NON BASTA UNA CITAZIONE per fare di Renzi un nuovo Martinazzoli
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Intervenendo in replica al Senato, ieri, il Presidente del Consiglio ha detto testualmente:
“C’è un grande parlamentare, un Capogruppo, che negli anni Ottanta terminò un suo discorso dicendo: «la politica è altrove, noi vi aspetteremo là». Io credo che sia la stessa cosa che dobbiamo dire oggi.
La politica è rispettare chi governa, non urlare costantemente, facendo un’opposizione costruttiva, preparandosi a governare la volta dopo, rispettandosi – cosa che abbiamo cercato di fare con il patto del Nazareno – e non delegittimandosi vicendevolmente.
L’Italia è altrove, la politica è altrove; quando avrete finito con le vostre sceneggiate televisive, noi vi aspetteremo là”.
Qualche giornale – come huffingtonpost – ha dato un identikit al capogruppo indicato da Renzi facendo il nome di Mino Martinazzoli. Se così fosse, proviamo ad analizzare la questione.
Prima di tutto va ricordato che Martinazzoli rifiutò un “Nazareno”, sotto forma di alleanza, nel 1994, preferendo scelte nette precise, anche costose sul piano elettorale a difesa del tratto identitario dei popolari e del popolarismo. Peccato che i ghost writer di indubbia origine democristiana del premier non abbiano ricordato le diversitá di Martinazzoli nel linguaggio, nello stile, nei comportamenti, nel rapporto con le Istituzioni. I king maker del PD ritengono che basti una citazione per incidere sulla sostanza delle cose che riguardano una riforma della Costituzione lontana mille miglia da quella di Leopoldo Elia.
Sul piano politico, per Mino Martinazzoli, “fatica e speranza sono interamente situate nel fuoco del comportamento politico”.
Per la Costituzione si poneva il “problema di un suo aggiornamento piuttosto che di superamento”‘ e che “se davvero sono in discussione i principi va ricordato e riaffermato che la Costituzione è antifascista e programmaticamente anti totalitaria” .
Per il Parlamento auspicava “una forte specializzazione” piuttosto che una “radicale trasformazione che non garantirebbe un vantaggio, soltanto presunto, perfino dal punto di vista della tempestivitá delle decisioni”. Proprio perchè il Capogruppo ritenne che il punto di partenza doveva essere la riforma dei regolamenti parlamentari ponendo l’accento su tre questioni: decreti legge, questioni di fiducia, voto segreto (poi di lì a poco regolamentato).
Propugnava una virtualitá del Parlamento al fine di realizzare una saldatura tra regole e strumenti. Anche allora Mino Martinazzoli si poneva il problema della distanza della gente, ma affidava alla politica il dovere del riscatto rispetto al qualunquismo che cominciava ad affacciarsi. E allora Martinazzoli fece una dotta citazione del Vieira che non era un calciatore, ma gesuita portoghese che nel 1662 fece il discorso sulla Torre di Babele. Con “uomini che nelle loro assemblee non chiedono che dobbiamo dare, non dicono faremo, ma facciamo”. Se si porta Mino Martinazzoli sul terreno di Renzi si rischia di confondere le acque. Evitiamo la confusione dei linguaggi e dei personaggi.
La politica non è altrove; è lá in Parlamento, nel luogo della centralitá parlamentare, nella sede alta della rappresentanza. Chi vuole spostare la sede del confronto altera il rapporto tra le forze in campo a vantaggio di poteri sottratti alla verifica e al controllo del Parlamento.
Sen. Maurizio Eufemi