La mancanza di coraggio degli alleati del PD.
Dopo l’abbandono dell’Aula da parte delle opposizioni l’iter della riforma costituzionale ė diventato di colpo spedito, senza ostacoli. Abbiamo assistito al festival della ipocrisia tra esponenti del PD e alleati di governo.
Ciascuno cercava di addossare all’altro la responsabilitá della frattura parlamentare. Si stavano accorgendo con grande ritardo dell’errore politico ormai compiuto e le future conseguenze.
Nessuno ha però compiuto il passo necessario per impedire di procedere ad ogni costo. Le votazioni si susseguivano sistematicamente con risultati sotto i 315 e il risultato veniva garantito dalle generose missioni che alla ripresa del lavori di venerdì erano ben 91! Dunque numeri precari rispetto a quelli necessari per una riforma di 40 articoli della Carta. Chissá quali impegni istituzionali dovessero mai assolvere i 91 nella notte tra venerdì e sabato. Ad ogni modo sarebbe stato sufficiente che il centro democratico o NCD avessero sollevato con forza la richiesta della sospensione come questione politica per indebolire il PD, isolandolo sulle scelte operate. Ciò non è stato fatto perchè quelle forze hanno fatto prevalere il vincolo di maggioranza ad un progetto di riforma che altera gli equilibri costituzionali.
E quando Dellai con il suo intervento cerca di giustificare dicendo: “ciò che può apparire una forzatura da parte della maggioranza, cioè la decisione di procedere comunque con i lavori anche dopo l’abbandono da parte delle opposizioni, è la via stretta, in realtà, per evitare un’eutanasia che sarebbe certificata dall’inagibilità e dall’incapacità del Parlamento a decidere, magari è quello che si vuole, tuttavia noi riteniamo che, se si uccide la democrazia parlamentare, l’alternativa non è la democrazia diretta, ma una post democrazia autoritaria”, dimostra piena arrendevolezza.
Di fronte a queste preoccupazioni non c’era che una sola via, quella di fermare tutto. Altrimenti non si è alleati di governo, ma complici di uno scempio.
Per impedirlo c’era però bisogno di coraggio: quello che è mancato ieri a Montecitorio.
Roma, 14 febbraio 2015