Lettera aperta a Sergio Rizzo – La Repubblica

 Lettera aperta a Sergio Rizzo – La Repubblica

Sergio Rizzo, deve avere avuto una forte irritazione nel leggere le dichiarazioni di Di Maio dopo la approvazione della delibera sui vitalizi e dopo avere visto forse  le immagini gaudenti  della festa in piazza Montecitorio.

Probabilmente anche Rizzo dopo le sue forsennate campagne sull’anticasta non avrebbe potuto immaginare che la deriva potesse assumere questi sviluppi. Ricordo ancora quando in occasione di un civile confronto politico alla sua presenza unitamente a quella di Stella,  nella sala delle Colonne a Palazzo Marini, questi affermò che quando sarebbe stato messo in discussione ”il Parlamento” non avrebbe esitato a difenderlo con la “resistenza”, come i Partigiani.

Fa piacere leggere le critiche e le obiezioni di Rizzo alle disinvolte dichiarazioni di Di Maio e fa bene Rizzo a rettificarle soprattutto quando si riscontrano errori storici così grossolani. Certamente la questione è più complessa perché supera una vicenda, quella dei vitalizi, che va oltre l’intervento finanziario che finisce per investire la funzione parlamentare, il ruolo del Parlamento nell’equilibrio dei poteri.

Quello che ė intollerabile è il volere cancellare la storia democratica del Paese con tutti i pregi e i difetti. La storia del Paese non comincia con l’entrata in scena del comico genovese e del suo movimento, nè sono sessanta anni che si vogliono cancellare i vitalizi. 

Il giá questore Fraccaro, ora Ministro  ha ricordato piu volte che i vitalizi furono istituiti con seduta segreta alla vigilia di Natale del 1954.  Dimentica di ricordare che l’annualità del  bilancio andava dal 1 luglio al 30 giugno dunque era metà esercizio. La seduta si tenne il 20 maggio 1954. Ricorda altresì che il deputato di Rovereto, Veronesi espresse rilievi e perplessità. Unico tra i 264 deputati Dc rispetto al totale di 590 deputati. È vero, ma questo fa parte del pluralismo, ed è un merito. C’era rispetto per la libertà di espressione dei parlamentari. Non si firmavano obbligazioni pecuniarie preventive. Il dissenso era consentito, non c’erano le espulsioni per le opinioni espresse, come registriamo nel MoVimento. 

Ma v’è un aspetto preoccupante in questo atteggiamento di Fraccaro che assume i toni del radicalismo khomenista, della affermazione dello Stato etico, quello di assumere la posizione del deputato  Veronesi come quella giusta è quella di tutti gli altri 629 come sbagliata da cancellare, da rimuovere. E questo deve fare sobbalzare chi ha a cuore i valori della nostra democrazia. 

Quella decisione maturò in Parlamento in modo convinto. Venne dato il riconoscimento anche ai costituenti e ai deputati della prima legislatura con effetto retroattivo, ma con il pagamento del relativo riscatto.  

Il capogruppo della DC era Aldo Moro, Vice presidenti Scalfaro e Zaccagnini, segretario per l’Aula, la ferrea Elisabetta Conci, anch’essa di Trento, membri del direttivo tra gli altri, il caposcuola del diritto penale Giuseppe Bettiol, e Ludovico Montini. Non si può negare che la Dc avesse in quegli anni  un altissimo consenso elettorale e le maggioranze non fossero più solide di quelle attuali. 

Dunque le dichiarazioni di Di Maio sono assolutamente sbagliate e ha fatto bene Rizzo a farle rilevare, ma anche Rizzo parte dagli anni sessanta, tralasciando le decisioni degli anni cinquanta. Anche negli anni cinquanta ci furono quelle decisioni che ho ricordato così come ci furono tensioni sociali manifestazioni operaie, contadine, studentesche, per le questioni agrarie, per Trieste etc. Se volessi allargare la polemica potrei soffermarmi sugli anni successivi.

Vogliamo forse dimenticare che Presidenti della Camera sono stati personaggi come Pertini e Nilde Iotti, e al Senato Fanfani e Spadolini.  

Ed è proprio durante la presidenza  di Pertini  che avviene la trasformazione del vecchio fondo comune deputati e senatori, peraltro in attivo,  nel nuovo istituto di previdenza domestica. La  storia è un pochino più complessa e richiede una lettura più attenta di quanto facciano i nuovi giacobini, presi da furore che forse neppure Rizzo potesse prevedere.

Lo dimostra la arbitrarietà della cornice giuridica di applicazione così come per i calcoli sia nella retroattività che nei coefficienti di trasformazione che vanno oltre qualunque fantasioso esercizio. 


Maurizio Eufemi 

Roma, 20 luglio 2018

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