Riforme che colpiscono l’equilibrio costituzionale
Il governo Renzi procede a strappi sulle riforme sia costituzionale che elettorale, anche per le incertezze determinate dalla rottura del Patto del Nazzareno. Sembra profilarsi una fase di maggioranze variabili a seconda degli argomenti all’ordine del giorno, con tutte le conseguenze possibili, perchè riforme di così vasta portata richiedono larghe convergenze e soliditá di intenti che non si ritrovano nell’attuale quadro politico.
Prosegue l’azione del governo nell’imporre al Parlamento una linea improntata all’uso sistematico della delega, dei decreti legge e del ricorso al voto di fiducia. L’equilibrio dei poteri e di sistema così come costruito dalla Carta Costituzionale viene ferito mortalmente e il colpo di grazia sará dato dalla Riforma istituzionale che determinerá un nuovo modello di governo con un premierato spinto, senza contrappesi e pericolosi effetti sul principio di rappresentanza e sul sistema delle garanzie. Restano da sciogliere nodi ancora difficili quali una più puntuale definizione della rappresentanza delle autonomie che non può essere la duplicazione di quella esistente e la integrazione della funzione della Camera politica.
Di fronte a tutto ciò sono poche le voci che si sono levate per esprimere un dissenso netto di fronte a scelte così gravi è come sarebbe stato auspicabile da parte di chi viene da una tradizione democristiana, con una forte cultura e sensibilitá istituzionale.
Vediamo infatti i pericoli di uno strisciante autoritarismo che non viene bilanciato da forti poteri di controllo. Si sta profilando una riforma sbagliata che non risolverá i problemi istituzionali del Paese, accentuando la frammentazione politica con il voto di lista anzichè alla coalizione e le spinte a posizioni più radicali come la Lega lepenista. Giá gli strumenti attuali consentono all’Esecutivo di realizzare il proprio programma di governo come dimostrano i provvedimenti relativi al Jobs Act, agli ottanta euro, alle banche, etc. Ulteriori progressi potrebbero essere raggiunti mettendo mano seriamente ai regolamenti parlamentari.
Sullo sfondo resta una situazione economica estremamente grave sia per i forti livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, sia per scelte economiche sbagliate che giocano tutto sulla favorevole congiuntura economica in conseguenza del più favorevole rapporto euro-dollaro, sul minore costo dell’energia e sulla compressione dei salari. Tutto ciò può favorire la domanda estera con maggiori quote di export, ma non stimola la domanda interna per consumi che può essere generata solo dalla fiducia dei cittadini e soprattutto da un intervento qualitativamente e quantitivamente più efficace sulla pressione fiscale. Questo è il vero nodo irrisolto così come quello di non avere posto in Europa la rivisitazione delle regole che hanno prodotto soltanto deflazione. Non basta l’azione della BCE. C’è bisogno di una nuova politica europea che vada oltre i parametri di Maastricht ancorata al controllo dei bilanci, ma anche ai principi di sussidiarietá e di solidarietá.
Maurizio Eufemi
Roma, 6 aprile 2015