Il DEF in due tempi
Ormai siamo al Def in due tempi: prima l’annuncio, poi l’approvazione. Con un intervallo che serve a capire le reazione dei soggetti più direttamente coinvolti, dei media per capire l’umore della stampa così da correggere eventuali errori o la rotta che si voleva intraprendere.
Si fa dunque in cinque giorni ciò che avrebbe dovuto essere fatto ben prima in una logica preparatoria e programmatoria che porti il governo ad assumere scelte precise su cui si assume responsabilitá ben definite. Nel caso specifico si scaricano sui sindaci e sui comuni gli interventi più dolorosi che riguardano il Welfare sociale e locale.
Invece tutto viene lasciato nella incertezza.
C’era infatti da prendere posizione sulle clausole di salvaguardia relative all’aumento dell’IVA e ciò non è stato fatto. Il Def serve proprio a questo, a programmare le scelte di politica economica e finanziaria.
Non si può rinviare questa scelta alla legge di stabilitá, quindi alla sessione autunnale di bilancio.
La vicenda del Def dimostra che il governo naviga a vista sperando nello stellone, ma non vi può essere ripresa se aumenta la pressione fiscale come è stato certificato dall’Istat.
Non vi possono essere aspettative di fiducia se le questioni di fondo vengono sistematicamente allontanate preferendo il giorno per giorno.