DETRARRE PIÙ SPESE PER COMBATTERE IL NERO
16 settembre 2005 – MAURIZIO EUFEMI (SENATORE UDC) «DETRARRE PIÙ SPESE PER COMBATTERE IL NERO»
L’ECO DI BERGAMO – PRIMO PIANO
L’INTERVISTA: l’impresa ha dell’eroico, se non del fantascientifico. Costringere i «pirati » della fattura a emettere il fatidico foglietto per tutte quelle prestazioni che, con la complicità del cliente, finiscono pagate «in nero». L’elenco è infinito, e ciascuno sa di aver avuto il suo momento di «connivenza »: dalla pittura dei muri alla manicure, dalla riparazione dello scarico alla tintura dei capelli. Ma con la Finanziaria è in vista la svolta. In che modo agirà lo illustra Maurizio Eufemi, vice capogruppo al Senato dell’Udc, che da tempo afferma: «Va colpito il sommerso» e per questo, dice, c’è «una sola strada: obbligare idraulici e simili a rilasciare fattura, che il cliente potrà detrarre dalle tasse».
Senatore, davvero farà emettere la fattura a chi non la emette quasi mai?
«Iniziamo da un discorso più generale. Noi vorremmo introdurre dei meccanismi per portare in detrazione alcune tipologie di spese. Ad esempio tra le spese per il matrimonio, molti degli introiti sfuggono al fisco, dall’arredo alla cerimonia. E così si potrebbe al tempo stesso far emergere il sommerso e favorire la costituzione delle nuove famiglie. Ma penso anche alle spese dell’istruzione, dove oggi le detrazioni, a livello nazionale, sono limitate alle tasse scolastiche e universitarie pubbliche. Potremmo estenderle anche agli istituti privati. Naturalmente favorendo solo i redditi più bassi».
Sì, ma torniamo all’«idraulico», per così dire.
«Come mai oggi alcuni prestatori d’opera possono fare la classica domanda “con o senza fattura?”? Perché la percentuale dell’Iva e quella delle detrazioni ammissibili per il contribuente sono quasi identiche: una il 20 l’altra il 19%. Quindi non c’è convenienza, per il contribuente. Per rendere conveniente al cittadino chiedere la fattura, così da potere avere una detrazione, occorre aumentare la percentuale detraibile, portandola, ad esempio, al 27% che c’era una volta, prima che la sinistra tra il ’96 e il 2001 la portasse al 19, neutralizzando questo formidabile strumento».
E se poi il prestatore d’opera mi chiede se voglio una fattura «intera» o «ridotta»?
«Il cittadino, se ha un’aliquota adeguata, ha tutta la convenienza a farsi fare fattura piena».
Lei non crede che ci potrebbe essere una sorta di rivolta da parte di questa categoria «inadempiente », che sicuramente è numerosa, visto che valutate la convenienza dell’operazione?
«No, non credo».
E una «rivolta» nella cabina elettorale?
«Mah, certamente questo influisce sui comportamenti elettorali, però noi dobbiamo abituare la gente a pagare le tasse. Perché se tutti pagassero le tasse, se ne pagherebbero meno. Poi c’è da considerare un altro fatto».
Quale altro fatto?
«Che l’introduzione dell’euro ha portato alcuni benefici ad alcune categorie: ha penalizzato il reddito fisso e ha fatto guadagnare moltissimo gli autonomi. Praticamente abbiamo sperimentato un’inflazione da cambio. Ora, siccome gli studi di settore che riguardano alcune di queste categorie sono fermi al 1999, ovvero prima dell’introduzione dell’euro, ecco che nasce l’esigenza di ri-adeguarli allo stato post euro. Ecco la questione di fondo. Ma questo è un problema di giustizia sociale, perché tutti ce ne siamo accorti che al ristorante, ad esempio, dove prima spendevamo 20-40 mila lire oggi spendiamo 30-40 euro. Allora, i volumi di affari di queste categorie andrebbero riconsiderati ».
Tornando alle detrazioni, è possibile che l’emersione del non fatturato sia sufficiente a coprire gli sgravi al contribuente?
«È molto difficile. Io credo che un’operazione di copertura seria, per essere dentro ai vincoli europei, non possa che passare attraverso la riduzione della spesa corrente».
Che tagli si possono ancora prevedere?
«Nei settori dove ancora c’è da tagliare. Io l’anno scorso ho fatto un emendamento ai tagli alle auto blu. E poi c’è ancora moltissimo da tagliare negli apparati, sovradimensionati rispetto alle esigenze di uno Stato più snello».
E chi glielo dice ai sindacati?
«Lo so, ma il governo è una cosa, i sindacati un’altra. Il governo deve avere capacità di governo, il sindacato di difendere alcuni diritti, ma senza interferire sul governo ».
E sul piano dell’elusione?
«A livello di controlli si è fatto molto. L’intervento più incisivo però può essere fatto solo a livello di legislazione, tagliando alcuni tipi di benefici fiscali. I benefici, di ogni genere, per essere efficaci vanno erogati in modo selettivo, quasi “chirurgico”».
Su queste misure c’è accordo nel governo?
«Si tratta di cose che abbiamo sempre portato avanti, anche se non tutte realizzate. Ora, una Finanziaria elettorale non paga, lo si è visto anche nel 2001. E allora dobbiamo avere la responsabilità di stare nei vincoli di Maastricht e recuperare le risorse con un’azione combinata di tagli e interventi per lo sviluppo».
Federica Ghiselli ’