Convegno: I giovani e la politica – nei primi anni sessanta
L’evento è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione Socialismo e l’Associazione ex Parlamentari della Repubblica.
Dibattito organizzato da Istituto Luigi Sturzo.
Sono intervenuti:
Luigi Giorgi (coordinatore delle Attività dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma),
Simona Colarizi (professore emerito di Storia contemporanea Università La Sapienza, Roma),
Maurizio Eufemi (membro della Società Italiana di Economia, Statistica e Demografia),
Gennaro Acquaviva (presidente della Fondazione Socialismo), Luciano Benadusi (sociologo),
Giuseppe Facchetti (già Segretario nazionale dei giovani liberali),
Franco Bonferroni, Fabrizio Cicchitto (presidente della Fondazione “Riformismo e Libertà”),
Piero Craveri (presidente della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce),
Riccardo Pedrizzi (vicepresidente nazionale dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti),
Gilberto Bonalumi (giornalista, già parlamentare della Dc), Claudio Petruccioli (giornalista e componente del Comitato Scientifico di LibertàEguale),
Mario Tassone (segretario del Nuovo CDU (Cristiani Democratici Uniti)),
Flavia Piccoli Nardelli (presidente dell’Associazione delle istituzioni di cultura italiane (Aici)),
Enzo Palumbo (presidente nazionale di Democrazia Liberale), Giancarlo Perone,
Vincenzo Gino Alaimo (già parlamentare),
Giuseppe Gargani (presidente dell’Associazione degli ex Parlamentari).
Traccia introduttiva di Simona Colarizi al convegno i giovani e la Politica
Arrivati alla fine del liceo o all’inizio dell’università o già affacciati nel mondo del lavoro in una società italiana dove l’eredità del regime pesa ancora forte malgrado la netta discontinuità istituzionale e politica, i nostri testimoni sono i figli diretti dei dirigenti antifascisti che hanno fondato nel 1945 la nuova Italia repubblicana e democratica. Da De Gasperi, da Nenni, da Togliatti e dai tanti dirigenti che per tutto il ventennio hanno combattuto il regime e guidato il paese nella guerra civile, questi giovani più o meno ventenni mettono tutta la loro passione giovanile nella politica. È la stagione più feconda dell’intera prima Repubblica, quando a metà dei Cinquanta cattolici, socialisti, socialdemocratici e repubblicani si accordano per guidare il paese investito dal “miracolo economico”. I progetti riformatori messi in cantiere nella lunga gestazione dell’apertura a sinistra centrosinistra, realizzati dai governi di centrosinistra via via nel corso dei vent’anni successivi, palesano una capacità di comprendere e governare il cambiamento che mi pare manchi ai loro eredi nella seconda Repubblica.
A partire più o meno dalla svolta politica del 1960, i nostri testimoni sono i protagonisti della prima ondata di movimentismo giovanile che il faro troppo accecante sul Sessantotto ha finito per lasciare in ombra. Eppure sono proprio loro che vivono le trasformazioni in diretta – per così dire – a intercettare le aspettative e gli umori di protesta dei loro coetanei impazienti di liberarsi e di liberare il paese da quella cappa di autoritarismo ancora incombente nel paese. Rispetto ai fratelli minori del 1968, fratelli minori sessantottini incantati dai miti rivoluzionari e intossicati dai veleni ideologici proprio quando le ideologie totalizzanti stanno declinando, i “ragazzi dalle magliette a strisce” – immortalati cosi da Cederna – hanno fiducia nei partiti, credono nella politica, anzi, credono nel primato della politica, l’arte per affrontare la complessità di società, mai immobili, sempre investite da una perpetua trasformazione dell’esistente.
Commento di Mario Tassone al Convegno:
Il 27 settembre si è svolto a Roma, all’Istituto Sturzo, un incontro “I giovani e la politica nei primi anni sessanta”.
La iniziativa nasce dalla fertile mente di Maurizio Eufemi, che sta indicando un percorso storico originale attraverso il “racconto”dei protagonisti( molte interviste sono raccolte in un volume).
L’altro giorno allo Sturzo ci sono stare testimonianze di quanti hanno avuto responsabilità nei movimenti giovanili dei Partiti : narrazioni interessanti di confronti accesi e scontri.
Erano anche gli anni delle proteste giovanili che avrebbero dovuto avere diversi riscontri.
I movimenti giovanili presenti all’interno dei partiti vissero pienamente quella stagione.
Il Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana,ad esempio, conservava i suoi spazi di autonomia, che gli consentiva una dialettica importante nei confronti della dirigenza del Partito.
Nessuna critica veniva risparmiata.
I movimenti giovanili erano una finestra aperta sulla società con le sue ansie di giustizia e di sviluppo: un agire con tante iniziative contro la lettura insufficiente degli eventi che dovevano essere,invece, affrontati con decisioni coraggiose.
La politica le libertà democratiche erano al centro.
I giovani all’interno dei partiti democratici svolsero un ruolo decisivo, mentre in altri partiti polarizzati le organizzazioni giovanili andarono in crisi risucchiate dall’estremismo: la lotta armata della estrema sinistra per la rivoluzione mancata e quella di destra produssero tragedie immani. Grazie ai partiti,alle associazioni ,ai movimenti sindacali l’estremismo fu battuto .
Il Convegno dell’altro giorno deve avere un seguito.
Oggi non c’è politica, i partiti, i baluardi delle libertà non ci sono.
E’possibile che le passioni di un tempo siano spente del tutto e definitivamente?
E’possibile che il primato della politica sia oltraggiato dall’insulto di progetti senza pensieri e da una autoreferenzialita’ rozza ?
Dallo Sturzo viene un messaggio.
La politica non è morta.
C’è chi vede nelle conquiste tecnologiche il progresso. Certo la scienza significa sviluppo ma l’Uomo è al centro.
C’è sviluppo se vince l’Uomo.
Utilizziamo I patrimoni costruiti nel tempo .
Oggi tremo a tanta superficialità, a tanta viltà,al disegno di manomettere la Costituzione.
I “giovani di ieri” hanno detto quello che è stato fatto: un dato irrilevante per la parte di società distratta o, per quella più attenta, esempio da raccogliere per essere vivi !
Mario Tassone
I giovani e la Politica – Intervento di Maurizio Eufemi
Istituto Luigi Sturzo
27 settembre 2023
Intanto un sentito ringraziamento a tutti voi presenti che avete accolto il nostro invito su questa iniziativa promossa con Luciano Benadusi.
Ciò è stato possibile per la sinergia tra Istituto Sturzo che ci ospita, la associazione ex parlamentari guidata da Giuseppe Gargani e la Fondazione per il Socialismo di Gennaro Acquaviva.
Recentemente un saggio, lucido novantenne come De Rita ci ricordava l’importanza della Rivista piuttosto che il quotidiano, come luogo di confronto e di dialogo nella profondità del pensiero, oggi purtroppo scomparsi. Solo Mondooperaio per la vitalità di Gennaro Acquaviva ha resistito e resiste come miniera a cielo aperto per la intuizione di Luigi Covatta con la scelta della collocazione nell’archivio storico del Senato.
Auspichiamo che possa avvenire per il completamento anche per Rinascita oggi disponibile grazie alla biblioteca personale di Gino Bianco ma fino al 1980, poi solo cartaceo.
Qualche collezione di privati è più facile trovarla in vendita su Ebay. Quasi una rottamazione del Sapere, piuttosto che l’uso del Sapere di Marcuse, quel modello accademico dell’Industria del Sapere, nell’assetto valoriale di Istituzioni, considerato nei primi anni sessanta autoritario e repressivo.
Ci sono parole che risuonano sia al centro che a sinistra come generazione come in Terza di Bc e in Nuova della fgci dopo la parentesi di avanguardia di Gianni Rodari però a conferma di un desiderio di incidere sul cambiamento.
Poi quel mito cadde.
In ricerche recenti mi sono imbattuto sul grande convegno della Dc sulla scuola al Sestrière nel 1957.
Ci sono testimoni qui presenti di quell’incontro: Benadusi, Bonferroni, Bruni, Perrone. Partecipó anche Guido Bodrato recentemente scomparso. Al Sestrière si ritrovarono giovani dc di tutte le regioni insieme ai direttori dei giornali scolastici per affrontare i temi della scuola. La scuola vista dagli studenti! Una grande mobilitazione con relatori di prim’ordine. Ricordo Augusto Del Noce, Vincenzo Cappelletti, Giovanni Gozzer, e Codegone con la sua attenzione alla rivalutazione degli studi scientifici e tecnici. Una anticipazione di future linee di movimento. La relazione di Del Noce e il successivo approfondimento di Guido Bodrato che meritano di essere riletti. Se De Noce svolge una analisi filosofica sulla crisi dell’azionismo di sinistra, sulla lotta politica tra reazionari e progressisti, sulla immobilizzazione del presente e nostalgia dell’antico, Bodrato spingeva per non rinunciare a trovare le ragioni di nuova opposizione alla tradizione laicista e borghese alla presenza delle forze marxiste e alla pressione di quelle rappresentanze dei privilegi economici e di casta.
La questione marxista che ha travagliato i giovani socialisti e che porterà Leo Solari a dire :”non avevamo capacità e astuzia di Andreotti e Togliatti, noi anarchici eretici, non subalterni al potere e alla egemonia comunista”.
Si tenevano i congressi annuali e al tempo stesso si mettevano in piedi i convegni di Faenza, uno, due e tre sempre alla ricerca di un nuovo, non fine a se stesso. Proliferavano i corsi di formazione nazionale e quelli regionali.
Per l’Azione è stata una rivista, un luogo di elaborazione culturale, è stato lo spazio anche critico dei giovani Dc, è stato il confronto intergenerazionale tra ex popolari e i nuovi fermenti della società civile; era un “crocevia affollato di gioventù che non è mai stato uno spazio per trasmigrare, ma un vero e proprio pellegrinaggio alla ricerca del mondo nuovo’’ come lo era quel preciso momento storico, quello del dopoguerra del novecento definito il “secolo delle riviste”.
Nasceranno La Discussione di De Gasperi e Concretezza di Giulio Andreotti. Su posizioni più articolate Tempo Nuovo, San Marco, Humanitas, Adesso, orientato da don Primo Mazzolari e la Voce operaia di Rodano, Ossicini e Felice Balbo. Era anche una risposta agli anni della limitazione delle libertà. In campo socialista: Passato e Presente di Giolitti Pizzorno e Momigliano, Tempi Moderni di Fabrizio Onofri, Mondo Nuovo di Vecchietti, Levi e Libertini, senza dimenticare l’operaismo di Quaderni Rossi.
Gilberto Bonalumi si era impegnato a recuperare da Virginio Rognoni i due numeri de il ribelle e il conformista.
Cronache Sociali di Lazzati, Fanfani, Dossetti e La Pira, si poneva in modo critico rispetto alla linea del quotidiano ufficiale della Dc il Popolo. Sullo sfondo v’era la concezione del rapporto con il PCI, non di semplice contrapposizione ma, per i dossettiani, di competizione intellettuale e politica.
La memoria va alla Comunità del Porcellino, alla Chiesa nuova, agli incontri fortuiti preserali in piazza della Chiesa Nuova tra i Dc e i giovani del pci come Luciana Castellina.
Il leit motiv era la “dichiarata autonomia dal partito” con una linea politica spostata a sinistra.
Il pensiero ci riporta al confronto intellettuale di quegli anni in cui la libertà di pensiero era più forte di qualsiasi compromesso.
Nonostante il Congresso di Venezia, Cronache Sociali esce con una minuscola didascalia “soluzioni di fondo che non si lasciano catturare”.
Nel libro postumo l’ultima Repubblica Enzo Carra ha voluto ricordare Ruggero Zangrandi con la particolare storia e personalità un Socialista Rivoluzionario poi confluito nel PCI. L’ultimo sua opera postuma fu l’Italia tradita del 1971.
Nel 1952 ci fu una vivace polemica tra Franco Maria Malfatti e Ruggero Zangrandi sul ruolo e l’autonomia della cultura e il comunismo. Malfatti sceglie di scrivere su per l’Azione la rivista dei giovani, mentre Zangrandi sceglie Rinascita la rivista dei grandi.
Lo fecero con un aspro confronto dialettico, attraverso scambi di lettere pubblicate in un triangolo che vedeva la rivista San Marco di Nicola Pistelli, Rinascita e Per l’Azione del movimento giovanile Dc.
Per Malfatti la cultura non poteva essere ridotta a propaganda. Per Zangrandi la cultura era il modo per giudicare le ingiustizie del mondo. Noi comunisti – sosteneva Zangrandi – neghiamo l’autonomia della cultura e sosteniamo che anche la cultura è legata alla società in cui nasce e si sviluppa e trasforma connessa e serve ad essa.
Come si può vedere c’è uno scontro ideologico che persevera tra quanti si ritengono i detentori della verità e interpreti dei destini del mondo.
Oggi tutto questo ci manca. Così come ci manca Moro che per capire le pulsioni dei giovani chiama i leader non di carta, ma di movimenti vasti, rappresentativi e democratici, come Bonalumi e Petruccioli per approfondire i fermenti della società.
Moro già nel 1957 per il Sestrière sottolineó il particolare impegno di formazione che caratterizza gli anni della vita studentesca acquista nota di concretezza nel confronto con i problemi della società contemporanea e l’impegno dei giovani si arricchisce di più precisa consapevolezza, ponendo sempre lo sguardo alla democrazia.
Sulle Riviste si duellava sul ruolo della cultura nel nostro Paese a conferma della vivacità di mondi giovanili che costruivano il futuro del Paese con il libero confronto di idee e di programmi piuttosto che l’aridità dei tempi che viviamo.
Sullo sfondo del XX congresso del PCUS a Mosca arrivavano le prime smentite con la rivolta di Poznan e di Budapest chiamate “provocazioni” con gli articoli di Paietta, Ingrao, Togliatti etc.
Cio portò a dire:
“Iddio non voglia che coloro che lasciano il PCI perché troppo poco rivoluzionario non vadano nel PSI a pretendere da esso ciò che non può dare”.
Le analisi interne nel MG DC erano impietose sia sugli errori commessi che sulle esigenze non comprese dal Partito e presenti nel mondo giovanile. Prevaleva un realismo non rinunciatario. Non doveva essere sindacalismo giovanile, ma tensione morale per comprendere i problemi della società con al centro la situazione politica, la costruzione dello Stato Democratico e lo sviluppo della società.
Il Mg doveva essere forza e organismo secondo Celso De Stefanis. Masse giovanili incanalate come coscienza critica del partito. Organismo perché ha compiti di rappresentanza con compiti di formazione e doveri di rappresentanza.
Si registrava una forte tensione culturale per avviare una stagione politica nuova, per la costruzione dell’edificio del riformismo possibile attraverso la politica di piano, la questione meridionale con le aree di sviluppo industriale in contrapposizione alla dottrina marxista e la stagione del frontismo con lo slogan “il capitalismo si abbatte”. Tutta la vicenda della nazionalizzazione dell’energia elettrica e delle baronie elettriche è emblematica. Era entro il disegno di programmazione economica, con l’azione riformatrice di Fanfani (Piano Sardegna, Piano Ferrovie, Piano per i Fiumi, Attuazione del Piano Verde e Autostrade).
Il metodo democratico porta ad un voto di 76 si e 19 no in cn della dc. Ci fu un dissenso di Pella, esplicitato con telegramma, ma la polemica non era più sull’Enel ma sulla apertura a sinistra (vedi odg Piccoli al Gruppo 10, 11, 12 e 13 luglio 1962). Moro e Fanfani si ritrovarono all’unisono. Le riforme nel PSI, in una parte del PSI erano concepite in competizione con il PCI come segno di mutamento radicale della gestione della politica economica dei grandi centri di decisione, il cosiddetto “ideologismo dimostrativo” di Luciano Cafagna nel 1981. Fanfani guardava al capitalismo corretto, Moro guardava all’orizzonte politico per spezzare il fronte dei comunisti portando il PSI nell’area di governo.
C’era grande attenzione alle linee di movimento degli avversari politici. Si analizzavano i congressi della Fgci (Mattioli) così come grande attenzione veniva posta sulla politica estera dalla questione di Berlino all’Algeria di Bel Bella dalla invasione di Praga alla guerra in Vietnam, dal Kennedismo al concilio Vaticano secondo, sulla questione meridionale e la classe dirigente da Riccardo Misasi, sulle regioni e sulle fonti di energia dal ruolo dei partiti alle riflessioni su San Pellegrino o gli incontri di Faenza senza tralasciare i temi programmatici del primo centro sinistra dalla scuola allo stato imprenditore o all’agricoltura in trasformazione.
Oggi tutto sembra appiattito rispetto alle cupole del potere dei partiti personali.
I giovani, in un periodo in cui sono bombardati da una informazione incalzante e contraddittoria si ritrovano nella fase della immaturità senza punti fermi mentre avrebbero bisogno di riferimenti politici sicuri, non mutevoli e capaci di orientarli su principi solidi.
Occorrerebbe adeguare gli strumenti politici della partecipazione nella vita dei partiti soprattutto quella On Line che necessita di regole e garanzie senza che questo comprometta la serietà della offerta politica che non può diventare un gioco cui si partecipa con un click. La cabina elettorale resta sempre il luogo sacro di voto democratico.
La conoscenza, oggi, è un diluvio di approssimazione.
Si può amaramente constatare che non ci sono otri nuove per vino nuovo.
E pur vero che giovani preparati e affermati non hanno spazi culturali che le Riviste sanno dare per fare emergere le loro opinioni.
I giovani devono essere coinvolti nella partecipazione parlando il loro linguaggio e abbattendo le barriere all’ingresso, ma la proposta politica deve rimanere seria, competente, moderna, competitiva.
I giovani si sentano però responsabili di fronte a se stessi e ai problemi nell’impegno di viverli e risolverli.
Maurizio Eufemi