Presentazione libro di Gerardo Bianco “La parabola dell’Ulivo”

Presentazione libro di Gerardo Bianco “La parabola dell’Ulivo”

In una splendida cornice di pubblico che ha affollato la Sala Perin del Vaga di Palazzo Baldassini è stato presentato il recente volume di Gerardo Bianco la parabola dell’Ulivo (1994 .-2000) che integra e completa il precedente La Balena Bianca, l’ultima battaglia 1990-1994. Moderati da Gianfranco Astori, si sono confrontati Marco Follini, Arturo Parisi, lo storico Agostino Giovagnoli, il padrone di casa Giuseppe Sangiorgi.

Non hanno mancato all’appuntamento, Mario Segni, Giorgio La Malfa, Gennaro Acquaviva, Bartolo Ciccardini, Arnaldo Forlani, Nicola Mancino, Sergio Zoppi, Bruno Tabacci, Flavia Nardelli, Ernesto Preziosi, Alessandro Forlani, Francesco D’Onofrio.

Nel corso di tutti gli interventi sono riecheggiate le parole dello storico Piero Craveri, autore della postfazione e che erano scolpite come pietre nell’invito “ Tra le culture politiche che hanno sorretto l’esperienza politica della Repubblica quella dei cattolici democratici avrebbe certamente potuto dare un contributo politico nella fase di transizione apertasi con il 1992. Meno ideologica, più fondata su semplici principi di socialità, essa aveva dalla sua una lunga esperienza capace di coniugare i problemi di mercato con la solidarietà sociale, forte di un senso concreto dell’azione politica di un empirismo, senza vincolo ideologico, di volta in volta meditato.

L’aver abbandonato questa premessa di capacità di sintesi è stato un inutile cedere alla radicalizzazione della lotta politica, che ha impoverito così tanto la capacità di pensiero e di azione politica. Bianco ci racconta la storia di una sconfitta in cui il senso della storia è andato oltre senza lasciare riferimenti. E su questi presupposti occorrerà tornare a riflettere se si vogliono aprire nuove prospettive”.

Marco Follini si è soffermato sulla importanza del “trattino”, anzi sulla sua crucialità, nella evoluzione dei rapporti tra il centro e la sinistra. In quella distinzione v’era la difesa del mondo del cattolicesimo democratico distinto dalla sinistra e distante dalla destra.
V’era la difesa di quella civiltá evitando quel progressivo amalgama, quella idea della politica che va di moda e che porta alla semplificazione con tutti i rischi conseguenti se l’alternativa a Renzi dovesse essere Giorgia Meloni. Dunque referendum sulle persone piuttosto che confronto sulle politiche.

Marco Follini si è posto il problema di quale tributo pagare alla modernità e pur nella difesa della democrazia parlamentare ci si deve interrogare sulla introduzione del semipresidenzialismo e
poiché siamo alla reversibilitá dei partiti introduciamo contrappesi necessari ad evitare forzature. Rispetto alle vicende di attualità non ha mancato di richiamare l’azione di Moro sempre impegnato in uno sforzo costante di ricucitura ma anche capace di giudizi severi. Era la regola della politica.
Ha concluso con un twitter sintetico che sembrava una preoccupazione a mode giovanilistiche e un richiamo a Renzi e alla sua squadra di governo: “gallina vecchia fa buon brodo”.
Poi è intervenuto lo storico Agostino Giovagnoli che ha apprezzato il lavoro di Bianco riprendendo e sviluppando le parole di Piero Craveri. Ha voluto sottolineare le indicazioni di Pietro Scoppola ai convegni di Orvieto e di Chianciano, sulla necessità del trattino come esigenza ineludibile della diversità tra il centro e la sinistra. Lo storico, purtroppo, non si è calato nell’attualità e non ha ricordato i passaggi delle laceranti divaricazioni che si sono consumate a metà degli anni novanta all’Ergife e che hanno progressivamente accentuato la diaspora democristiana. Giuseppe Sangiorgi si è posto il problema del “trasloco della memoria” che come con Johann Gutemberg i manoscritti furono superati con la carta stampata che oggi, è detronizzata dalla rete. Ha sottolineato come l’Istituto Sturzo con Francesco Malgeri e lo stesso Agostino Giovagnoli sia impegnato in questa fase di ricostruzione storica degli avvenimenti che si svilupperà con un portale che metterà in risalto molti particolari nascosti ben oltre quelli riportati da Alan Friedman sulla vicenda Monti.

Infine Arturo Parisi che non è voluto mancare all’appuntamento nonostante i postumi influenzali, è stato generoso sul piano personale con Gerardo Bianco. Ne ha riconosciuto la linearità della condotta.
Ha inquadrato gli avvenimenti attuali con una lettura sociologica Quella attuale è la generazione, quella di Renzi, figlia decisionismo maggioritario perché nati nel 1975.
Si è spinto ad affermare che ha letto il libro con sofferenza, ma che la umanità del tratto ha alleviato la lettura.
Ritiene che Bianco rivendica il proporzionale assoluto ma che si accontenta del mattarellum rifiutando il presidenzialismo.
Renzi è il primo sindaco  che  diviene sindaco Italia affermando una cultura della pluralità.
Parisi ammette che faceva sogni diversi da Bianco pur vivendo nelle stessa e nello stesso letto – a castello – . Il pensiero Parisi torna alle vicende del governo Prodi del 1996-1998 e riconosce delusione e illusione. Si garantiva il dominio ma non il predominio. Il maggioritario imponeva realtá nuova. Ecco dunque l’Ulivo che non era riconducibile alla quercia. Il trattino era stato cancellato perché il paese era cambiato rispetto all’isola che non c ‘è. Dalla segreteria Bianco si passò a Marini e poi alla segreteria Castagnetti. Impazienza e ansia di recuperare portarono alla crisi.


Bianco ha replicato agli intervenuti difendendo le ragioni storiche della DC sia nella fase della ricostruzione degasperiana che in quella tragica del terrorismo, la capacità di coniugare l’euroatlantismo con l’eurocomunismo berlingueriano anche grazie alla sapienza di Arnaldo Forlani, Ministro degli Esteri, così come di fronte alla crisi finanziaria dei primi anni novanta le risposte di rigore della DC con le scelte nel solco dell’europeismo.

Ha rivendicato l’orgoglio della difesa di quel “trattino” distintivo che oggi assume ancora più importanza di quanto non ne avesse nel 1998. Dietro quel “trattino” non c’era lo scontro tra innovatori e conservatori, tra la cultura del proporzionale e del maggioritario, Dietro quel trattino c’era una fiammella di ideali che l’Istituto Sturzo ieri ha tenuto accesa.
 

PS. Non è stato possibile aprire un dibattito. Avrei voluto chiedere a titolo personale, come cittadino, ad Arturo Parisi se è ancora convinto della bontà delle primarie aperte, laddove una lobby può scalare un partito sponsorizzando una candidatura e se alla luce dei recenti avvenimenti come la sostituzione di Letta con Renzi non si determinino le condizioni per possibili future scalate puntando più sulle persone che sulle politiche. La domanda resta nell’IPAD e dunque è senza risposta. Speriamo di non fare brutti sogni, soprattutto di non fare i sogni di Parisi.

Maurizio Eufemi

Roma, 27 febbraio 2014

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