Attualità politica e metodo Ciampi
Oggi Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di fronte alla attualità politica con Stati generali, piani di rinascita , libri dei sogni, ha ricordato il metodo Ciampi.
Forse è bene rileggere uno dei due interventi che Ciampi fece da senatore a vita nel 2006, uno in Commissione Finanze è quello successivo in Aula a distanza di pochi giorni sulla Legge Finanziaria.
Ebbi il privilegio di parlare prima del Presidente Ciampi e di osservare e ascoltare le Sue parole che restano scolpite.
Seduta del 26 novembre 2006 commissione Finanze sede consultiva sulla Legge Finanziaria 2007. Tabelle 1 e 2
CIAMPI (Misto). Signor Presidente, l’ambiente confidenziale mi induce ad una riflessione sui lavori della Commissione, di oggi e dei giorni prossimi, e sul futuro della discussione del disegno di legge finanziaria nell’Aula del Senato. Sono argomenti sui quali ho impegnato una vita di lavoro e credo di conoscere abbastanza la loro evoluzione storica.
La prima considerazione si ricollega a quanto detto dal senatore Eufemi sulla procedura di bilancio. Ritengo che sia ora, anche in base ad un’esperienza ormai decennale, di ripensare e di riconsiderare la procedura attuale: dal DPEF di primavera si arriva fino agli ultimi giorni dell’anno per approvare la legge finanziaria, evitando così l’esercizio provvisorio.
Questa procedura va rivista.
Nel rivederla, per semplificarla, forse sarebbe necessario porre l’attenzione anche sul momento della realizzazione. Anche se non mancano gli elementi conoscitivi, non c’e` un momento in cui si faccia il punto su quanto si proponeva la legge finanziaria; su quali provvedimenti siano stati realizzati, su quali abbiano raggiunto gli obiettivi e su quali invece non ci siano riusciti. Cio` e` particolarmente importante adesso che i Governi, piu` di una volta, sono governi di legislatura (prima poiche ́ ogni anno il Governo cambiava, il rendiconto in qualche misura non avveniva piu` con l’Esecutivo in carica). Il Governo in carica dovrebbe essere tenuto a presentare al Parlamento, che dovrebbe prenderne atto, una relazione chiara e conclusiva su quanto realizzato.
Per quanto riguarda la manovra in atto, noi ereditiamo questo disegno di legge dalla Camera dei deputati. In occasione della discussione in Assemblea del decreto fiscale e` gia` stata evidenziata la necessita` di approvare qualche emendamento, di comune intesa tra Governo ed opposizione.
Mi permetto di suggerire, nel fare questo, di orientarsi verso due criteri. L’economia italiana ha bisogno di crescere e tale obiettivo e` il principale. Per troppi anni abbiamo registrato una crescita bassa, tanto che oggi gli stessi modelli per il potenziale di crescita (siccome sono fatti in base al passato) estrapolano per l’Italia tassi di crescita potenziale inferiori alla media europea.
Non capisco perche ́ l’Italia debba essere condannata a crescere meno della media europea, quando invece dovrebbe essere in condizioni di crescere quanto, e forse di piu`, di tale media. Infatti, essa ha un potenziale, a cominciare dalla manodopera, per avere uno sviluppo maggiore.
Senza crescita, l’equita` fiscale non puo` essere realizzata facilmente, anche perche ́ cio` avviene piu` facilmente lavorando sull’addizionale. Se cresce la torta, come suol dirsi, la parte aggiuntiva di tale torta puo` essere ridistribuita secondo le occorrenze sociali; se la torta non aumenta, la ridistribuzione del reddito diventa piu` difficile dal punto di vista economico, influendo sulla pace sociale.
Per realizzare la crescita, bisogna riequilibrare i conti dello Stato, che indubbiamente hanno subito un peggioramento, come dimostra l’andamento negativo del rapporto debito/PIL, che avrebbe dovuto ridursi gradualmente fino a raggiungere il «mitico» 60 per cento, al quale siamo moralmente impegnati. Invece, tale rapporto ha cominciato a risalire.
L’equilibrio dei conti dello Stato ha un significativo, oltre che obiettivo, elemento di segnalazione nell’avanzo primario. Come tutti sappiamo, l’avanzo primario e` rappresentato dalla differenza fra entrate e spese al netto degli interessi. Noi ci eravamo impegnati, quando abbiamo aderito alla moneta unica europea, a mantenere mediamente l’avanzo primario sopra il 5 per cento. Oggi l’ avanzo primario e` al di sotto del 2 per cento. L’avanzo primario rappresenta una sorta di assicurazione al fine della ri- duzione del rapporto debito/PIL.
Il risanamento operato in occasione dell’adozione della moneta unica ha portato un beneficio enorme. Di interessi pagavamo mediamente, dato il rischio Italia, il doppio rispetto agli altri Paesi europei, con un notevole danno sul bilancio dello Stato e per le imprese che si indebitavano ai tassi di mercato. I tassi di interesse sono diminuiti in maniera rilevante non solo per la riduzione dei tassi europei ma perche ́, praticamente, si e` annullato il differenziale dei tassi fra Italia e gli altri Paesi. Faro` un esempio in cifre. Nella prima meta` degli anni 90, pagavamo di interessi una percentuale del prodotto interno lordo superiore al 10 per cento. Nel 1996, quando ero Ministro del tesoro, e` stato pagato per interessi un importo pari all’11,5 per cento del PIL (pari a 113 miliardi di euro).
Oggi, per l’annullamento del rischio Italia, il differenziale con gli altri Paesi europei e` di pochi decimali (mediamente circa lo 0,20), mentre prima era di 600 punti base. Oggi, noi paghiamo per interessi il 5 per cento del prodotto interno lordo; il sottosegretario al Tesoro potra` fornire l’importo esatto. L’anno scorso abbiamo pagato di interessi circa 65-70 miliardi di euro, non piu` i 113 miliardi di euro del 1996, anche se il debito e` aumentato.
Questo e` stato il grande vantaggio del risanamento e dell’adozione della moneta unica europea. Se noi avessimo un avanzo primario non dico del 5 per cento, ma di 4 punti percentuali, avremmo un bilancio pubblico con un disavanzo complessivo non superiore dell’1-2 per cento.
A questo dobbiamo mirare, perche ́ ci consente di addivenire ad una riduzione del rapporto debito/PIL. Se si riduce il disavanzo e al tempo stesso c’e` un incremento del reddito nazionale (cioe` aumenta il denominatore del rapporto) il rapporto debito/PIL torna a diminuire.
Questo, secondo me, e` importante: la crescita economica ed il riequilibrio dei conti pubblici. Gli emendamenti dovrebbero essere volti proprio al raggiungimento di questi obiettivi e, facendo gli interessi del Paese, dovrebbero registrare la convergenza di ogni parte politica.
Concludo, scusandomi per queste mie «divagazioni», in gran parte dovute ai miei precedenti professionali.