I comitati popolari per il NO alla riforma Costituzionale e la federazione popolare
La politica è sottoposta a fortissime tensioni dai temi etici sulle unioni civili alla riforma costituzionale, dalla crisi europea sui migranti alla difesa delle conquiste sociali sul welfare state. E’ in questa fase di così turbolenza che si avverte l’assenza di una forza politica in grado di esprimere la cultura di governo della DC unita ad un senso laico orientato a svolgere mediazioni piuttosto che imposizioni.
E’ in questo difficile contesto che è nata la Federazione Popolare, frutto di un lungo percorso, di una approfondita serie di incontri sul territorio da Rovereto a Orvieto, da Torino a Bologna con l’obiettivo di arrivare alla formazione di una nuova forza politica aperta e plurale capace di riaggregare quanti si ritrovino nei valori del cattolicesimo democratico, superando le contrapposizioni per ritrovare la via della ricomposizione.
Il primo momento di riaggregazione è stato la costituzione dei comitati popolari per il no al referendum sulle modifiche della Costituzione. E’ stato utilizzato lo strumento improprio dell’articolo 138 per interventi profondi anziché limitati e particolar come costantemente riconosciuto dalla dottrina. Il nuovo Senato, escluso dal rapporto di fiducia con il Governo, viene definito “rappresentante delle istituzioni territoriali” e ha funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l’Unione Europea” . Questa impostazione confligge con l’attuale articolo 5 della Costituzione non modificato che afferma che “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, perché la mancanza del nuovo Senato di qualsiasi rapporto fiduciario con il Governo, configura invece una situazione di assoluta alterità rispetto allo Stato Centrale e incrina la sua unitarietà, non essendo più inserito nell’ambito dello Stato come la Costituzione prevede.
Vengono affievoliti i poteri del Presidente della Repubblica rispetto allo scioglimento del “nuovo” Senato e della Camera dei Deputati così come il suo potere di rinvio delle leggi che si scontrerebbe con la posizione dominante del Presidente del Consiglio.
Gli elettori vengono spogliati dal potere di eleggere i Senatori che saranno espressione dei consigli Regionali.
Siamo di fronte ad una Costituzione riformata con profonde criticità che mettono in crisi la democrazia rappresentativa. La mancanza di coordinamento mette in crisi la Repubblica parlamentare. Tutto ciò è strettamente collegato ad una legge elettorale che costruisce un premierato occulto perché ai più forti poteri del premier non configura i necessari, indispensabili contrappesi. Un sistema elettorale maggioritario mette a rischio tutto il sistema delle garanzie costruite nei decenni che rischiano di essere compromesse.
Qui non è in discussione la conservazione o il rinnovamento, la modernità o l’arretratezza istituzionale del Paese. Si tratta invece di difendere quelle norme che hanno garantito democrazia e pluralismo oltre che una indiscutibile crescita economica e sociale del Paese.
Dunque ritrovarsi nella difesa dei valori costituzionali è il primo punto di approdo per ricostruire una piattaforma politica che guardi alla ricostruzione di una area vasta delle forze che si riconoscono nel cattolicesimo democratico di impronta degasperiana. Di qui la esigenza di schierarsi convintamente nella battaglia referendaria per il no a questa riforma costituzionale e implicitamente alla legge elettorale rappresenta per noi un dovere irrinunciabile.
(Articolo di Duranti pubblicato su “I democratici cristiani”)