non hanno idee sul prodotto da lanciare e produrre, dall’abbigliamento alla casa e alle macchine; si preferisce il taxi. Si preferisce investire sulla legge Sabatini per le macchine utensili che significa stare al passo con i tempi nella innovazione tecnologica, piuttosto che in nuovi capannoni. Dunque famiglie e imprese sono due soggetti fermi e se ripartono lo fanno con mezzi propri perchè hanno sofferto troppo. Le imprese non hanno prospettive di mercato.
Il futuro dell’Italia è legato alla ripartenza, alla rimobilitazione i milioni di famiglie e di imprese. Dove vogliono andare le famiglie e le imprese italiane? Purtroppo si discute del nulla perchè non c’è alcuna capacitá di indagine. Dove va l’Italia in termini organizzativi e di investimenti? V’è la solitudine dell’ impresa. Nessuno chiede nulla. Mancano i partiti, i sindacati, i corpi intermedi. La finanza internazionale vive a sè, vivono tra loro, non scendono sulla terra. Il primo presidente della Banca Mondiale nel 1944 seppe guardare allo sviluppo e al planning. Sapeva fare cerchio con Menichella, Giordani, Saraceno. Oggi non c’è nessun cerchio. Oggi vivono in se stessi. Sono gruppi omogenei a se stessi. Quella che è stata rappresentata è la prima giara. Poi c’è la seconda giara. Renzi fa politica della politica. Fai tutto ma non fai nulla. Puoi fare tutto come riforme, leggi, se poi mancano i decreti attuativi. Il mondo istituzionale vive di se stesso. Tutto gira verticosanente, ma rimane nel social network. Poi c’è il sommerso che dicevano che era un fenomeno transitorio, ma è ritornato. Oggi è tutto sommerso da Prato a Valenza. È un mondo che si chiude, non si apre; mentre prima erano divertiti oggi sono incupiti dentro. È un ambiente che non appare.
Che societá è? Ci sono mondi asistemici che non comunicano. La cultura del comando non può essere cultura della politica. Se la politica non smuove soggetti che stanno fermi e i mondi non comunicano tra loro, se non smuove i tempi, corre tre rischi: 1) slittare nel populismo e nel gentismo con interpreti diversi come Berlusconi, Renzi, Salvini; 2) slittare nell’autoritarismo. In tutta Europa cresce voglia di autoritá. La societá disarticolata ha bisogno di chi la regge; non solo Putin, ma anche Merkel. In questo senso siamo vaccinati anche rispetto a Tambroni. Populismo e autoritarismo smantellano la mediazione; è una critica alla cultura moderna. 3) il secessionismo sommerso che è il terzo pericolo. Girando l’Italia si vede un potere diverso rispetto al potere statuale. Ci sono cacicchi locali, padroni delle tessere si muovono sulle primarie e fanno secessionismo sommerso.
La politica divrebbe rivolgersi in avanti interpretando aspettative di famiglia e imprese per dividersi dai tre pericoli.
I giovani italiani sono differenziati tra narcisi rappresentanti di un decadimento antropologico e giovani seri e preparati, ma che vanno accompagnati. La politica non è riuscita a capire le aspettative del tempo come fu con il piano casa di Fanfani o con il progetto auto di Valletta. Oggi i giovani manager stanno all’estero, non giocano dentro.
Oggi c’è una crisi della democrazia perchè nessuno, oltre Moro e Berlinguer, ha saputo dare orientamento. Oggi ci sono tanti soldi e poche idee. Il riassetto dell’esistente vince. Non dobbiamo avere nostalgia di risettare. Vale per tutto il paese anche per il nordest. I sistemi si stanno risettando.
Roma, 10 dicembre 2014