La DC era un partito di correnti già con De Gasperi…

 La DC era un partito di correnti già con De Gasperi…

Un convegno a Roma alla Fondazione intitolata allo statista trentino

articolo di Maurizio Eufemi tratto da giornale online “beemagazine.it” del 6 Aprile 2023

Nella rivisitazione della Storia della DC, fatta in un convegno nella Fondazione De Gasperi a Roma, dal confronto di opinioni tra storici e politici è emersa una lettura dialettica sul ruolo e sulla funzione delle correnti all’interno della DC fin dal periodo degasperiano.

Nella prima fase di costruzione della DC c’erano gli ex popolari, gli Scelbiani, i Gronchiani, il gruppo dei guelfi, i rappresentanti dell’associazionismo dall’Azione Cattolica alla Fuci, fino ai professorini di Gemelli prima e dei dossettiani poi.

L’anniversario della nascita di De Gasperi (aprile 1881) serve anche a ricordare il nesso tra memoria e futuro. La festa del 25 aprile fu istituita come giornata della Liberazione, con matrice giuridica oltre che politica, da Alcide De Gasperi.

Alcide De Gasperi, secondo Agostino Giovagnoli, formula il Partito della Nazione, come formula che garantisce la democrazia e gli altri; non il partito egemone. Attraverso il partito “pivot” nella definizione di Leopoldo Elia, garantisce la democrazia, il sistema, il potere dell’esecutivo nel pluralismo con la scelta “mai da soli”.

De Gasperi ha la capacità di tenere insieme solidarismo e interclassismo.

Le tesi sviluppate dagli storici Vera Capperucci e Agostino Giovagnoli vengono integrate dai ricordi personali di Calogero Mannino, per il quale lo statista trentino dopo avere compiuto il miracolo della ricostruzione, non viene premiato nel 1953.

Questo riconoscimento è mancato per l’episodio della legge maggioritaria, sulla quale c’è stato un comportamento di alta dignità di Stato da parte di De Gasperi e dei dc del tempo, che non hanno fatto ricorso a nessun mezzo strumentale per l’applicazione della legge maggioritaria.

È Fanfani che rafforza il modello organizzativo e quello degli apparati soprattutto con un potenziamento delle attività di propaganda adeguandole ad un partito di massa, rovesciando il paradigma degasperiano e ponendo al centro il segretario del partito, che diventa il soggetto trainante della rappresentanza. Punta al partito pesante. Per Fanfani saranno “gli anni difficili, ma non sterili”, la legislatura del 1953-1958.

Fanfani si crea la sua maggioranza, mette dentro tutte le ipotesi correntizie che esploderanno per scissione dopo il 1959 con la Domus Mariae. L’ipotesi di Fanfani è un insieme che ha alcuni obiettivi: l’organizzativismo, il partito organizzato con proiezione nella società.

Iniziativa Democratica è una corrente plurima, ma rappresenta la società, i coltivatori diretti, gli artigiani, i commercianti; si forma una classe dirigente nuova, con sacrificio di quella notabiliare, che ha conservato l’onore di una grande memoria.

Quella che si forma con Fanfani troverà un punto di esplosione della propria tenuta con la Domus Mariae.

Questa classe dirigente ritiene di dover giocare delle partite che non sono quelle di Fanfani. A guardare bene il 1959 la rottura di Iniziativa Democratica – e questo lo si celebrerà in modo solenne al congresso di Firenze – è il tema delle alleanze.


Quando le correnti diventano soltanto il vettore di una proposta di alleanza subiscono il peggiore del deterioramento perché non sono più lo strumento per affrontare approfondimenti programmatici, di linea politica, ma per scegliere un alleato invece che un altro: il socialista e quale socialista, perché quando Moro farà il centrosinistra nel 1963 avremo le grandi difficoltà a trovare il PSI unito perché oltre la leadership Nenni, leale e legato a Moro, ci sono i suoi, Mancini e De Martino, che scalpitano e che gestirono la legislatura successiva, quella del 1968, quella che per De Martino diventerà la fase degli equilibri più avanzati.

Il gioco della proposta di alleanza diventa decisivo per le correnti.

Per Calogero Mannino la DC sorge con un profeta: De Gasperi, Ma perché sorge la DC?

Sorge prima dello sbarco degli americani nel 1943 – nonostante la vulgata di alcune trasmissioni televisive -, nello studio del Sen. Alessi a Caltanissetta, dal gruppetto residuo degli sturziani rimasti in Sicilia, che non si erano compromessi con il fascismo.

Quella fase meriterebbe più attenzione intrecciando con Yalta la svolta di Salerno e l’unità d’Italia.

Può essere affidata solo a forze che erano riuscite ad attraversare la lunga notte del fascismo. In Italia c’è De Gasperi che potremmo considerare un detenuto alla biblioteca vaticana. La DC è un’opera a quattro mani: De Gasperi e Montini. Adesso ai cattolici spetta il compito di costruire la democrazia degli italiani, una democrazia della Nazione. Ma la DC è un partito di correnti già con De Gasperi.

Le correnti hanno svolto la funzione positiva di rappresentanza dei ceti sociali, con Forze Nuove nel sindacato della Cisl e nelle Acli, con i coldiretti di Bonomi, con il mondo dell’artigianato, dei dirigenti d’azienda, etc..

Il consiglio Nazionale di Vallombrosa del 1957 aveva già fatto emergere la crisi della leadership di Fanfani. Li fu avvertito il “rumore dei silenzi” di Iniziativa Democratica.

Il punto di svolta o di esplosione si ha con la Domus Mariae del 1959 quando avvenne la rottura di Iniziativa Democratica e l’avvento dei Dorotei. Le correnti da quel momento si sono divise sulle alleanze con ritmo crescente. Nel rapporto con il PSI ognuno guardava ad un interlocutore diverso: Moro con Nenni, Colombo con Mancini, Rumor con De Martino, fino a quando non sorsero difficoltà con la teoria degli equilibri più avanzati.

“E arrivo a Moro con un ricordo personale – prosegue Mannino citando l’incontro a Via Savoia nello studio di Moro – quando accompagnai un Donat Cattin furioso, fermamente contrario alla solidarietà nazionale e al governo Andreotti con la partecipazione dei comunisti. Moro lo smonta e lo porta ad accettare il punto di necessità politica”.

“Ah se ci fosse il Partito Socialista” sospirò Moro; era appena stato eletto Craxi e i socialisti ancora vivevano una fase di vera e propria dissoluzione. Non era ancora il Craxi che vedremo negli anni Ottanta. “Quel sospiro di Moro non l’ho più dimenticato – sospira sua volta Mannino -. Moro pregò Donat Cattin di non turbare l’unità della DC. La condizione era la unità della DC”.

Moro era riuscito con l’intervento ai gruppi parlamentari riuniti del 28 febbraio 1978 a ricompattare le correnti della DC, ma Moro si ritrova qualcosa di diverso dalle correnti. Nei gruppi c’era una rappresentanza che con le elezioni del 1976 proveniva direttamente dalla società civile e quindi era svincolata da logiche correntizie. Erano contrari all’ingresso dei comunisti al governo.

Da lì nascono i 40, i 50 fino ai cento di Gerardo Bianco e di Roberto Mazzotta che rivendicano l’autonomia rispetto alle direttive di partito. Moro si ritrova un’altra realtà da affrontare, altro tipo di interlocutori da convincere, da persuadere.

Alla fine ottiene il risultato perché assicura che l’unita della DC è la condizione per gestire lo stato di necessità.

Poi dopo l’assassinio di Moro e la strage dei suoi amici e collaboratori, che erano gli uomini della scorta, che ti diventano amici, entrano nella tua vita personale, tale era Leonardi, il PCI si tira indietro con il congresso del 1980 rispetto alla fase di solidarietà nazionale e il Governo regionale di Piersanti Mattarella, nel quale il Pci era entrato in maggioranza, viene messo in crisi dallo stesso PCI dopo tre mesi. La collaborazione era già finita.

“La Dc deve governare”. Il Preambolo di Donat Cattin diventa lo strumento indispensabile con cui la DC tiene tutto il corso degli anni Ottanta. Un corso travagliato. Ci sono due avvenimenti. La segreteria De Mita si propone come leader del rinnovamento della DC. Era una necessità che viene data al PSI di imbalsamare la DC.

La Segreteria De Mita tenta la carta del rinnovamento, ma l’insuccesso elettorale del 1983 indebolisce la sua segreteria nazionale che regge a stento ed è costretta ad accettare Craxi Presidente del Consiglio che fa un pezzo di storia degli anni ottanta.

Quando diventa presidente del Consiglio, De Mita, pur sostenuto da una maggioranza di pentapartito garantita dal PSI, in Aula volge il discorso verso il PCI. Mannino ricorda: “Feci immediatamente in Senato questa obiezione a De Mita”. “Adesso non c’è più la maggioranza con il PSI ma con il PCI!”. E poi fa la prima visita di Stato a Mosca!

“L’Italia non appartiene a quella area geopolitica. ! Ripropongo la domanda: perchè nasce la DC nel 1943? Gli americani potevano accettare che l’Italia fosse consegnata ai fascisti? NO! Potevano accettare i comunisti? NO. Il miracolo Montini è nella offerta di una possibilità che gli americani non avevano ben presente. Questa pagina di storia deve essere approfondita con i documenti americani che verranno liberalizzati. La DC invece era sorta come partito americano fin dallo sbarco in Sicilia”.

La sinistra democristiana si disarticola nella sinistra di De Mita e nell’ area Zac che ha un recupero tutto di tipo psicologico- spiritualistico che porterà a forme di moralismo. L’area Zaccagnini opera la scelta della legge elettorale. Ci lavora con alcuni esponenti come Leopoldo Elia particolarmente ma ritorna il vezzo della riproposizione di un maggioritario la cui verifica va fatta sulla base di una precisa domanda: Chi scegli il partito socialista o il PCI? Questo apre la discussione sulla fine della DC.

Nonostante la DC nel 1992 prenda ancora quasi il 31 per cento dei voti con una larghissima partecipazione alle elezioni, cosa che nessun partito prenderà più da allora, la parabola della DC si concluderà con il colpo conclusivo assestato dalla legge elettorale che dal proporzionale passa al maggioritario imponendo di collocarsi nella scelta degli alleati.

Maurizio Eufemi

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