40 MOTIVI PER VOTARE NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Cari amici,
invio un contributo al dibattito sul prossimo referendum concernente la revisione costituzionale.Come illustrato lo scorso 6 aprile agli amici che intendono impegnarsi nella campagna per il no al referendum, pur appartenendo, per formazione e attività, ad una cultura che si rifiuta di circoscrivere argomenti complessi, che meriterebbero adeguato approfondimento e dibattito, in pillole e slogan, al fine di agevolare una divulgazione si è tentato di riassumere in circa 40 messaggi brevi le molteplici ragioni che inducono ad opporsi alla imminente riforma della nostra Carta costituzionale. Si tratta dei motivi che inducono a votare no al referendum sul disegno di legge costituzionale recentemente approvato dal Senato e che si accinge ad essere approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati, (Atto Camera n. 2613-B, in
http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0034621.pdf)
La presente nota, tuttavia, oltre che ai suddetti amici, è inviata anche ad altre personalità del mondo cattolico per svolgere un estremo tentativo di richiamare l’attenzione all’unità tra persone accumunate dalla fiducia, oltre che dalla fede, nei principi della Dottrina sociale della Chiesa, dalla convinzione che la riforma della Costituzione non costituirà un progresso per il Paese stante, da un lato, la confusione che ingenera nel riparto di competenze tra gli organi costituzionali e tra i vari livelli di Governo e, dall’altro, dalla consapevolezza del rischio di un’involuzione in senso autoritario che potrebbe derivare dallo smantellamento di una serie di pesi e contrappesi posti dai Padri della Repubblica, nonché, infine, dalla comune opposizione contro la legge Cirinnà e dal comune impegno per la tutela e la promozione della famiglia e, più in generale, del “Bene Comune”, così come definito dalla Dottrina Sociale della Chiesa.
Purtroppo, invece, a Roma e in altre parti d’Italia si rischia un “massacro” di liste e fra liste d’ispirazione cattolica che potrebbe condurre ad un’ulteriore accelerazione della secolarizzazione del Paese laddove servirebbe invece uno sforzo unitario per ricostruire l’Italia e, poi, l’Europa.
Non lasciamo che l’attenzione per organigrammi, conte e posizionamenti tattici vari in vista delle elezioni amministrative impedisca questo grande sforzo unitario!
Vengono alla mente le parole di Aldo Moro nel celebre discorso del 28 febbraio 1978, a poche settimane dal rapimento, “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere.” In questo caso il dovere di uno sforzo unitario delle persone di buona volontà per destare la speranza di una stagione nuova in un Paese in piena crisi, speranza che sarebbe frustrata per tanti, per tutti coloro che si stanno impegnando come candidati, per raccogliere le firme per le liste, per attaccare manifesti, per le iniziative che si vuol far seguire al Family Day, se da tante energie positive dovesse scaturire l’ennesima sequenza di risultati da prefisso telefonico: 0,3-0,5%. Seppure a Roma qualcuna di queste liste riuscisse a conseguire 20.000 voti, siamo consapevoli che non sono neppure l’uno per cento?
Se continuiamo a dividerci, le liste del mondo cattolico e popolare – al di fuori dei principali partiti di governo e di opposizione – continueranno a prendere risultati intorno allo 0,3% (e se anche prendessero il triplo resterebbero fuori dal Parlamento …) e saremo condannati ad un mondo in cui ti dicono:
“Sei matto a sposarti? Così perderai punteggio per l’inserimento dei tuoi figli in asilo!”
“Sei matto a fare il capo scout? Così creerai dei disadattati!”
“Sei matto a fare figli in un mondo come questo?”
Se vogliamo difendere o ricreare un mondo che preservi la libertà di “essere matti” dobbiamo unirci!
Tornando al referendum costituzionale, allego per comodità un estratto di alcune norme che disciplinano il relativo procedimento evidenziando che non sono ipotizzabili “quesiti parziali”, ai sensi dell’articolo 16 della l. 352, e che i cosiddetti comitati per il no costituiranno delle semplici associazioni private se non si costituiranno davanti alla Cancelleria della Cassazione per avviare la raccolta delle firme, ai sensi dell’art. 7. Ancorché la raccolta delle firme potrebbe rivelarsi non indispensabile per lo svolgimento del referendum, data la probabile presentazione della richiesta da parte di un quinto dei componenti di una delle Camere, il suo avvio potrebbe rivelarsi necessario sia come testimonianza politica dinanzi all’opinione pubblica, sia per costituire il comitato proponente come un pubblico potere riconosciuto e reso noto dalla gazzetta ufficiale (cfr. art. 7, comma secondo).
Colgo l’occasione per inviare un cordiale saluto
Marco D’Agostini
“L. 25 maggio 1970, n. 352
Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo.
Art. 4
La richiesta di referendum di cui all’articolo 138 della Costituzione deve contenere l’indicazione della legge di revisione della Costituzione o della legge costituzionale che si intende sottoporre alla votazione popolare, e deve altresì citare la data della sua approvazione finale da parte delle Camere, la data e il numero della Gazzetta Ufficiale nella quale è stata pubblicata.
La predetta richiesta deve pervenire alla cancelleria della Corte di cassazione entro tre mesi dalla pubblicazione effettuata a norma dell’articolo 3.
Art. 6
Qualora la richiesta prevista dall’articolo 4 sia effettuata da membri di una delle Camere in numero non inferiore ad un quinto dei componenti della Camera stessa, le sottoscrizioni dei richiedenti sono autenticate dalla segreteria della Camera cui appartengono, la quale attesta al tempo stesso che essi sono parlamentari in carica. Non è necessaria alcuna altra documentazione.
Alla richiesta deve accompagnarsi la designazione di tre delegati, scelti tra i richiedenti, a cura dei quali la richiesta è depositata presso la cancelleria della Corte di cassazione.
Del deposito, a cura del cancelliere, si dà atto mediante processo verbale, facente fede del giorno e dell’ora in cui il deposito è avvenuto e contenente dichiarazione o elezione di domicilio in Roma da parte dei presentatori.
Il verbale è redatto in duplice originale, con la sottoscrizione dei presentatori e del cancelliere. Un originale è allegato alla richiesta, l’altro viene consegnato ai presentatori a prova dell’avvenuto deposito.
Art. 7
7. Al fine di raccogliere le firme necessarie a promuovere da almeno 500.000 elettori la richiesta prevista dall’articolo 4, i promotori della raccolta, in numero non inferiore a dieci, devono presentarsi, muniti di certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali di un comune della Repubblica o nell’elenco dei cittadini italiani residenti all’estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero, alla cancelleria della Corte di cassazione, che ne dà atto con verbale, copia del quale viene rilasciata ai promotori.
Di ciascuna iniziativa è dato annuncio nella Gazzetta Ufficiale del giorno successivo a cura dell’Ufficio stesso; in esso vengono riportate le indicazioni prescritte dall’articolo 4.
Per la raccolta delle firme devono essere usati fogli di dimensioni uguali a quelli della carta bollata ciascuno dei quali deve contenere all’inizio di ogni facciata, a stampa o con stampigliatura, la dichiarazione della richiesta del referendum, con le indicazioni prescritte dal citato articolo 4.
Successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’annuncio di cui al primo comma, i fogli previsti dal comma precedente devono essere presentati a cura dei promotori, o di qualsiasi elettore, alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziari. Il funzionario preposto agli uffici suddetti appone ai fogli il bollo dell’ufficio, la data e la propria firma e li restituisce ai presentatori entro due giorni dalla presentazione.
Art. 16
Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente: «Approvato il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli …) della Costituzione, concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?»; ovvero: «Approvate il testo della legge costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?».”
IL NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE IN 40 TWEET
Premessa
Ragionamenti complessi come le riforme costituzionali, le regole fondamentali che disciplinano la convivenza di una comunità nazionale, difficilmente possono essere riassunti in slogan e ancor più difficilmente possono essere ricompresi nella dimensione dei messaggi tipici dei social media, che sono ormai diventati, purtuttavia, uno degli strumenti di comunicazione fondamentali per la società civile. Tra questi figurano i noti tweet, caratterizzati da una lunghezza massima di 240 caratteri.
Pur appartenendo, per formazione e attività, ad una cultura che si rifiuta di circoscrivere argomenti complessi, che meriterebbero adeguato approfondimento e dibattito, in pillole e slogan, al fine di agevolare una divulgazione ci si cimenta tuttavia in un tentativo di riassumere in circa 40 messaggi brevi le molteplici ragioni che inducono ad opporsi alla imminente riforma della nostra Carta costituzionale. Si tratta dei motivi che inducono a votare no al referendum sul disegno di legge costituzionale recentemente approvato dal Senato e che si accinge ad essere approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati, il disegno di legge costituzionale approvato, in prima deliberazione, dal Senato della Repubblica l’8 agosto 2014 (v. stampato Camera n. 2613), modificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati il 10 marzo 2015 (v. stampato Senato n. 1429-B), modificato, in prima deliberazione, dal Senato della Repubblica il 13 ottobre 2015 ed attualmente all’esame della Camera dei deputati, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Atto Camera n. 2613-B, in http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0034621.pdf ).
I circa 40 tweet, ciascuno ricompreso nel limite di 240 caratteri, proprio di questa modalità di comunicazione, sono raggruppati in tre capitoli tematici: votare NO alla riforma costituzionale, per la tutela e lo sviluppo della democrazia; votare NO alla riforma costituzionale, per la chiarezza delle regole fondamentali; votare NO alla riforma costituzionale, per il buongoverno, l’efficacia e l’efficienza del processo democratico.
Ciascun tweet potrà ovviamente essere oggetto di schede e documentazione di illustrazione e approfondimento e, perché no, apposite slides, che sembrano molto in voga …
Votare NO alla riforma costituzionale, per la tutela e lo sviluppo della democrazia:
- Il bicameralismo paritario consente un argine a lobby e interessi particolari che invece potranno più facilmente imporsi con l’attribuzione della decisione finale ad una sola Camera.
- La trasparenza sarà compromessa dalla possibilità di chiudere sempre più spesso il procedimento legislativo con l’approvazione di maxiemendamenti, magari in votazione notturna, senza che vi sia più una seconda Camera a “fare le pulci”.
- La forma di governo che scaturirà dalla nuova Carta non sarà più quella di una Repubblica parlamentare, stante il combinato disposto con un sistema elettorale che determina, di fatto, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio.
- Ma la forma di governo originata dalla nuova Carta non sarà neanche quella di una Repubblica presidenziale, di cui mancano contrappesi come l’autonomia del potere legislativo, ormai espressione della segreteria del partito di maggioranza.
- La riforma costituzionale segue infatti una legge elettorale di dubbia costituzionalità (su cui pende un apposito procedimento), in quanto non prevede collegi uninominali e limita molto le preferenze.
- Con la nuova legge elettorale l’elezione dei deputati continua quindi a dipendere dal posto loro assegnato dal segretario di partito nell’ordine di lista, venendo penalizzata la mancata obbedienza dall’esclusione della candidatura.
- Un partito che consegua la maggioranza relativa dei voti potrebbe ottenere la maggioranza assoluta della Camera, maggioranza peraltro composta interamente di deputati personalmente fedeli al leader in quanto eletti per lo più senza preferenze.
- Il combinato disposto della legge elettorale e della riforma costituzionale, data anche la riduzione dei poteri e del numero dei senatori, assegna quindi un ruolo egemonico al leader che vince le elezioni della Camera.
- Con la nuova Carta si riducono inoltre i contrappesi offerti dalle autonomie territoriali, date la forte riduzione dei poteri legislativi delle regioni e la soppressione delle province.
- Si pensa agli effetti dello smantellamento di contrappesi importanti (fine bicameralismo paritario, riduzione poteri regionali, soppressione province, alterazione equilibri elezione Presidente della Repubblica e giudici costituzionali)?
- Le elezioni politiche che seguiranno all’eventuale approvazione della riforma costituzionale potrebbero pertanto aprire la strada ad un’evoluzione ulteriormente autoritaria dell’assetto costituzionale.
- Con la soppressione di quella palestra di democrazia delle elezioni provinciali, da dove è partito anche il Presidente del Consiglio, che possibilità avrà mai la classe dirigente delle periferie di divenire classe dirigente della Nazione?
- Si pretende di far lavorare gratis, per tale funzione, i senatori, con evidenti penalizzazioni per quelli espressi dai ceti popolari e meno abbienti: il Senato tornerà ad essere una prerogativa dei ceti più elevati come nell’antica Roma?
- Sarà più sicuro il Paese dopo che avremo deciso che lo stato di guerra e il conferimento dei relativi poteri al Governo sarà deliberato da una sola Camera, quella eletta col maggioritario (ex art. 17 della riforma)?
- Era proprio necessario, in un’epoca di disaffezione dei cittadini dalla politica, scoraggiare il ricorso alle leggi di iniziativa popolare popolari elevandone il quorum 50.000 a 150.000 firme, ex art. 11, comma 1, lett. b)?
- E’ giusto, dato il già elevato grado di astensionismo, escludere i cittadini dall’elezione del Senato laddove tanti esempi (es. Spagna, USA) dimostrano che l’elezione diretta del Senato non implica che questo voti la fiducia?
Votare NO alla riforma costituzionale, per la chiarezza delle regole fondamentali:
- La riforma sottoposta a referendum non è una semplice revisione perché modifica oltre 40 articoli: l’art. 138 non autorizza a scrivere una nuova Costituzione, per la quale dovrebbe essere convocata una nuova Assemblea costituente.
- Si supera una Carta scaturita dal confronto e la collaborazione fra culture tanto distanti fra loro – cattolica, social-marxista e liberale – ma unite dal comune intento di lavorare per il bene comune: è questo il progresso?
- POCHI SANNO CHE, in base all’art. 39, comma 13, l’Italia sarà l’unico Paese dell’Unione europea, dell’OCSE e, forse, del mondo, ad avere due Costituzioni contemporaneamente applicabili secondo il territorio in cui ci si trovi!
- In base all’art. 39, comma 13, la nuova Costituzione si applicherà nelle regioni a Statuto ordinario e quella precedente, per la parte sulle competenze regionali, si applicherà nelle regioni a Statuto speciale! Cuius regio eius religio …
- Un’azienda operante in Italia dovrà adattarsi a 7 SISTEMI LEGISLATIVI DIVERSI: quello previgente; l’ordinamento di ciascuna delle 5 Regioni a st. speciale; le nuove competenze legislative statali post riforma per le Reg. a st. ordinario.
- La stessa materia infatti potrebbe essere disciplinata da principi fondamentali statali e leggi regionali fino al 2016 e, dopo il 2016, da legge statale nelle Regioni st. ordinario e da 5 diverse leggi regionali nelle Reg. st. speciale!
- Si accrescerà il disorientamento del cittadino e il conseguente contenzioso dato che il riparto di competenze abrogato dall’art. 31 è parzialmente riportato in vita dall’art. 39!
- Si accrescerà il disorientamento del cittadino e il conseguente contenzioso data la moltiplicazione di procedimenti con leggi approvate dalla sola Camera, da entrambe le Camere, ovvero con quorum diversi in base alle materie!
- L’art. 5 della Cost. vigente, non modificato, recita che la Repubblica promuove le autonomie locali, ma chi tutelerà le esigenze di piccoli comuni, trasporti, ambiente, scuole, gestione rifiuti, ecc. dopo l’abolizione delle province?
- Il principio di sussidiarietà proprio della dottrina sociale della Chiesa si è affermato in Europa e viene invece negato, così come viene negata la funzione dei corpi intermedi, dalla riforma con la soppressione delle Province e del CNEL.
- L’elevazione del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica dalla maggioranza assoluta a tre quinti dei votanti (art. 21) rischia di determinare l’impasse e il blocco dei meccanismi istituzionali in caso di insanabili contrasti.
- E’ falso affermare che mantenendo l’elezione diretta del Senato, anche parziale, questo avrebbe dovuto necessariamente conservare il potere di votare la fiducia: vedi la Spagna!
- Il cosiddetto “Senato delle Regioni” non sarà competente per la ratifica degli accordi internazionali (art. 19) neanche nel caso riguardino materie di competenza delle Regioni, sebbene queste saranno tenute alla loro attuazione (art. 31).
- L’art. 38, c. 10, impedirà ai Consigli regionali di presentare proposte di legge al cosiddetto “Senato delle Regioni” ANCHE NELLE MATERIE DI COMPETENZA DEL SENATO!
- Nel caotico procedimento di riforma costituzionale, si dimentica, all’art. 38, c. 11, l’incompatibilità tra senatori e deputati europei sancita invece dall’UE (decisione 2002/772/CE).
Votare NO alla riforma costituzionale, per il buongoverno, l’efficacia e l’efficienza del processo democratico:
- Il bicameralismo paritario ha consentito nel tempo una ponderazione delle leggi che non sarà migliorata dall’attribuzione della decisione finale ad una sola Camera.
- Si renderanno necessarie sempre più spesso leggi di modifica degli errori contenuti in precedenti leggi, come oggi già capita, ad esempio, con i frequenti decreti-legge mille proroghe.
- Il procedimento legislativo viene complicato da una miriade di procedimenti diversi con quorum differenti e la partecipazione o meno del Senato, generando confusione e rischio di situazioni di paralisi o di contenzioso.
- Il procedimento legislativo bicamerale non viene cancellato ma rimesso alla valutazione dei Presidenti delle Camere, con il rischio di conflitti insolubili a monte e a valle dell’approvazione delle leggi.
- Non si sopprime il Senato ma non se ne precisa la funzione e il ruolo.
- La principale motivazione della riforma è il contenimento dei costi delle istituzioni ma si sarebbero conseguiti più incisive, rapidi e misurabili risparmi con il semplice dimezzamento dei componenti di Camera e Senato.
- Si propagandano risparmi facendo lavorare gratis i senatori per tale funzione MA con evidenti disparità di trattamento tra deputati e senatori, tra senatori consiglieri regionali e sindaci e fra senatori residenti a Roma e gli altri.
- Il nuovo Senato NON POTRA’ ESSERE LA CAMERA DELLE REGIONI perché, prevedendo l’art. 5 la possibile incompatibilità nei suoi organi per i membri delle Giunte regionali, dovrà restare in piedi la Conferenza Stato-regioni.
- L’unica razionalizzazione della riforma, la soppressione della Conferenza Stato – Regioni dopo la creazione del cosiddetto Senato delle regioni, non potrà avvenire perché mancherebbe un organo rappresentativo dei Presidenti delle regioni.
- Non prevedendo la partecipazione dei Presidenti delle Regioni, ma anzi ostacolandola ex art. 5, il nuovo Senato non potrà neanche assumere le funzioni del Bundesrat, che in Germania assicura la cooperazione tra Stato federale e Länder.
- I presunti risparmi derivanti dalla soppressione delle province saranno soverchiati dai maggiori costi derivanti dalla creazione dei cosiddetti “enti di area vasta” di cui all’art. 40, comma 4.
- Ai costi derivanti dalla creazione dei cosiddetti “enti di area vasta” di cui all’art. 40, comma 4, che potrebbero superare il numero delle attuali province, si aggiungeranno i costi dell’inutile disarticolazione delle attuali Prefetture che saranno sostituite dagli Uffici territoriali del Governo.