La nebbia del potere

La nebbia del potere

Nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto è stato presentato l’ultimo libro di Marco Follini “La nebbia del potere” per i tipi di Marsilio. Sarebbe stato un evento che avrebbe stimolato Bartolo Ciccardini con Camaldoli.org e un ampio dibattito sulla rete. Lo facciamo lo stesso perché non basta un twitter per raccontarlo. V’è stata una larghissima partecipazione di pubblico. La qualità del panel dei protagonisti del dibattito spingeva alla presenza insieme al desiderio di capire se è il momento di accendere i fendinebbia, se inserire gli airbag o aspettare passivamente che la nebbia si diradi. Aleggiavano nella sala gli effetti del duro editoriale direttore del graficamente rinnovato Corriere della Sera verso il Presidente del Consiglio titolato “il nemico allo specchio”.Antonio Polito ha svolto il suo ruolo di moderatore stimolando efficacemente il dibattito ponendo in apertura la questione centrale della crisi della democrazia che pone fenomeni profondi sanati da figure che saltano la intermediazione. Giuseppe De Rita ha riconosciuto a Follini di avere prefigurato con largo anticipo la attualità con una serie di precise affermazioni recuperate dalle pagine di un libro letto e riletto. Siamo di fronte ad un potere abile propagandista di se stesso. La analisi di De Rita si è concentrata su tre punti: l’idea del rapporto tra politica verticale e orizzontale; il rapporto tra società civile e politica e il rapporto tra politica e opinione pubblica. Oggi si parla alla gente con il gestismo, ma la politica italiana è stata gentismo. Ricorre alla citazione di un episodio del 1973 ,quando Moro disse che la politica deve essere capace di orientare e Andreotti rispose che la politica non deve orientare ma rassomigliare. Orientare significa pensare e riflettere. Questa contraddizione non è stata risolta né da Craxi né dal Berlusconismo con i vari tentativi di assomigliare alla società. Sulla scarsa capacità di mettere insieme verticalità e orizzontalità cita l’episodio storico dei duemila morti di Venabro. La Democrazia Cristiana aveva rimosso il desiderio di verticalità. Oggi si fa fatica a orientare il policentrismo, ma anche la Chiesa è policentrica. La crisi della società derivava dal suo policentrismo che nessuno sa governare. Infine il rapporto tra politica e società civile si è ridotto perché tutti alla fine girano interno al Palazzo per cercare di entrarci. Per De Rita la crisi del potere è che il cambio di politica diventa cambio di regime e che non sappiamo cambiare il corso delle politiche. Abbiamo tutti paura del vuoto che è il problema del Paese fino a diventare una condanna italiana.Gerardo Bianco che come presidente della Associazione ex parlamentari aveva promosso la iniziativa riconosce a Follini il merito di invitarci a riflettere con una analisi del potere. Cita Ovidio. Sposta il dibattito sul potere esercitato della DC che era inclusivo, fino a criticare la lettura impropria del doppio Stato e la sostituzione progressiva dei poteri con il passaggio dalla società liquida di Bauman alla liquidità del potere. Una società non regge se non ripensa al rapporto tra etica ed economia e etica e democrazia, se non recupera valori e tradizioni, se la politica non diventa eco prima di orientamenti e indirizzi. Bianco non perde la occasione per fare un riferimento alla prima repubblica quando il potere era ancora più disarticolato eppure fu momento di slancio perché c’erano valori di civiltà italiana, elementi morali forti, classe dirigente che guardava al potere come momento di elevazione. Per Bianco non si può recedere nelle piccole patrie recuperando un pensiero forte. Walter Veltroni riconosce a Marco Follini il segno di una passione politica. Ricorda il suo discorso del Lingotto del 2007. E’ un libro dedicato al potere che non necessariamente coincide con la democrazia. Sposta l’attenzione sui tempi atipici che viviamo in cui c’è qualcosa di più profondo che la contingenza politica italiana citando casi internazionali come il semipresidenzialismo francese e la crisi spagnola. Riconosce la crisi dei meccanismi decisionali. La sua visione del mondo lo porta a guardare anche al superamento della stagione dei blocchi, al nuovo quadro internazionale e alla affermazione di strutture sovranazionali. Va in soccorso di Renzi riconoscendo in modo semplificatorio che questo è il tempo di Tweet e non quello del latino. Per Veltroni la democrazia deve essere rapida, trasparente, decidente perché senza se e senza ma c’è solo la legalità. Poi è intervenuto Ferruccio de Bortoli con eleganza di linguaggio e il consueto garbo soffermandosi sul rapporto tra politica e comunicazione, senza rinunciare ad entrare sul rapporto tra potere ed economia in virtù del suo bagaglio di giornalista economico. Vede in questo libro di Follini un atto di amore verso la politica; il libro fa riflettere perchè analizza il rapporto tra leader e potere politico e arriva alla affermazione che quel rapporto della prima repubblica merita di essere riletto. V’è il rischio che il destino del leader coinvolga il partito nella sua interezza. Si sofferma sulla estetica del potere per come si presenta alla opinione pubblica. La pubblica opinione ha finito per avere troppo amore o eccessivo odio. De Bortoli ritiene interessante una autocritica dei mezzi di informazione sul fenomeno della antipolitica. Prende atto della modernità che viviamo con la rete e i social network, che la politica cavalca ma che ha anche il dovere di mettersi contro le correnti della rete. La politica non deve semplificare perché i problemi non hanno soluzioni semplici. Una politica saggia sa usare gli strumenti della modernità senza farsi catturare. La popolarità non può essere scambiata per consenso. IL rapporto con il pubblico deve essere guardato con i mutamenti. Siamo tutti un po’ surfisti tendendo ad aggirare gli ostacoli piuttosto che saltarli e avere saltato i corpi intermedi ha indebolito la politica. Per De Bortoli non esistono i poteri forti e la tematica non ha grande consistenza. Il Direttore del Corriere riconosce che Mediobanca del passato era più forte e che quei poteri erano più internazionali di oggi. Riconosce anche che la qualità delle persone del passato era superiore. In risposta a Bianco dice che chi non lascia le proprie memorie corre il rischio che vengono riempite da altri. E’ quasi un invito a scrivere una storia della DC. Certamente gli uomini del passato aveva una idea di Italia. Oggi come nella politica c’è perdita di peso specifico, altrettanto si manifesta nell’economia. Le privatizzazioni non devono essere fatte da corsari ma da imprenditori seri, non da chi guarda a profitti di breve termine.Marco Follini ha replicato agli intervenuti. Per Follini la politica è contesa tra idee e non tra persone.La politica non è un derby tra vecchio e nuovo. Fa una previsione che è anche scommessa sulla fortuna degli storici revisionisti.Guarda con preoccupazione al giovanilismo politico ricordando che ai temi della legge Acerbo i deputati avevano meno di quaranta anni e l’ottanta per cento erano entrati alla Camera per la prima volta. La politica è la organizzazione della convivenza. Ha voluto ricordare il suo maestro politico Aldo Moro con un particolare inedito dello statista pugliese. Moro era un uomo che portava sia la cinta e che le bretelle quasi a significare che il potere deve avere attitudine alla prudenza e alla saggezza.Un bellissimo pomeriggio di politica nel Palazzo per accendere insieme fendinebbia e airbag sul potere prendendo esempio da Aldo Moro perché la nebbia del potere rischia di mandare fuori strada il Paese. Roma, 25 settembre 2014  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial