Giuseppe Gargani, paladino della giustizia contro il protagonismo della magistratura
Moro? Era una mente superiore, irraggiungibile, una figura sacrale. Riforma elettorale: Se avessi qualche anno in meno mi legherei al palo della luce elettrica davanti alla Camera dei Deputati!
articolo di Maurizio Eufemi tratto dal giornale online “beemagazine.it” del 13 Ottobre 2022
Giuseppe Gargani è stato eletto Deputato per sei legislature dal 1972 al 1994, poi Parlamentare europeo dal 1999 al 2019 per tre legislature. È nato a Morra de Sanctis nel 1935, quindi concittadino del grande storico della letteratura Francesco De Sanctis. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: In nome dei pubblici ministeri 1998; Le istituzioni dilaniate 1994; Diritto e giustizia 1997; L’identità politica condizione per la democrazia 2019; La storia fatta con le manette 2021; Io e il partito 2015. Come Presidente della Commissione Giustizia, nel luglio 1993, ha promosso il convegno: Giurisdizione e cultura della legalità. Poi in questi ultimi anni con spirito giovanile si è dedicato alla vita dell’associazione ex parlamentari nella difesa dei valori costituzionali coordinandone le attività giuridiche.
Partirei dal momento in cui, giovanissimo, sei entrato nella Dc nel movimento giovanile. Quando è stato?
Tra il 1959 e il 1960.
Quindi nella fase di passaggio tra Celso De Stefanis e Luciano Benadusi?
Esatto, ero vicedelegato nazionale del movimento giovanile e delegato provinciale di Avellino.
Chi ricordi di quel periodo?
C’era Giancarlo Perrone, c’era Attolini che era una grande organizzatore, Gianfranco Sabatini di Fano, Ettore Bonalberti, c’era Gilberto Bonalumi che era giovanissimo ed è intervento in una fase successiva, ma le prime esperienze le ha avute con noi. Stavamo nell’esecutivo che funzionava; per il movimento giovanile era una fucina di classe dirigente. Di tutti quelli che in quel periodo erano con me, nessuno si è perduto per strada. Ognuno si è fatto strada in Italia, c’è chi è diventato parlamentare, chi è diventato dirigente, era una fucina di classe dirigente. Ricordo che Fanfani si occupava del movimento giovanile, molto di più con Celso de Stefanis che era suo amico personale, poi ha avuto purtroppo un destino molto crudele perché al Congresso di Firenze del 1959 fu costretto, per l’accusa fatta ad Antonio Segni di volere fare un intervento militare a fianco degli anglofrancesi sulla crisi di Suez, per aiutare Fanfani, si è messo un po’ fuori e quindi purtroppo Celso de Stefanis …. era una bella mente, era una bella intelligenza.
Secondo te, lui s’è preso tutte le responsabilità di quell’intervento?
Si, si è preso tutte le responsabilità per fare un favore a Fanfani che allora aveva contrasti con Segni perché in pieno congresso ci fu un subbuglio – io me lo ricordo come se fosse adesso – si fermò il congresso per le accuse di Celso de Stefanis e alla fine, Fanfani dovette prendere le distanze.
Qualcuno sostiene che ci fosse Fanfani dietro le accuse di Celso De Stefanis a Segni?
Assolutamente sì! Però anche Fanfani, come era inevitabile, aveva preso le distanze. Poiché era amico personale di Fanfani aveva fatto queste accuse a Segni pensando di poter mettere a segno un punto, ma Segni era pure considerato un mammasantissima del Partito e quindi sbagliò.
Da allora Celso De Stefanis sostanzialmente lo abbiamo perso?
Lo abbiamo perso, si è ritirato, poi ha fatto una fine, poi è morto in condizioni anche povere!
Davvero?
È morto in una condizione che abbiamo fatto una piccola colletta per aiutarlo.
Addirittura?!
Assolutamente sì. Era rimasto senza punti di riferimento in Italia. È morto in povertà! L’hanno dimenticato e ha avuto una fine proprio che non meritava per la sua intelligenza. Avevo telefonato ai suoi amici e tutti demmo un contributo per aiutarlo.
Ho riletto recentemente alcuni scritti veramente penetranti che aveva fatto sull’industrializzazione del Mezzogiorno, sulla siderurgia, sulla acciaieria di Taranto, quando era allo Iasm, portato da Pastore.
Chi era un intellettuale, in quel tempo poi c’era Francesco Mattioli, che dirigeva la rivista per l’Azione e noi in questa rivista ci esercitavano a scrivere saggi, articoli lunghissimi, perché venivano da esperienze intellettuali e quindi scrivevamo molto, poi allora non c’era altro per comunicare. Bisognerebbe rivisitarli i numeri di Per l’Azione che erano veramente testi di grande approfondimento culturale di quel periodo, che era di grande contrasto al marxismo, quindi c’erano due ideologie molto forti che si contrapponevano e quindi c’erano i problemi della filosofia, del vivere, della scienza, della letteratura e quindi noi che venivano freschi di studi abbiamo avuto una palestra veramente incredibile. Sono particolarmente grato a Benadusi che mi volle vice, perché Benadusi era una persona un po’ radicale, un po’ meno democristiano…
Infatti aveva simpatia, – come un lettore attento – per gli orientamenti del Mondo di Pannunzio.
Sì, era una persona di assoluta qualità e una persona sul piano personale molto dignitosa, molto seria. L’ho sempre ricordato. Se potessimo rivederci sarebbe per me una giornata indimenticabile.
Vedró di organizzare questo incontro con quanti maturarono quelle esperienze politiche giovanili.
Ti invito fortemente a farlo.
Quali congressi del movimento giovanile ricordi di più?
Quello di Perugia. Fu un congresso molto bello.
Però poi Attolini, successore di Benadusi, si è perso politicamente ? Non era molto attivo come Benadusi e i predecessori?
Aveva l’organizzativo del movimento giovanile. Era fanfaniano. S’è perduto, non abbiamo avuto più tracce. Si era inserito in una multinazionale. Ha lasciato la politica. De Stefanis aveva sofferto perché era stato rifiutato dal mondo cattolico.
Nel movimento giovanile c’era una posizione prevalente di sinistra in un clima unitario?
Nel 1961-62, in quegli anni, avevo aderito alla corrente di Base di De Mita, di Galloni, di Marcora avevo dato un orientamento di sinistra, basista; la discussione molto forte era di recuperare i socialisti, di allargare la base popolare, di fare entrare – una frase che ripetevamo – “le masse popolari nello Stato”, perché le massi popolari erano fuori dello Stato, contestavano lo Stato i comunisti; in quel periodo noi volevamo lo sganciamento dei socialisti con Nenni da parte del Pci, di modo da poter diventare autonomo. C’è stata tutta una premessa culturale per il fare centrosinistra. Allora la parola centro aveva una sua importanza, oggi è screditata. Abbiamo lavorato tanti anni per arrivare a questo risultato. Non è che si ottenne dalla sera alla mattina, ma si ottenne attraverso una lunga discussione sulla stampa, sui congressi, e che a Napoli al congresso del 1962 al teatro San Carlo, Aldo Moro fece un grande passaggio con una relazione di sei ore e alla fine nelle ultime cartelle dopo avere spiegato tutto, disse “dobbiamo allearci con il Partito Socialista” tutti in piedi. Finalmente l’aveva detto esplicitamente in modo chiaro. (Napoli 27-31 gennaio 1962 ndr) Poi si fece il centro sinistra.
C’eri al congresso di Napoli. ?
Perbacco.
Aldo Moro che cosa è stato per te?
Moro era al di là di qualunque fantasia. Mentre Fanfani lo consideravano il leader, il capo della Dc vera, però Moro era sullo sfondo come se fosse stato un po’ irraggiungibile; lo consideravano una mente superior, Fanfani lo vedevamo di più, Moro non lo vedevamo mai, per cui c’era questa aria sacrale che ha sempre conservato questo mistero della persona; ricordo che non è stato mai un organizzatore.
Però Moro era molto attento ai giovani !
SìSì, molto attento. Fanfani era fissato sulla organizzazione del movimento giovanile, mentre Moro si occupava dei giovani, della prospettiva, del lavoro, della presenza della leadership sul piano nazionale. Si curava dei giovani in questo senso. Lo vedevamo più vicino e più lontano al tempo stesso. Moro è stata una figura sacrale e ha continuato ad esserlo purtroppo dopo che è stato ucciso; per noi è sempre una persona superiore, al di sopra, un Papa della Democrazia Cristiana, se posso essere irriverente rispetto alla religione cattolica.
Al tempo del movimento giovanile, molti dirigenti portavano poi in sede locale le iniziative i convegni, stage?
L’attività del movimento giovanile era anche più assidua e puntuale rispetto anche a quella del Partito. Facevamo incontri dappertutto. Facevamo convegni nazionali oltre i congressi periodicamente. Avevamo tutta una attività come se fossimo stati un partito inserito nel partito più grande. Però eravamo noi i protagonisti. Negli anni Sessanta e Settanta fino agli Ottanta, non c’è un dirigente che non venga dal movimenti giovanile e non si sia affermato attraverso il movimento giovanile.
Era il luogo dove la gente si esprimeva e dove potevano fare emergere le personalità.
C’era una grande attenzione della Dc verso i giovani anche sul piano della formazione culturale. Noi andavano alla Camilluccia (al centro studi politici Alcide De Gasperi ndr) a fare convegni, la scuola di partito anche se non la chiamavano così. Periodicamente andavano a sentire relazioni, alla Camilluccia facevamo interventi, dibattiti che duravano tutto il giorno.
Il convegno del Sestrière promosso da Luciano Benadusi nel 1957 affrontò con lungimiranza il problema della scuola e delle sue riforme, invece nei convegni degli anni Sessanta quale era il tema dominante, lo sviluppo unitario, il mezzogiorno, la industrializzazione?
La Scuola, la ideologia cattolica, il significato delle varie encicliche, contro il marxismo, contro la lotta di classe, la idea sublime e forte del Pci di allora era la lotta di classe, quindi in quegli anni la Dc ha maturato l’interclassismo, perché con l’interclassismo è stata sconfitta la lotta di classe, quindi il Pci è stato sconfitto negli anni Sessanta proprio in forza di questa cultura interclassista che il movimento giovanile portava avanti. L’interclassismo ha sconfitto la lotta di classe, e la lotta di classe che era il leit motiv del Pci ha perduto proprio in quegli anni. Perdeva mordente perché la solidarietà sociale che era nata allora fra le varie classi sociali, che non esistevano più, perché i contadini e i padroni cominciavano a essere una cosa sola dopo la riforma agraria, avevano creato una solidarietà, anche perché la situazione economica, l’ascensore saliva, portava che i contadini studiavano con la scuola obbligatoria; tutti siamo diventati uguali in Italia perché una cosa di grande importanza, che non c’è negli altri paesi europei, è questa unità. Perché non c’è più il servo e il padrone, non c’è più il borghese e l’operaio. Siamo tutti uguali. Questo è diventato un dato costante anche nell’ultimo periodo che è sorto il personalismo, il rancore, il contrasto tra classi tra le varie persone, ma in quegli anni, questa è la storia vera della Dc, che non si può dimenticare. Tutto aveva un significato culturale che poi cadeva sulla politica quindi la politica era una cosa seria ed era sostanza culturale che portava ad una attuazione dei problemi e alla risoluzione: il problema del Mezzogiorno, della scuola, della identità dei cattolici. Se andiamo a rileggere per l’Azione o i primi anni della Discussione o tutti questi convegni, al Sestrière o altrove, il congresso di Perugia dove discutemmo di tutte queste cose. Sarei felice di rileggere quegli atti. Quando il movimento giovanile faceva il congresso per tre giorni seriamente e poi evidentemente faceva le liste quindi si eleggeva la nuova dirigenza, ma abbiamo avuto una continuità; chi diventava grande e lasciava il mondo giovanile aveva una esperienza alle spalle, capisce di poterlo candidare in posizioni di responsabilità al Parlamento, al Senato, e via di seguito.
Il congresso di Perugia quando si tenne?
Nel 1962. (10 congresso del Mg 27 – 30 luglio 1962 Sala de Notari palazzo dei Priori ndr)
Tu hai conosciuto tutti i grandi leader Dc, Fanfani, Forlani, Moro, Zaccagnini, Marcora, Piccoli Donat-Cattin, De Mita, chi quello che ti ha lasciato di più?
Sono due ovviamente: Marcora sul piano di questa grande efficienza, di questa grande spinta, perché l’intellettuale De Mita o l’intellettuale Galloni, il vibrante Granelli, perché era vibrante e pieno di entusiasmo, non si sarebbero organizzati se non ci fosse stato Marcora. Marcora era un grande politico e un grande organizzatore. Naturalmente per me questo è il ricordo più importante. Ho vissuto tutta la vita con De Mita per cui poi inevitabilmente con De Mita sono stato amico personale, e ci siamo accompagnati fino alla fine che purtroppo è capitata nel maggio scorso.
Nei giorni scorsi c’è stata questa polemica di Nando Dalla Chiesa contro De Mita.
Ho visto. Volevo intervenire poi ho capito che bisognava far sbollire questa cosa perché ero al Governo allora, al Ministero di Grazia e Giustizia. Avevo contatti con Dalla Chiesa e il figlio sbaglia e non ha nessuna ragione per dire questo. Lui non si lamentava dell’aiuto. Venne a trovarmi nel mio ufficio credo una ventina di giorni, un mesetto prima, quando era stato assegnato a Palermo. Ha un rapporto con me perché mi occupavo proprio di brigatismo, dell’emergenza di quel periodo che portó all’”arresto” di Aldo Moro. Lui era soddisfatto…
Scusa, hai detto all’”arresto” di Aldo Moro”? Volevi dire altro?
Volevo dire rapimento di Aldo Moro. Beh fu arrestato dai brigatisti! Fu rapito e arrestato! Certo, hanno fatto pure il processo! Dalla Chiesa non si è mai lamentato. Lui mi faceva dei discorsi problematici rispetto alla comprensione del fenomeno mafioso e brigatista e quindi era insoddisfatto della analisi che noi facevamo e della comprensione. All’inizio del fenomeno che chiamiamo brigatista noi eravamo sconcertati, immaturi, non avevano un retroterra.
Poi l’abbiamo acquisito?
Sono stato con Tommaso Morlino, in tutto questo periodo, il periodo migliore della mia vita, dove noi abbiamo studiato il fenomeno brigatista e abbiamo fatto la prima legge che ha risolto il problema con la legge della dissociazione, che poi hanno copiato per la mafia, dove non ha nessun valore perché li ci stanno i pentiti prezzolati, mentre là c’è una dissociazione ideologica che portava allo scardinamento del fenomeno. È come la casta. Se uno viene meno, fa la delazione di come è organizzata, l’organizzazione si frantuma. Tra i tantissimi meriti della Dc è che noi abbiamo frantumato il brigatismo non solo con i grandi personaggi come Dalla Chiesa, ma anche con le leggi intelligenti che avevamo fatto e che poi sono state malamente copiate.
Nei giorni scorsi è uscito un libro di Miguel Gotor “generazione settanta”
Sì l’ho visto, ma non letto.
Si parla sempre di misteri, segreti inconfessabili …
Questa letteratura la rifiuto. Nell’ambito dello Stato ci saranno pure piccole zone d’ombra come inevitabilmente c’è in tutte le zone della vita, ma immaginare tanti complotti sulla storia di Aldo Moro… ! Si è fatta una commissione, poi un’altra, non arriva nessun risultato perché non c’è il risultato. Questo è il punto. E quindi si va a immaginare fantasmi e che non diventano mai concreti perché non esistono. Sono fantasmi! Mi fa piacere dirlo a te!
Però c’è un problema. Anche ieri è stato commemorato Gingio Rognoni, con opinioni divergenti, paventando opacità.
Sono tutti fantasmi. Retropensieri che poi non si realizzano perché restano fantasmi.
Comunque il figlio di Dalla Chiesa ha avuto un comportamento antipatico tirando fuori polemiche dopo che De Mita era scomparso! Poteva farlo prima!
Certo!
Rimangono alcune questioni. La prima: la tua esperienza parlamentare dal 72 al 94, hai assunto grandi iniziative sulla Giustizia, una linea controcorrente e coerente. I fatti a distanza di tanti anni poi ti hanno dato ragione.
Sono molto soddisfatto della mia attività parlamentare perché ho esercitato la funzione con grande impegno e con grande intensità. L’ho fatto perché ho avuto sempre una idea molto sacrale della rappresentanza e del Parlamento che credo sia la cosa al primo posto assoluto nella vita perché attraverso questa legge elettorale, la rappresentanza è sparita. Sembra una legge elettorale fatta apposta per far sparire la rappresentanza. Mi sono occupato prevalentemente di Giustizia e negli anni Settanta, lo dico ad alta voce, per la prima volta, la tua amicizia nei miei confronti, mi consente di potere dire che leggo cose che avevo scritto negli anni Settanta per cui contrariamente al luogo comune che chi ha ragione non è molto intelligente oppure scemo, penso di avere esaminato, approfondito quei problemi. Proprio perché ho fatto cinque anni al governo, alla Giustizia, poi ho fatto il presidente della commissione e capivo sin da allora che c’era un problema sul piano istituzionale e nel rapporto fra le istituzioni e tra politica e magistratura e noi abbiamo fatto leggi con il mio dissenso.
Hai votato contro la riforma alla immunità parlamentare!
Ho votato non solo contro. Quando oggi Carlo Nordio va a dire che bisogna ripristinare l’immunità! È stato l’ultimo intervento negativo che ha affossato definitivamente la Politica, perché ha fatto prevalere, anche sul piano formale, il protagonismo della magistratura. Ma io avevo votato negli anni Settanta la progressione in Cassazione, perché c’era uno slogan – va ricordato – del ministero di Grazia e giustizia dei magistrati, perché il capo di gabinetto, era un magistrato di Milano che teorizzava che un magistrato solo perché raggiungeva alcuni anni di età doveva essere promosso in Cassazione a prescindere dai posti che stavano in Cassazione!
L’automatismo?
Per cui il Pretore di Frigento della mia provincia era componente della Cassazione pur facendo il Pretore a Frigento in un piccolo paese dell’Alta Irpinia. La ragione per la quale loro giustificavano, era che un concorso intermedio ledeva l’autonomia e la indipendenza della magistratura. Fare un nuovo concorso significava, in qualche modo, colpire la indipendenza e l’autonomia della magistratura. Una cosa aberrante! E ha fatto scuola; ha instradato; per cui un magistrato se durante la carriera non viene valutato se è bravo, se è matto, se è diventato scemo; si attenta alla autonomia e alla indipendenza della magistratura.! Questo slogan ha portato, dopo anni e anni, alla fine della immunità e a questa funzione anomala che c’è profondamente, per cui è alterato l’equilibrio istituzionale, l’equilibrio costituzionale dei poteri. L’avevo detto negli anni settanta e oggi tanti si affannano a dire, per ultimo ha scritto un libro prezioso Sabino Cassese e ha scritto puntualmente di queste cose e delle anomalie.
C’ero alla presentazione del libro di Cassese in Trastevere nello spazio dell’ex cinema Induno, con il Presidente della Anm. Per fortuna ci sono gli atti parlamentari, c’è la memoria storica del Parlamento che è incancellabile e gli studiosi possono andare a rileggere e verificare come sono maturate le scelte politiche.
Mi hai mandato quel lungo intervento che avevo fatto negli anni ‘73 – ‘74, che hai trovato all’Archivio storico del Quirinale. (Lettera dell’On Gargani al procuratore Giovanni Colli del 22 maggio 1975 con allegata la relazione parlamentare sullo stato della Giustizia ndr) L’avevo mandato al Procuratore Generale della Cassazione e lui se l’è conservato con la mia lettera che mi mandasti. Ho un ottimo ricordo perché fa parte della mia storia.
Che giudizio dai sulla fine della Dc? E degli anni 93 – 94. ?
La fine della Dc è dipesa per il cinquanta per cento da un esaurimento di tutte le cose della vita, in cui la società era cambiata; governava da troppi anni per poter conservare il potere.
Per esaurimento propulsivo?
Per l’altro cinquanta per cento è che la classe dirigente, che era di livello altissimo, si é arresa e si è arresa soprattutto di fronte alla magistratura per cui quel discorso di Craxi ahimè – lo avevo detto allora non lo dico dopo trenta anni – doveva portare tutto il Parlamento a solidarizzare perché il finanziamento pubblico dei partiti anomalo che Craxi aveva denunziato è diventato corruzione. Non era corruzione. Era anche corruzione e quella corruzione doveva essere perseguita, ma i finanziamenti innocenti che tanti avevano fatto, tante persone si prestavano per poter aiutare il partito, per far continuare la democrazia in Italia, erano finanziamenti leciti alcune volti puniti con una ammenda, ma avendo fatto diventare tutto questo corruzione – lo ho scritto con molta precisione e con documentazioni – è diventato che quel periodo è quello della corruzione dei socialisti, dei democristiani e di tutti i partiti escluso il Pci che pigliava i soldi a differenza degli altri, ma li pigliava da innocente.
Poi anche se ci fossero stati casi sarebbero stati assolutamente marginali. La Dc nel 1992 aveva preso ancora quasi il trenta per cento dei consensi.
È stata coinvolta tutta la classe dirigente perché si era cominciato dagli anni settanta, perché il gatto si morde la coda, nel senso che l’automatismo e tutte le leggi fatte a favore dei magistrati hanno portato a questa esposizione anomala dei magistrati, a una prevalenza sul piano istituzionale, perché è una malattia della democrazia.
Oggi quanto manca al Sistema politico la legge proporzionale con le preferenze?
Ho sempre sostenuto, anche in quegli anni ‘92-‘93, questa volta fortemente in polemica con De Mita, che la legge che Mattarella faceva è stato il primo mattone tolto alla cittadella democratica. Questa mia espressione negli anni Novanta che fece infuriare De Mita, era purtroppo a distanza di tanti anni, vera! Il proporzionale era l’unico sistema elettorale democratico. Imperfetto come tutte le cose della vita, ma il meno imperfetto. È come la democrazia che diceva Churchill e quindi questa legge garantiva la rappresentanza …
… Il pluralismo !
garantiva la presenza nel Parlamento del Paese, perché era la fotografia del Paese con la quota di sbarramento inevitabile. Tutte le altre leggi fatte, una peggio dell’altra, fino a diventare questa ultima con la quale abbiamo votato domenica 25 settembre una legge che – come ho accennato prima – evita addirittura la rappresentanza perché il malfatto, la cosa delinquenziale del Parlamento – non ho difficoltà a dirlo – è di tagliare i deputati e i senatori e di cancellare la rappresentanza in alcune regioni. Il Pd ha questa macchia! Capisco il sistema Cinque Stelle che aveva vinto nel 2018 e aveva governato voleva, portare avanti questa sua idea sul risparmio – tutte stupidaggini – ma hanno tagliato la rappresentanza! In Campania c’è la metà della rappresentanza dei deputati. In Basilicata viene limitata …
In Umbria lo stesso!
Si è perduta la rappresentanza; Queste povere regioni non avranno più riferimenti al Parlamento.
Leggevo alcuni resoconti del movimento giovanile e ho potuto verificare che voi faceste una battaglia per il sistema proporzionale delle Provincie!
Sì, perché il proporzionale si estendesse in tutto il Paese.
Oggi in assenza dei partiti che facevano riferimento ad aree culturali quali quella socialista, laica, cattolica, la situazione come la vedi?
I partiti sono diventati personali negli anni Novanta, perché Berlusconi che aveva un consenso grande nel paese è stato criticato da tutti gli antiberlusconiani e poi tutti lo hanno copiato. Lo hanno imitato. Lui ha inventato il partito personale e tutti lo hanno copiato fino a Mastella o a Noi Moderati che sono cifrati allo 0,5 per cento. (ci aveva quasi azzeccato perché hanno preso poco di più, NdR). Quindi i partiti sono venuti meno, io che mi sono sempre illuso negli anni Novanta di rimettere insieme tutto i pezzi dei cattolici, ma anche dei laici, dei riformisti ho una piccola ulteriore speranza; mi sono sempre illuso che le persone che venivano da quella tradizione potevano rimettersi insieme; ho una fiammella, ancora una speranza che il terzo polo – avendo fatto una cosa che dico dagli anni novanta – possa presentarsi in alternativa alla destra e alla sinistra, presentarsi in maniera autonoma. Sono coraggiosi, onestamente dobbiamo riconoscerlo, perché il sistema elettorale proprio non consente di presentarsi da soli.
Però è una sfida!
Sì certo é una sfida. Se si unifica veramente una alleanza elettorale improvvisata …
Se premiata dagli elettori …
… se dopo le elezioni diventa politica, riunisce, avendo fatto questa lunga carrellata dal movimento giovanile, quando noi rappresentavamo il centro l’interclassismo con la Dc. Moro lo aveva detto nel 1944 che il centro era dinamico! (Pensiero e Vita, 25 novembre 1944 ndr). Se si dovesse verificare dopo le elezioni questo, – dopo questo periodo degli anni novanta molto disgraziato in cui hanno governato le estreme, hanno governato gli antisistema e quindi hanno sgovernato fino a quando non è arrivato Draghi – uniamo e possiamo avere la possibilità di rivedere la costituzione del centro e quindi di ristabilire le identità perché non ce ne sono più. Coraggio Italia, Forza Italia, Fratelli d’Italia non c’è più nulla che ricordi una cultura di Popolari, Riformisti, Liberali, Socialisti come ci stanno in Europa.
Sono più pessimista di te! Sono stato all’Istituto Sturzo per l’incontro sui cattolici dal 1870 ad oggi, e dagli interventi ho constatato una linea che esalta il prepolitico senza un grande progetto.
Senza un aggancio alle vere tradizioni culturali …
E con il vuoto della Chiesa nella formazione dei giovani e di una classe dirigente come lo era stato nel secondo dopoguerra con la Giac e con l’azione Cattolica. Se l’arcivescovo di Milano arriva a polemizzare con il Papa, la gente in questa confusione, non capisce molto. Se non c’è un orientamento nuovo anche in questo senso delle gerarchie cattoliche, rispetto alla strategia ruiniana sui valori non negoziabili e con presenze insignificanti in ogni partito. Che dici di questa assenza dei cattolici, di questo vuoto.
Ci siamo sparpagliati e divisi e nella divisione è venuta meno anche una cultura o il riferimento culturale allo stare insieme e avere attraverso l’ispirazione cristiana una idea di organizzazione civile e questi sono sempre stati dei cristiani fondamentalisti che non hanno mai capito – questo penso di poterlo dire fino in fondo – il significato dei cattolici in Politica e allora tutto viene ancora contrabbandato come cento anni fa. Il partito cattolico non esiste mai. De Gasperi lo aveva capito e Moro successivamente. Il partito cattolico non esiste, esiste ed è esistito il partito dei cattolici che si è diviso, frantumato e restano questi messaggi equivoci che sono metà ecclesiastici e metà fondamentali, ma che non hanno consistenza rispetto al territorio, alla funzione laica e civile che un cattolico deve avere nella sua missione terrena che è diversa da quella ecclesiastica, della chiesa. Questa cosa è completamente dimenticata; è fuori dalla cultura italiana in questo momento. Questo è un dato completamente negativo.
L’Europa può essere il nostro nuovo vincolo politico esterno, dopo quello economico, che ci aiuta a superare i problemi?
L’Europa può aiutare più per quello che deve diventare, perché poi la guerra costringe a metterci insieme per poter difendere la civiltà occidentale e quindi difendere anche la storia e la tradizione, la cultura giudaico- cristiana dell’Europa e questo ci aiuta. Speriamo! Ma c’è bisogno sempre di identità dei partiti, che oggi non c’è, per cui rispetto allo scandalo dei deputati che sono passati da una parte all’altra in 400. Sono passati da una stanza a un’altra! Non da una idea a un’altra idea. I partiti sono senza identità, ognuno pensa alle proprie convenienze.
Dopo le elezioni di settembre può nascere un movimento che parta dal basso sulla riforma elettorale?
Dobbiamo vedere chi ci sta, subito dopo, perché a fine legislatura non si riesce a fare niente. Se avessi qualche anno in meno mi legherei al palo della luce elettrica davanti alla Camera dei Deputati! Siccome ho qualche anno non lo posso fare più. Mi procurerebbe qualche accidente. Bisogna fare qualcosa! Bisogna muoversi!