Geopolitica nell’Est europeo, un affresco di Alessandro Duce

Geopolitica nell’Est europeo, un affresco di Alessandro Duce

Alessandro Duce, una vita per la politica estera tra Università di Parma e Parlamento. I suoi libri sono manuali di grande successo internazionale.

È un professore moderno. Utilizza il podcast per comunicare le sue riflessioni tematiche di politica estera in ogni angolo del mondo. Ne cito alcuni: “esercito europeo e autonomia strategica”;  “la geopolitica dei canali”, “il canale di Kiel”;  “un missile ipersonico da Pechino” o quello recentissimo sul “Trattato italo francese”.

Si tratta di uno strumento nuovo ed efficace perché la Rete diviene un servizio utile ad approfondire valorizzando la globalizzazione delle idee.

Ciò acquista un più forte significato perché la politica estera appare sempre più marginalizzata sui grandi quotidiani. Sono questioni che richiedono studi approfonditi e analisi penetranti che non possono essere semplificate come tende a fare l’informazione radiotelevisiva, che affronta la politica per “slogan” e questo è ancora più pericoloso nella politica estera.

Vi è un degrado non solo nella professione ma anche nei gruppi editoriali e solo  riviste specializzate riescono ad affrontare argomenti che vanno studiati.

Della situazione internazionale in particolare di quanto sta avvenendo in Ucraina parliamo con Alessandro Duce, che non è solo docente di politica internazionale ma è stato parlamentare della Repubblica nella decima legislatura. L’Ucraina vede al momento una contrapposizione tra alcuni Stati europei, Stati Uniti e Russia. L’oggetto del contendere è proprio l’Ucraina nel contesto delle relazioni europee.

Quale è la tua posizione rispetto al problema delle guerre invisibili e del contesto di autodeterminazione dei popoli, tutte questioni che riguardano implicitamente l’Ucraina?

La questione Ucraina vede una contrapposizione tra alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti e Russia.

Quale é l’oggetto del contendere? La posizione che l’Ucraina potrà e dovrà assumere nel contesto delle relazioni europee. Si tratta di una questione di sostanza. Nel momento in cui l’Ucraina nel 1991 attraverso un referendum scelse di uscire dall’Urss e di proclamarsi indipendente come altre ex repubbliche dell’Unione Sovietica, si pose immediatamente una questione delicata ossia la collocazione di questo Stato nel contesto europeo ed internazionale.

Perché è cosi importante e vissuta in maniera cosi pesante da parte russa e occidentale? 

Per capire cosa significhi per i russi, occorre tener presente la storia dell’Ucraina, che è stata da sempre una culla della Russia. I legami storici sono profondissimi, oltre quelli linguistici e culturali. Basti pensare quello che scrisse Gogol. Per venire ai problemi politici successivi a questa indipendenza. L’Ucraina non ha sempre avuto  al suo interno atteggiamenti coerenti e chiari; ha avuto governi che guardavano verso Mosca e altri come quello attuale che guardano verso occidente. Negli ultimi tempi la situazione è andata peggiorando. Putin ha ritenuto che la esautorazione di un governo filorusso sia stata un atto di violenza di politica interna mentre da parte occidentale si è sottolineato il diritto alla  totale sovranità. Questa situazione è andata via via degenerando in due direzioni precise. Una rivolta interna di alcune regioni ucraine che hanno proclamato la loro indipendenza: alludo alle due regioni del Dombas e Luhansk, entrambe nella parte orientale, e lì si è accesa una guerra dal 2014 che ha portato a 15000 morti. Le forze secessioniste di queste regioni sono sostenute dai berretti verdi, volontari russi senza distintivi. Putin li disconosce perché dice che non sono forze armate russe. Contemporaneamente la Russia di Putin ha preso iniziativa con molte riserve in occidente. Come l’annessione della Crimea alla Russia,  che è stata sempre parte della repubblica russa anche all’origine quando c’erano tutte le repubbliche russe, donata da Nikita Krusciov nel ‘64 essendo lui ucraino. La reazione ucraina è stata che è stato tolto un pezzo di territorio e un’azione di forza che la Russia non doveva fare nel rispetto del trattato di Helsinki e delle regole Osce sull’uso della forza.

Da li le sanzioni verso la Russia avviate a livello europeo e da parte degli Stati Uniti.

Quali conseguenze ha comportato tutto questo?

La Crimea ha un collegamento terrestre con l’Ucraina, Collegamento che è stato subito bloccato. E di conseguenza, visto che arriva vicino alle frontiere della Crimea, la Russia ha attivato un ponte che è stato inaugurato due anni fa con il quale si può passare dalla Russia alla Crimea senza  dover passare dall’Ucraina. E questo apre un problema strategico che è al centro della crisi di cui stiamo parlando. Credo che l’obiettivo di Putin possa essere non quello di occupare tutta l’Ucraina ma  semplicemente di prendere atto dell’indipendenza di queste due regioni più un corridoio meridionale che lo porterebbe verso Odessa senza prendere Odessa ed avere un collegamento anche terrestre con la Crimea.

Di fronte a questa annessione l’Occidente cosa può fare, sta fermo oppure può reagire? 

Ora veniamo alle posizioni politiche. Quali sono le posizioni di Putin e di Biden di fronte a queste emergenze? Entrambi  si sono parlati e questo è già un aspetto positivo perché vuol dire che la carta diplomatica è sul tavolo. Si gioca ancora e ci si parla. Quali sono le richieste di Mosca? Sono semplici e sintetizzabili. L’Ucraina non deve entrare nella Nato e non deve ospitare armamenti Nato. La seconda richiesta è di fare dell’Ucraina una realtà cuscinetto. Non solo politico come la Bielorussia, quindi non legato alla UE da interessi economici e alla NATO e ciò potrebbe rappresentare una esperienza nuova.

Questa richiesta mette in discussione la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. A tal proposito Mosca chiede che venga rispettato l’accordo del 2015. Il cosiddetto patto a 4 fra Russia, Francia, Germania e Ucraina.

L’accordo a 4 firmato a Minsk. Cosa prevedeva?

Prevedeva la concessione di una sorta di autonomia a queste due regioni come l’Italia ha fatto con l’Alto Adige, che il Parlamento ucraino non ha mai attuato sia perché sono continuati gli scontri militari lungo la linea calda fra queste regioni e il resto dell’ucraina sia perché i nazionalisti ucraini non ne vogliono sapere di dare l’autonomia a queste due regioni, chiedendo prima il rispetto dell’accordo di Minsk.

Putin quando si rende disponibile a questo incontro con Biden rinuncia a questa prospettiva a 4 e mette sul tavolo quella a due, un accordo bilaterale per riprendere un dialogo strategico che riconosce la Russia come grande potenza nei giochi internazionali.

Putin che discorso fa con Biden, come lo imposta?

C’è un aspetto politico meno noto. Putin mette sul tavolo un argomento che non è stato ripreso perché la gente non segue, non legge. In occasione della crisi di Cuba dell’ottobre 1962 questa era uno Stato indipendente e sovrano sotto il regime di Castro e non confinava neanche con gli Stati Uniti perché c’era un braccio di mare. Gli Stati Uniti dissero: noi non possiamo accettare che ci siano missili nucleari adeguati ad un’azione offensiva fino all’interno degli Stati Uniti. Alla fine Krusciov ha accettato di ritirarli anche se Cuba era uno Stato sovrano. Allo stesso modo Putin dice: voi dovete capire che per noi l’Ucraina armata è un pericolo.Dovete accettare che l’Ucraina non entri nella NATO e non installi armamenti di questo tipo. Ricambiate in Ucraina quello che ha fatto Krusciov a Cuba.

Quello che fece Kennedy viene riproposto da Putin?

Esattamente questo. Guardando all’aspetto geopolitico bisogna tenere presente che a differenza di altre Regioni l’Ucraina si incunea profondamente in Russia.

Putin il luglio scorso ha presentato uno scritto che non è stato ripreso in Italia sull’unità storica tra Russi e Ucraini in cui si rappresenta la storia fra i due popoli, la dipendenza energetica, le tradizioni, la letteratura. Si tratterebbe per lui di una eredità indivisibile.

L’Unione Europea che può fare, come può agire? 

I Paesi dell’Unione europea hanno posizioni diverse nei confronti sia della Russia sia del problema ucraino. Ci sono i Paesi baltici ed altri Paesi  che hanno al loro interno importanti minoranze russe, i quali temono che cosi come è stato fatto con la Crimea e queste due regioni un domani la Russia possa farlo anche nei loro confronti. Poi ci sono Polonia e Romania che hanno avuto insediamenti sia di carattere radaristico sia missilistico da parte della Nato che ha mandato su tutte le furie Putin (“a cosa serve avere armamenti puntati contro di noi se noi non vi minacciamo”). Dalla Nato  sono stati giustificati come mezzi contro il terrorismo.

E gli altri Paesi come hanno reagito?

Gli altri paesi hanno approvato sanzioni dopo l’attacco alla Crimea. Al momento noi stiamo aspettando di sapere cosa deciderà la commissione europea. Starebbe mettendo a punto un piano per respingere le pressioni e le coercizioni  nei confronti di uno Stato terzo da parte di un’altra potenza. Stanno esaminando quali potrebbero essere le reazioni in caso di pressioni da parte della Russia  nei confronti di altri Stati e nella fattispecie dell’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno precisato che non sarebbe accettata un’iniziativa militare nei confronti dell’Ucraina e nel caso avvenisse Biden ha detto che sarebbero adottate misure adeguate non l’invio di truppe, ma forniture di armamenti per rafforzare le difese ucraine.

Ci sono diverse opinioni a questo riguardo?

Secondo alcuni analisti, questa operazione contro l’Ucraina ammassamento delle truppe ecc. sia da mettere in relazione alle pressioni cinesi su Taiwan. Per cui i due Paesi avrebbero trovato un accordo che i russi danno una zampata all’Ucraina limitatamente a quello che ho detto, i cinesi verranno a Taiwan per cui gli Stati Uniti si troverebbero in difficoltà a rispondere su due fronti.

Come se ne esce allora?

La principale misura sarebbe di escludere la Russia dal circuito SWIFT (sulle transazioni finanziarie) che comporterebbe conseguenze, come bloccare la convertibilità del rublo, sui finanziamenti per le società petrolifere compresa Gazprom e sulle banche di Stato russe, mantenendo inoperante il gasdotto North Stream che collega la Russia alla Germania, che è ultimato ma non è operativo. Sarebbe un doppio danno: alla Russia per i ricavi energetici e all’Europa per le forniture di gas.

Ci avviamo alla conclusione di questa lunga conversazione.  Non si possono affrontare questioni complesse di politica per slogan come riscontriamo nei media. Gli argomenti di Putin vanno studiati.  E sulla Polonia? L’immigrazione è un capitolo diverso e va affrontato separatamente. 

Non è stato forse un errore l’allargamento verso Est sia dell’Unione europea sia della Nato?

L’allargamento dell’Unione Europea è stato un errore perché c’è stata un’ apertura affrettata. Tutto è stato molto rapido così come per l’Euro. Tutti volevano essere ricordati nella Storia, ma con le aperture c’è stato un cocktail difficile da gestire. La Unione a 27 Stati ha problemi di funzionamento soprattutto se non si afferma in tutti gli Stati la divisione dei poteri; non si può accettare di camminare con chi schiaccia il potere giudiziario, legislativo che è fondamentale in un sistema democratico, altrimenti torniamo ai sistemi assolutistici e autocratici.

 Questa intervista di Maurizio Eufemi ad Alessandro Duce è stata tratta dal giornale online https://beemagazine.it/

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