L’appello sturziano per riprendere il cammino

L’appello sturziano per riprendere il cammino

Si avvicina la data del 18 gennaio. Non è solo la celebrazione del novantacinquesimo anniversario del partito popolare di Luigi Sturzo con il suo manifesto programma “a tutti i liberi e forti, che in questa grave ora sentono il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi nè preconcetti, facciamo appello perchè uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertá”.

Quella data coincide anche con il momento più aspro della diaspora cattolica. In quegli stessi giorni del 1994 si ricostituiva con grandi aspettative il nuovo Partito Popolare, prima all’Istituto Sturzo, poi con una grande Assemblea.

Purtroppo quelle speranze sono andate deluse, così come le attese di una ricomposizione che invece è stata sopraffatta da una progressiva frantumazione della presenza organizzata dei cattolici fino alla scomparsa, nel 2013, di una formazione politica di riferimento in Parlamento. Rispetto alle polemiche e al dibattito di questi giorni non va dimenticato che al primo punto del programma sturziano figurava la integritá della famiglia.

V’era nel 1994 la consapevolezza di dovere resistere ai pericoli derivanti dal cedimento dei grandi partiti popolari che per Mino Martinazzoli avrebbero fatto entrare direttamente in gioco gli interessi forti e la politica sarebbe diventata la parodia di se stessa; così come la esigenza di riaffermare le ragioni del popolarismo inteso come modo di essere nella societá, come costante presenza critica nella societá.

È stata purtroppo progressivamente abbandonata la strada indicata da Sturzo di guardare alle classi intellettuali e medie che formano la spina dorsale della struttura di paese civile moderno e che hanno fatto la storia del Paese fin dalla unitá di Italia e in tutti i passaggi cruciali, compresi quelli negativi.

Come non ricordare le parole di Gabriele De Rosa che nel 1994 sollecitava a riprendere quel termine popolare inteso come “societá delle condizioni umane” dove i ceti sociali sono riferiti alla condizione giovanile, femminile, operaia, degli anziani, attualizzandola al precariato e ai mondi insicuri dei giorni nostri.

“Chi si stacca dalle radici – affermò Gerardo Bianco nel 1994 – non ha altro orizzonte se non quello del bazaar”.

Si tratta ora di operare un reset, di ricominciare, recuperando i principi della identitá sturziana in una ritrovata unitá per dare senso ad una presenza politica nelle Istituzioni e per non disperdere il patrimonio del popolarismo soprattutto in un momento in cui dopo un ventennio si affacciano nuove forme di leaderismo, nuovi personalismi, dove sembrano prevalere le spinte della democrazia decidente piuttosto che quelle della democrazia partecipata, più soluzioni imposte dunque che quelle condivise. Persino il Partito Democratico nato sulla difficile fusione di due culture, quella post democristiana e quella postcomunista sembra essere travolto nella sua identitá fondante sui valori originari, marginalizzando presenza e cultura dei cattolici democratici.

Le rievocazioni del 18 gennaio che si terranno all’Istituto Sturzo e alla Pontificia Universitá Lateranense diventino allora occasione per meditare e riflettere sugli errori e sulle responsabilitá e al tempo stesso per porsi di fronte ai tempi nuovi nel solco della profonditá del pensiero sturziano che appare ancora come una luminosa stella polare del popolarismo rispetto alla parodia della politica dei giorni che viviamo con tristezza ma senza rassegnazione.

Maurizio Eufemi

Roma, 10 gennaio 2014

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial